Tirana grande

Trent’anni fa, una nave albanese, la Vlora, carica di ventimila persone in fuga, giunge nel porto di Bari. Il vecchio mercantile il 7 agosto 1991, di ritorno da Cuba, arriva al porto di Durazzo; sono in corso le operazioni di scarico quando una folla enorme di migliaia di persone assale improvvisamente il mercantile, costringendo il capitano a fare rotta verso l'Italia. Il nostro Paese scopre l’immigrazione di massa. Attualmente (fonte ISTAT fine 2020), gli albanesi ufficialmente residenti in Italia sono 410.000.

Vale la pena interrogarsi sulla situazione attuale dell’Albania, una storia complessa, dove le più grandi trasformazioni del Novecento avvengono sotto regimi non democratici, prima quello fascista e, successivamente, quello comunista. Alla caduta di quest’ultimo regime, il forte isolamento, la crisi economica, il disordine politico e sociale prevalgono e stravolgono il paese.

Come sempre avviene l’organizzazione e la trasformazione urbana rappresenta la cartina al tornasole delle trasformazioni economiche e di conseguenti nuove forme di organizzazione sociale. E seguendo questo filo si può ricostruire l’emancipazione albanese, tra molte e dolorose contraddizioni, dal modello della pianificazione comunista.

Nel 2010 il libro di Giovanni Sergi, “Tirana, una città emergente. Politiche urbane, piani e progetti" (L’Harmattan Italia Editrice, Torino), aveva iniziato a trattare lo sviluppo urbano di Tirana, capitale dell’Albania e a ricostruire con un articolato apparato documentario le principali fasi della crescita della città. Il lavoro di ricerca propone molteplici spunti di approfondimento, partendo da una ricostruzione dettagliata e documentata delle politiche e dei piani urbanistici realizzati sino ad oggi per governare lo sviluppo. Inoltre, apre una riflessione su una realtà urbana importante come quella di Tirana e sulla politica urbanistica durante il regime di Enver Hoxha, che in Italia si è sempre evitato di analizzare e discutere. L’esperienza successiva ha confermato gli esiti della ricerca di Sergi, facendo emergere forme di organizzazione territoriale di straordinaria vitalità, lontanissime dai canoni della pianificazione comunista.

Dal 1946 al 1990 l'Albania fu uno Stato comunista estremamente isolazionista, stalinista e anti-revisionista, che dedicò poche energie alla cooperazione politica anche con gli altri stati del Patto di Varsavia. Il testo pone l’attenzione anche sulla difficoltà di riuscire a discutere del fallimento del modello sovietico di sviluppo economico-sociale che ha regnato fino alla caduta del regime, quando viene utilizzato un modello più liberista, sostenuto dai più importanti organismi internazionali come la Banca Mondiale WB e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo EBRD.

Dopo la seconda guerra mondiale sale al potere il Partito del lavoro che trasforma l’Albania in una repubblica popolare sotto il comando di Enver Hoxha, che dopo una prima alleanza con la ex-Jugoslavia, la abbandona per avvicinarsi all’Urss, entrando nel cosiddetto periodo filo sovietico, per poi rompere definitivamente i rapporti con Mosca abbracciando la Cina, arrivando poi ad una successiva rottura che porta ad un comunismo nazionalista ed autarchico e spingendo il paese verso un totale isolamento, che provoca anche una grave crisi economica.

Hoxha cerca di attuare politiche di “modernizzazione” secondo i modelli dell’urbanistica e dell’architettura “razionalista” dell’Europa dell’Est, stabilendo anche nuovi confini delle città, per poter creare una divisione tra aree urbane e rurali ma soprattutto per un controllo da parte dello Stato, acquisendo i terreni agricoli e gran parte degli immobili urbani, realizzando nuove aree residenziali non solo in prossimità delle aree industriali, ma anche all’interno delle città esistenti. Sebbene il modello di Hoxha sia riuscito ad imporre un efficace controllo sia dell’economia che dell’urbanizzazione del territorio, il prezzo pagato dal popolo albanese fu altissimo. Oltre alla repressione di tutte le libertà civili, con l’ateismo di Stato furono annullate anche le basi culturali ed identitarie del popolo albanese.