I problemi delle opere pubbliche in Italia, grandi o piccole che siano, sono noti a tutti: procedure decisionali lunghe e farraginose, tempi di approvazione e di realizzazione lunghissimi e imprevedibili, elevata probabilità di non riuscire a completare le opere e, quando ci si riesce, insoddisfacente qualità del risultato e costi multipli rispetto a quelli inizialmente preventivati.

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 Ogni opera rappresenta una storia a sé e differisce dalle altre per il mix di questi problemi e l'intensità di ognuno, non certo per la loro assenza. A questo quadro ben noto sia ai cittadini che ai governi che si sono succeduti nel tempo si è aggiunto recentemente anche il caso di crolli di opere, persino a brevissima distanza dalla loro inaugurazione.

Quello che però non è noto, quanto meno ai cittadini ma forse anche ai governi, è la spesa totale sostenuta nel tempo per le opere pubbliche, sia in valore assoluto che in rapporto alla spesa totale realizzata in paesi europei confrontabili con l'Italia. La spesa totale italiana deriva infatti dalla somma di tre categorie 'qualitative' differenti di spesa sostenute per le opere pubbliche:

1. i costi necessari per la realizzazione delle opere utili;

2. gli extracosti, evitabili, sostenuti per la realizzazione delle opere utili;

3. infine i costi e gli extracosti, entrambi evitabili, generati dalla realizzazione di opere pubbliche inutili.

È possibile stimare, quanto meno per ordine di grandezza, l'ammontare della prima categoria rispetto all'ammontare congiunto della seconda e della terza? Anche se sinora sembra che nessuno si sia preoccupato di farlo la risposta è affermativa: basta individuare uno o più paesi benchmark per i quali si possa ragionevolmente ritenere che abbiano adottato decisioni economiche razionali sulle opere pubbliche e abbiano realizzato le medesime senza sprechi macroscopici. Una restrizione necessaria per rendere fattibile il raffronto è quella di limitarlo agli investimenti pubblici realizzati in infrastrutture di trasporto, le quali rappresentano tuttavia una quota molto elevata della spesa totale per opere pubbliche.

Il primo paese candidato per realizzare questo confronto, per una pluralità di ragioni, non ultima la facile disponibilità e interpretabilità dei dati necessari, è la Francia. D'altra parte è nota a tutti la qualità delle reti stradali e ferroviarie francese, il primo paese a dotarsi in Europa di un'estesa rete ad alta velocità. Inoltre la Francia è un paese a tradizionale elevato intervento pubblico, paragonabile a quello italiano, anche se a differenza del nostro è considerato, pur costoso, tuttavia qualitativamente efficiente. Quanto ha speso la Francia negli ultimi anni e nell'ultimo decennio per investimenti pubblici in infrastrutture di trasporto? I dati sono riportati annualmente nei Comptes des Transports e riepilogati per un periodo pluriennale esteso in una tabella del Ministère de l'Ecologie, du Developpement Durable et de l'Energie

L'edizione 2013 dei Comptes, pubblicata a luglio 2014, riporta una spesa pubblica totale per investimenti in infrastrutture di trasporto pari a 12,3 miliardi di euro per il 2012, ultimo anno disponibile. Nel decennio 2003-12 tale spesa è stata invece pari, complessivamente, a 104 miliardi di euro, corrispondenti a 10,4 miliardi in media d'anno. A tali dati va sommata la spesa per investimenti direttamente sostenuta dal gestore della rete ferroviaria, RFF, che non fa parte della pubblica amministrazione trattandosi di un ente pubblico economico. Nell'ultimo anno gli investimenti nell'infrastruttura ferroviaria francese sono stati pari a 4,9 miliardi e nell'ultimo decennio a 31 miliardi, corrispondenti a 3,1 miliardi in media d'anno. Sommando pertanto le due tipologie di investimento otteniamo un dato totale per tutte le infrastrutture di trasporto pari a 17,2 miliardi nell'ultimo anno e a 135 miliardi nell'ultimo decennio, corrispondenti a 13,5 miliardi in media d'anno.

A questo punto occorre reperire i dati equivalenti riferiti al caso italiano. Il Conto Nazionale dei Trasporti 2012-13 riporta una spesa pubblica complessiva in conto capitale pari a 12,1 miliardi di euro nel 2012. Ricostruendo a ritroso i dati per l'ultimo decennio si ottiene un valore totale di 178 miliardi, corrispondente a 17,8 miliardi in media d'anno. Gli investimenti pubblici italiani nei trasporti dell'ultimo decennio risultano pertanto maggiori di 43 miliardi, corrispondenti a un +32%, rispetto a quelli francesi. In rapporto al Pil, dato che il Pil nominale francese è di un terzo maggiore di quello italiano, il dato italiano sale a un +43% rispetto a quello francese.

Vi è una qualche ragione in grado di giustificare che gli investimenti pubblici nei trasporti debbano risultare maggiori in Italia rispetto alla Francia? Si direbbe proprio di no. La Francia, con un numero di abitanti di poco superiore al nostro, è molto più estesa e necessita per tale ragione di reti stradali e ferroviarie molto più grandi. Infatti, a fronte di una superficie maggiore dell'80% rispetto a quella italiana, la rete ferroviaria ha un'estensione doppia e la rete stradale complessiva un'estensione più che doppia. Trattandosi di due paesi già ampiamente dotati d'infrastrutture, si può ragionevolmente ritenere che il fabbisogno di nuovi investimenti nei trasporti sia proporzionale all'estensione delle reti già esistenti. Si tratta infatti di investimenti incrementali, migliorativi e sostitutivi ma non di nuova infrastrutturazione.

Se questa interpretazione è accettabile, allora l'investimento pubblico italiano nei trasporti dovrebbe risultare in media d'anno la metà di quello francese, quanto meno in termini di quantità fisica di investimenti. Si deve poi tener conto di una ragionevole maggior onerosità degli investimenti italiani in conseguenza dell'orografia, in ogni caso non tale da oltrepassare un +30% nei costi unitari. Se si accettano queste valutazioni si perviene a una facile stima di quello che dovrebbe essere l'investimento infrastrutturale italiano nei trasporti: il dato medio annuo francese diviso due è pari a 6,8 miliardi, valore che, aumentato del 30% per tener conto dei maggiori costi generati in Italia dall'orografia, diviene pari a 8,9 miliardi annui, esattamente la metà dei 17,8 miliardi di investimenti annui effettivamente spesi in Italia nell'ultimo decennio.

L'Italia risulterebbe pertanto aver speso il doppio di quello che avrebbe dovuto spendere. I risultati conseguiti, in quantità e qualità, non sono stati invece doppi, come si può facilmente constatare utilizzando le reti e ascoltando i telegiornali.