Dall'ideologia del km zero al polo scientifico. La strada del dopo-Expo è quella giusta
Strade del Cibo
Il futuro di Expo sarà quello di un polo scientifico e tecnologico sulla genomica, sull'alimentazione, sulla sanità e sui big data. Per ora siamo ai progetti e agli annunci, ci sarà modo di analizzare i dettagli e gli sviluppi, ma la notizia è a nostro parere positiva. Una delle cause strutturali del ritardo di sviluppo dell'Italia è nella scarsità degli investimenti nella ricerca, di base e applicata, pubblica e privata: il polo di Rho può allora essere una "scintilla" preziosa per innescare un circolo virtuoso.
Detto con franchezza: tiriamo un sospiro di sollievo, perché le premesse che avevano accompagnato Expo, che per troppi doveva essere la cattedrale e il trionfo del kilometro zero e delle produzioni biologiche senza se e senza ma, avrebbero potuto avere una cosa altrettanto ideologica e antiscientifica. Le produzioni "slow food" sono un fiore all'occhiello dell'agroalimentare italiano, diffondono nel mondo un messaggio di qualità e peculiarità importante, da promuovere e proteggere, ma esse non sono e non possono essere l'alternativa "politica" alle biotecnologie, alla produzione di massa e alle applicazioni scientifiche nel campo dell'alimentazione. Tutti sappiamo che camminare molto e fare attività fisica fa bene al corpo e alla mente, ma non ci sogneremmo mai per questo di chiedere l'abolizione dell'aereo, del treno o dell'automobile, né di ostacolare la ricerca necessaria a produrre aerei, treni e automobili migliori.
L'impegno politico e finanziario che il governo italiano ha deciso di infondere nel futuro dell'area di Expo 2015 (Renzi ha parlato di 1,5 miliardi di 10 anni, a cui si spera di associare almeno altrettanti investimenti privati) dovrebbe servire per rispondere concretamente e con fermezza al dilagare di quella cultura antiscientifica e complottista (che noi di Strade quotidianamente denunciamo e contrastiamo), che rappresenta da anni un freno alle politiche di sviluppo e innovazione del paese. Non è una malattia solo italiana, ma essa ha trovato in Italia un organismo deficitario di anticorpi culturali.
Perché la scommessa scientifica e tecnologica dell'area Expo abbia successo, occorre però una visione e una fermezza di obiettivi. Anzitutto, ça va sans dire, servirà una gestione manageriale autentica, trasparente e neutrale: una gestione con la logica del mercato e non del carrozzone pubblico, uno di quelli che paga più stipendi ai parcheggiatori e agli uscieri che ai ricercatori. Poi, bisognerà lasciare autonomia alla ricerca, anche e soprattutto in campo alimentare e sanitario: molto chiaramente, non bisogna avere paura di sperimentare gli organismi geneticamente modificati, perchè proprio la ricerca è lo strumento più adeguato per dare senso e valore al principio di precauzione. Infine, senza limitarsi affatto all'area di Rho ma usandola come leva per tutto il mondo della ricerca italiana, c'è bisogno di favorire le sinergie possibili tra ricerca e mercati finanziari, in termini fiscali, burocratici e regolatori. Il difficile non è stato il mega-evento di Expo, il difficile inizia ora.