L'annessione della Crimea, le minacce verso i vicini "post-sovietici" e la difesa dei russi oltre-confine segna un salto di qualità nella costruzione del regime di Mosca e una rottura radicale dell'ordine politico europeo. Per immaginare le possibili risposte alle sfide di Putin, occorre comprendere la vera natura del nuovo sistema di potere organizzato attorno alla "verticale" del Cremlino e l'identità ideologica di un nazional-bolscevismo che richiama quello staliniano dopo la rottura del patto Ribbentrop-Molotov.

Putin grandeL'annessione della Crimea e la destabilizzazione su larga scala dell'Ucraina orientale organizzata, finanziata e rifornita in armamenti e in uomini dal Cremlino costituiscono delle violazioni patenti e senza precedenti dell'apparato normativo che regge le relazioni tra gli Stati europei dalla fine della seconda guerra mondiale (Accordo finale di Helsinki, Carta delle Nazioni Unite, Memorandum di Budapest). Segnano quindi una rottura radicale nell'ordine europeo. Per meglio comprendere e coglierne tutte le implicazioni, è indispensabile capire la natura profonda del regime di Mosca. Ne dipende la nostra capacità di dare delle risposte adeguate alla bruciante questione ucraina. Ma non solo questo: ne dipende anche la coesione futura dell'Unione europea, e forse la sua stessa esistenza e durata, così come la prospettiva per i cittadini russi di riannodare il filo della speranza di costruire, un giorno, una società fondata sullo Stato di diritto e sulla democrazia. La posta in gioco è perciò enorme.

Al principio della nostra storia c'è, quindi, la Russia, non l'Ucraina. Questa storia, che non ha mai conosciuto una vera rottura, ri-comincia esplicitamente nel 1999, data dell'avvento di Vladimir Putin al vertice del potere; data, soprattutto, di ciò che sembra costituire la chiusura dei tentativi democratici sovietici, poi russi. I partigiani dello Stato forte, che non avevano mai deposto le armi – erano stati loro a silurare Gorbaciov giocando abilmente sulle frustrazioni e sulle nostalgie di una parte del vecchio apparato comunista e sulle forze e le debolezze di Boris Eltsin –, vincono la partita. Non gli resta che farlo capire a qualche oligarca che continua a coltivare l'illusione di detenere il vero potere, come Boris Berezovsky, il "grande elettore", o qualcun altro, come Mikhail Khodorkovski, che immagina di poter gestire il proprio impero economico in tutta autonomia e, audacia folle, di poter partecipare alla vita politica del proprio Paese.

La natura del nuovo sistema russo

Benché se ne possano percepire i contorni sin dall'inizio della seconda guerra cecena – nel 1999, durante la prima campagna presidenziale di Vladimir Putin – l'ideologia sostenuta dal successore di Boris Eltsin, come tutte le ideologie «in gran parte cieche rispetto al proprio significato e alle loro implicazioni» (1), vuole un po' di tempo per manifestarsi. Nel 2005 è già molto più esplicita. Quell'anno il presidente della Federazione russa dichiara a Berlino che «la caduta dell'Unione sovietica è stata la più grande catastrofe geopolitica del 20° secolo»; questa catastrofe è doppia, comprende sia quella di un impero sia quella di un sistema di potere. La priorità del presidente russo sembra allora essere quella di erigere un nuovo sistema di potere attraverso un'operazione progressiva di decostruzione degli elementi di democrazia introdotti alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90 e, parallelamente, edificare una nuova verticale del potere. Nel 2008, alla fine del suo secondo mandato presidenziale, questo processo di trasformazione è per l'essenziale compiuto, sufficientemente comunque perché Vladimir Putin possa fingere di "lasciare" il posto a Dimitri Medvedev. La democrazia è, di già e per molti versi, divenuta una democrazia Potemkin. Qualsiasi alternanza sembra ormai resa impossibile. Il parlamento è ridotto al ruolo di camera di registrazione di decisioni prese altrove. Le leggi liberticide si vanno moltiplicando. La giustizia (quanto meno per gli affari che contano per il potere) è ubbidiente. Gli oligarchi hanno compreso che l'ampia autonomia di cui godono ha come limite invalicabile la loro subalternità e la loro lealtà al sistema. I mass-media – le televisioni in particolare – sono stati trasformati, per la maggior parte, in fedeli trasmettitori della volontà del Cremlino. La realtà del potere risiede, interamente, nella famosa "verticale", dove le strutture di forza - silovikicrazia (2) - giocano, in una partizione nuova, il ruolo centrale che rivestiva il partito unico nel sistema sovietico; strutture di forza i cui mezzi sono stati considerevolmente rafforzati: nel corso dei soli ultimi quattro anni (2009-2013), le risorse destinate alle forze dell'ordine sono aumentate del 50%, quelle alle forze armate dell'80%. (3)

Sulla base della distinzione fondamentale operata da Marcel Gauchet tra "potere totalitario" e "regime totalitario", si può dire che nel 2012, all'inizio del terzo mandato presidenziale di Vladimir Putin, il potere russo è ormai totalitario. Esso «controlla e comprime» (4); ne è testimone, tra l'altro, la sua capacità di dissolvere, con un sapiente dosaggio di retribuzioni e di repressione mirata, l'importante movimento di protesta che aveva seguito l'elezione presidenziale del 2012. Ma se questo potere controlla ormai la società, «non la penetra ancora» (5). Se i cittadini russi non hanno più presa sulle strutture politiche, il loro sostegno rimane per lo più pragmatico. Danno atto al nuovo potere di avere restaurato una forma di ordine e di aver assicurato un certo benessere economico, ma rimangono poco sensibili all'ideologia che sorregge il sistema. La rivoluzione democratica ucraina, Euromaidan, nel novembre scorso, offre al potere l'opportunità di penetrare molto più profondamente nella società russa. Infatti, quello che dapprima si annunciava come un fallimento per il potere russo – il rovesciamento del regime di Yanukovic nel momento in cui aveva quasi portato a compimento la missione che gli era stata affidata da Mosca, ovverosia lo smantellamento dall'interno della struttura statale ucraina – è stato trasformato, a partire dall'operazione di annessione della Crimea, in un formidabile piano di mobilitazione e di esplicitazione ideologica.

Un'ideologia in divenire

Ciò non significa che la trasformazione in corso a Mosca rimandi al «grande salto dal potere totalitario al regime totalitario» quale lo realizzò Stalin durante gli anni '30, o Mao durante gli anni '60. Manca per questo un sostituto alla religione secolare del sistema bolscevico, all'eresia giudaico-cristiana con l'Uomo liberato nella veste di un dio sovrastante e inaccessibile. È quindi abbastanza naturale che per trovare il suo nuovo collante ideologico il nuovo potere attinga sia alle diverse esperienze totalitarie sia alla storia della Russia e dell'Unione sovietica e ai nuovi ideologi della grandeur russa.

Se il suo sistema di potere prende molto in prestito dal bolscevismo mai veramente rinnegato, «punto di partenza del momento totalitario» (6), il suo modello ideologico rimanda più al modus operandi utilizzato da Stalin dopo la rottura del patto Ribbentrop-Molotov, quando l'ideologia comunista, già ampiamente svalutata e ormai poco utilizzabile, fu sostituita di punto in bianco da un patriottismo sovietico in cui si mescolavano nostalgia imperiale, eccezionalità della civiltà russa, resistenza alla decadenza occidentale, lotta "antifascista", espansionismo, militarismo ... un «nazional-bolscevismo» (7), dice Snyder, ante litteram.

La modernità del nuovo regime russo

Molti occidentali definiscono il presidente russo grande tattico e stratega scadente. Alcuni insistono sugli effetti negativi per la Russia, a breve e, soprattutto, a medio termine, dell'annessione della Crimea e della destabilizzazione su larga scala dell'Ucraina orientale (svalutazione del rublo, accelerazione della fuga dei capitali, costi generati dall'occupazione della Crimea ...), insistendo anche sull'efficacia delle sanzioni applicate. Altri si rassicurano qualificando la Russia come una potenza regionale. Pochi si soffermano sui benefici, per il potere di Mosca, della trasformazione in corso: una mobilitazione ideologica e un sostegno popolare senza precedenti; una rivalorizzazione delle forze armate; un hold-up sulle importanti risorse di gas e di petrolio ucraine nel Mare d'Azov e nel Mar Nero, così come sui numerosi averi della Crimea confiscati, e la ridistribuzione di questi e di quelle sotto forma di prebende da distribuire lungo la verticale del potere; il rafforzamento delle divisioni in seno all'Unione europea; il consolidamento di un modello di riferimento per i reazionari di sinistra e di destra che proliferano all'interno di democrazie sclerotizzate e nel contesto di un progetto europeo in avaria ...

Tuttavia riteniamo che questo sistema di potere e questo regime in divenire possiedano una reale coerenza e una indubbia solidità, in ragione fra l'altro di caratteristiche profondamente moderne. Prendendo spunto dai limiti del sistema marxista-leninista, esso è in effetti non solo compatibile con un modello di economia di mercato ma ne trae una parte sostanziale della sua forza. Perché l'economia di mercato pilotata non è solo più efficace dell'economia pianificata e centralizzata, causa principale del crollo del sistema sovietico; consente uno stretto controllo su tutti i settori considerati strategici (energia, materie prime, armamenti ...) permettendo allo stesso tempo, elemento essenziale, una politica generosa ed efficace di retribuzione, economica e simbolica, all'interno dei ranghi della verticale del potere. Inoltre, privo delle rigidità ideologiche del sistema comunista che avevano finito per partorire una gerontocrazia mummificata, il nuovo sistema di potere è in grado di selezionare e di cooptare personalità tanto brillanti quanto prive di qualsiasi scrupolo (Sergei Lavrov, Sergei Coigu, Dmitri Rogozin ...). Last but not least, il nuovo sistema ha perfezionato un modello di democrazia apparente notevolmente efficace e moderno che poggia su due pilastri: da una parte un temibile apparato di controllo e di repressione mirata; dall'altra una potente macchina di propaganda che diffonde in continuo veri-falsi dibattiti, veri-falsi reportage, vere-false indignazioni, vere-false accuse ... agli antipodi della propaganda infagottata del sovietismo declinante, terreno fertile per innumerevoli e gustose barzellette sovietiche.

Un tale sistema può adattarsi a un certo grado di isolamento da parte dell'Occidente. Molto più flessibile del sistema sovietico e forte delle sue immense riserve di materie prime, è in grado di cercarsi delle alternative; cosa che sta già facendo, come testimonia, tra altri accordi, il mega-contratto di fornitura di gas concluso nel maggio 2014 con l'altro grande Paese retto da un potere totalitario, la Repubblica Popolare cinese. L'Iran, mai abbandonato da Mosca, (come dimostra tra l'altro il sostegno incondizionato fornito dalla Russia alla Siria) è un altro elemento chiave nella strategia di diversificazione portata avanti dal Cremlino. E, salvo considerare il Turkmenistan come non assoggettato al regime a sovranità limitata nuova maniera, l'Iran di domani, liberato dalle sanzioni internazionali, costituisce per la Russia la porta attraverso la quale accedere all'enorme mercato dell'Asia del sud, a cominciare dall'India, ancora impantanata nel suo passato di Paese colonizzato e prigioniera delle sue vecchie alleanze, tuttora incapace di riconoscersi come la democrazia più popolosa del mondo.

È necessario un richiamo. La Federazione russa possiede tuttora il più importante arsenale nucleare del mondo e, cosa non indifferente per l'Europa, detiene un vantaggio schiacciante per quanto riguarda il nucleare tattico. A dispetto della corruzione endemica, la maggior parte degli specialisti concorda nel dire che il processo di modernizzazione delle forze armate russe, attuato nel corso degli ultimi anni, sia innegabile. Quando ci si ricorda che sono bastati sei anni (1933-1939) al regime hitleriano per costituire la sua formidabile macchina da guerra, si ha il diritto di nutrire qualche inquietudine su cosa sarà l'esercito russo fra tre o cinque anni.

La quinta colonna europea

Anche la creazione di una potente rete di appoggi esterni nei Paesi dell'Unione europea fa parte di questa strategia attuata da anni da Mosca. I risultati sono impressionanti. Ci sono gli eterni menscevichi, adoratori del potere come Gerhard Schröder, che non hanno ancora capito che lo Stato di diritto è il fondamento della democrazia, che la precede, ed è condizione indispensabile alla sua realizzazione. C'è poi l'esercito dei chief executives come Ben Van Beurden (Royal Dutch – Shell), Bob Dudley (BP), Paolo Scaroni (ENI), Christophe de Margerie (Total), Joe Kaeser (Siemens), Alfredo Altavilla (Iveco), Laurent Castaing (STX France), permeati dei loro poteri e dei loro privilegi, che si compiacciono ad attribuire ai loro omologhi russi un potere che questi ultimi non hanno, fingendo allo stesso tempo di credere che gli affari che fanno in Russia siano dei veri affari, e non degli affari politici. C'è la numerosa brigata dei reazionari di destra e di sinistra, da Mélenchon a Marine Le Pen, dal Jobbik a Isquierda Unida, uniti nella difesa del "referendum" in Crimea (8) e quindi dell'annessione di questa da parte della Russia (9). C'è la brigata dei nostalgici degli imperi scomparsi, orfani delle alleanze de revers, come Elisabeth Guigou, o i bardi della "Francia, questo grande Paese" come Dominique de Villepin. Ci sono i denigratori dell'Ucraina che, come Piotr Smolar, a colpi di penna apparentemente anodini, screditano l'azione delle autorità di Kiev e mettono in dubbio la pertinenza stessa dell'esistenza dell'Ucraina. Ci sono i falsi ingenui, numerosi tra i militari europei, per i quali tutto si riassume a delle garanzie di sicurezza che bisognerebbe offrire alla Russia, e nei servizi di intelligence europei, soddisfatti dalle eccellenti relazioni di collaborazione con i loro omologhi russi. Ci sono infine tutti quei giornalisti, accademici, funzionari, avvocati, donne e uomini politici sovvenzionati da Mosca.

Le opportunità di destabilizzazione nell'"estero più prossimo"

Infine, la politica di "difesa" dei russi fuori dai confini comporta molti vantaggi per il Cremlino. Consente di consolidare delle posizioni egemoniche nel settore delle materie prime, offre numerose opportunità di fare delle iniezioni di richiamo ideologico alla popolazione russa, consente di mantenere la pressione sull'insieme dell'estero più prossimo, gratifica l'esercito russo di un nuovo prestigio. Tutto lascia pensare che le autorità russe la favoriranno come mezzo di pressione e di ricatto e che ricorreranno a operazioni armate, travestite o meno, solo quando saranno persuase di poter evitare sanzioni internazionali troppo forti e insieme di ottenere benefici sostanziali. Questo almeno fintanto che il Cremlino non avrà realizzato l'insieme del suo programma di modernizzazione e di rafforzamento dell'esercito russo. A medio termine, quindi, delle minacce molto serie pesano su un certo numero di Paesi, alcuni dei quali già membri dell'Unione europea (Paesi baltici), altri stanno per firmare degli accordi di associazione (Ucraina, Moldavia, Georgia) mentre altri ancora sono delle enclave (Azerbaijan, Armenia, Kazakhstan, Turkmenistan ...).

All'interno, la sbornia nazionalista, ossia l'arruolamento di gran parte della popolazione russa, – compresa la frangia più moderna, la classe media –, si dissiperà in tanto più tempo quanto più le opposizioni al nuovo sistema di potere e regime in divenire non potranno, come in Ucraina, organizzarsi intorno alla riaffermazione di un'identità nazionale e dovranno confrontarsi con un apparato repressivo molto più efficace di quello ucraino.

Un rovesciamento del regime russo si preannuncia estremamente difficile. La condizione della sua realizzazione implicherà un processo di epurazione di dimensioni sconosciute nella storia moderna. I detentori attuali del potere sono i primi a esserne coscienti. E se è certo che questo regime sia condannato alla fine, tutto indica che farà tutto il possibile per durare. Riconoscere questo è essenziale per accelerarne la caduta e per premunirsi contro la minaccia che rappresenta. Da questo punto di vista delegare le responsabilità ad altri – gli Stati Uniti – non è più un'opzione per l'Europa, tanto più che l'altro grande potere totalitario, la Cina, costituisce una minaccia crescente per i suoi vicini asiatici.

L'Unione europea e i suoi Stati membri – o almeno una parte di essi – devono trarne tutte le conseguenze e prendere decisioni all'altezza della sfida in atto. Queste devono quindi iscriversi nella durata con, come condizione preliminare, la risoluzione dell'ipoteca britannica. È venuta l'ora di scindere l'Unione europea in una grande Europa, l'Europa delle quattro libertà (con la Gran Bretagna) e un'Europa più integrata, articolata attorno alla zona euro, dotata di un esercito comune (ma non unico), di un servizio comunitario di contro-spionaggio e di un'ambiziosa politica dell'energia. Ed è anche giunto il momento di stabilire un embargo totale sulla vendita e l'acquisto di armamenti alla Russia e di lanciare il processo d'adesione dell'Ucraina all'Unione europea.

Note

1) A l'épreuve des totalitarismes 1914-1974, Marcel Gauchet, Ed. Gallimard, 2010
2) Siloviki, membri delle strutture di forza (esercito, polizia, servizi segreti ...)
3) Russia's Massive and Growing war machine, Walter Derzko, Dr. Andrew Zhalko-Tytarenko, 20 maggio 2014, www.infoukes.com
4) Marcel Gauchet, op. cit.
5) Marcel Gauchet, op. cit.
6) Marcel Gauchet, op. cit.
7) La Russie contre Maidan, Timothy Snyder, 21 febbraio 2014, Le Monde
8) Secondo un rapporto del Consiglio per la Società Civile e i Diritti Umani della Presidenza russa, solo il 15% della popolazione della Crimea si è pronunciata per l'incorporazione alla Russia, maggio 2014.
9) Risultato dei voti della Risoluzione del PE del 17 aprile 2014 sulle "pressioni della Russia contro i Paesi del Partenariato orientale e in particolare la destabilizzazione dell'Ucraina".