ulivo oria

Sembrava tutto a posto questa volta: la Commissione Agricoltura del Consiglio regionale pugliese aveva finalmente approvato il testo che recepiva le richieste della Commissione Europea, e che imponeva l’abbattimento degli ulivi nei quali è stata rilevata la presenza del batterio all’interno della cosiddetta “zona di contenimento”, e l’abbattimento di tutti gli ulivi (anche sani) nel raggio di cento metri da ogni pianta infetta nella “zona cuscinetto”, il fronte settentrionale del territorio colpito dal patogeno che sta distruggendo gli ulivi del Salento e della provincia di Brindisi e che ora comincia ad affacciarsi anche più a Nord.

Nonostante i due anni di ritardo che hanno permesso al contagio di diffondersi tanto rapidamente, ora sembrava davvero tutto in regola per cominciare a lavorare sul serio per fermare la Xylella, e per ricucire un rapporto di fiducia con le istituzioni europee. La scarsa credibilità dell’Italia in questa vicenda ha determinato, come conseguenza, un atteggiamento molto rigido verso l’export delle piante da vivaio dalla Puglia, e sulla possibilità di reimpianto di ulivi di varietà resistenti o tolleranti nella zona infetta.

E invece no. Dove non arriva l’inefficienza amministrativa arriva l’efficienza della magistratura, in questo caso del Tar di Bari, che ha accolto il ricorso di alcuni olivicoltori contrari all’abbattimento delle piante infette nella loro proprietà. Il Tar ha richiesto un supplemento di documentazione su ogni singolo albero destinato all’abbattimento, e quindi il nulla osta agli espianti non è potuto arrivare. Informazioni, quelle contenute nel supplemento di documentazione richiesto dal tar, che peraltro sono già disponibili sul sito istituzionale della Regione emergenzaxylella.it.

Tutto fermo di nuovo, quindi, e davvero stavolta sarà difficile spiegare alle autorità europee che hanno avviato la procedura di deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Ue - la fase più dura di una procedura di infrazione - come sia possibile che anche questa volta la profilassi non possa partire: “se passa il principio che pur mettendo in atto tutti gli strumenti amministrativi del caso non siamo in grado di essere rapidi e incisivi, allora sarà dura ottenere aperture dall’Ue”, ha dichiarato l’assessore regionale all’agricoltura Leonardo Gioia.

Di più, si aprono interrogativi grandi come voragini sulla capacità strutturale di questo paese di rispondere alle emergenze sanitarie, e di mettere in atto misure adeguate, rapide ed efficienti di gestione del rischio. Nella malaugurata ipotesi della diffusione di un’epidemia umana tanto grave, saremmo stati costretti ad aspettare anni - tra disegni di legge, interventi dei vari gradi di governo, azioni della giustizia amministrativa e delle procure - per implementare le più banali profilassi di emergenza?