evasionefisc grande

L’evasione fiscale è una presenza costante nel dibattito pubblico italiano, oltre che un tema su cui si fanno da sempre grandi promesse e si ottengono risultati quasi nulli. Questo anche perché c’è molta confusione sul tema. 

Per esempio, non è serio che la politica assegni alla lotta all’evasione il ruolo di coprire le spese in deficit. Il recupero da evasione fiscale è sempre incerto e serve per inventarsi soldi dove non ci sono. È una promessa scritta sull’acqua.

Non è automatico che la repressione fiscale comporti automaticamente una riduzione della pressione fiscale. Perché ciò accada è fondamentale che ogni euro ricavato dal contrasto all’evasione venga destinato alla riduzione delle aliquote. Spesso si utilizzano quei soldi per coprire altre spese, ma allora il risultato è identico a quando si aumenta la pressione fiscale. E siamo punto a capo.

Un problema che si cerca di rimuovere, inoltre, è che le imposte si “traslano”: pensate all’idraulico che dopo aver lavorato vi dice “sono 100 euro senza fattura, 130 con la fattura”. Evidentemente l’evasione non avvantaggia solo i “classici” evasori.

Si dice spesso che l’evasione è un problema culturale, e in parte è vero. Ma noi non siamo geneticamente più cattivi che in altri Paesi. In tutto il mondo l’evasione è collegata alla dimensione delle imprese. Per le grandi imprese è più difficile evadere perché i controlli sono più semplici, mentre diventano impervi con i piccoli operatori. Le nostre imprese sono mediamente troppo piccole: se le metteremo in condizione di crescere nella misura dei Paesi più avanzati anche la nostra evasione tenderà a normalizzarsi. Piccolo è bello ma grande lo è molto di più.

È “l’occasione a fare l’uomo evasore”. Oggi gli imponibili fiscali sono determinati in massima parte grazie agli uffici contabili delle organizzazioni pubbliche e private. Questo strumento, però, è inutilizzabile là dove mancano questi uffici, come nel commercio o nel piccolo artigianato, o dove è facilmente scavalcabile dalla proprietà familiare delle aziende. In questi casi bisogna passare dal recupero della tradizionale stima dell’imponibile da parte degli uffici tributari.

Noi siamo un Paese lassista che poi oscilla tra condoni e forche per salvarsi. Dobbiamo tornare ad avere un rapporto sereno con la funzione tributaria, smettere di parlarne solo in termine di “lotta all’evasione”. Occorre riprendere il processo di internazionalizzazione dell’Italia (semplificazione, crescita delle imprese, un rapporto più sano col contante...) e ragionare su un coordinamento dei criteri di determinazione della ricchezza. Metodi polizieschi, “manette agli evasori”, capri espiatori vendono semplici ricette politiche ma fanno solo danno. La prova ne sono tanti decenni di storia italiana. È il momento di minacciare meno e ottenere di più.