Sebbene molte cose dividano i protagonisti delle elezioni politiche del 1948 da quelli delle europee 2014, le analogie sono molte. Come all'epoca il voto "contro" il comunismo significò per l'Italia un saldo ancoraggio alla democrazia occidentale e all'economia di mercato, così oggi il vosto "contro" il grillismo testimonia la volontà di rimanere parte attiva, ancorché talvolta critica, dell'Europa e del suo mercato comune.

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A mettere a confronto i protagonisti dell'Italia del 1948 con quelli di oggi vien fatto di pensare che è proprio azzeccato il detto secondo il quale le grandi tragedie della storia si ripetono sotto forma di farsa. Paragonare, infatti, Matteo Renzi ad Alcide De Gasperi e Beppe Grillo a Palmiro Togliatti o anche soltanto a Guglielmo Giannini (come ha sostenuto Stefano Folli su Il Sole24ore) significa scambiare dei pigmei (i nostri contemporanei) per dei giganti.

Eppure, nonostante la scarsa considerazione che nutro per il premier ragazzino, ho sostenuto e confermo che il voto del 25 maggio (non a caso nel giorno precedente ricorreva il ''mormorio'' del Piave al passaggio dei primi fanti nella primavera del 1915) appartiene al novero di quegli eventi politici che segnato il corso della storia di un Paese. Come il voto del 18 aprile 1948, quando un elettorato consapevole affidò ad un partito formato da vecchi notabili e da giovani allevati nelle sagrestie delle chiese di provincia, nei Comitati civici, nella Fuci, nell'Azione cattolica e nelle altre organizzazioni ecclesiali il ruolo storico di erigersi a diga contro il comunismo.

All'epoca il popolo del Pci, unito ai socialisti nel Fronte Popolare, era praticamente sicuro di vincere. Chi scrive era un bambino, ma ascoltava i discorsi degli adulti. Se nell'Assemblea costituente Palmiro Togliatti faceva votare ai suoi deputati l'articolo 7 della Costituzione per non riaprire la ''questione religiosa'', i militanti di base andavano in giro minacciando espropri a destra e a manca, mentre nel 'triangolo della morte'' era ancora presente la memoria delle persone prelevate nottetempo e scomparse per sempre. Tutto ciò, in un contesto internazionale in cui era già chiaro il triste destino di quelle popolazioni che i patti di Yalta avevano confinato al di là della ''cortina di ferro''.

Certo, farebbe sorridere il paragonare un guitto come Beppe Grillo a Togliatti, un rivoluzionario di professione, già esponente di rilevo della III Internazionale, oppure accostare un parlamentare pentastellato ad un componente della Volante rossa. Resto, tuttavia, convinto che il voto massiccio ed inatteso in favore di Matteo Renzi e del Pd sia dipeso, in larghissima misura, dalla volontà della maggioranza dell'elettorato di ''fermare'' Grillo (e l'hashtag #vinciamonoi).

Questa considerazione è dimostrata non tanto dalla flessione, in valore assoluto ed in percentuale, che ha subito, nei voti, il M5S (che pure resta il secondo partito), quanto piuttosto dalla concentrazione di suffragi che hanno premiato il Pd, divenuto – per tanti motivi, oggettivi prima ancora che soggettivi – l'avversario da battere per il M5S e di conseguenza il ''difensore della fede'' per tutti gli altri, a causa della sua maggiore forza di partenza.

Ma c'è un altro aspetto da sottolineare: nel 1948 il plebiscito per la Dc significò anche un saldo ancoraggio alla democrazia occidentale e all'economia di mercato (due facce della stessa medaglia); nel 2014, il voto al Pd ha il significato, anche, di una chiara scelta a favore dell'Europa e dell'euro, magari confidando nell'illusione di poter cambiare le politiche fino ad ora prevalenti, ma senza rimettere in discussione un percorso essenziale per il futuro del Vecchio Continente. E quale altro partito, per le scelte di cui è stato protagonista (Romano Prodi ha svolto un ruolo fondamentale nel disegnare questa Europa), poteva garantire la continuità di una prospettiva comunitaria di più e meglio del Pd, nonostante tutto?

Ecco spiegato, dunque, perché il 25 maggio 2014 è stato un buon giorno per l'Italia: come se una ''mano invisibile'' avesse pilotato i voti nelle cabine elettorali. È confortante scoprire che il Paese è migliore di quello che si temeva fosse diventato dopo il voto alle elezioni politiche del 2013. Che anche all'interno della "setta" grillina i militanti si stanno ponendo degli interrogativi.

Sono sempre stato convinto che tra il Pd e il M5S vi fosse il rapporto intercorrente tra il dr. Jekyll e mister Hyde; che il M5S cioè potesse dar libero sfogo a quei valori "plebei" che appartengono ad una subcultura della sinistra e che sono ormai inibiti ad una forza divenuta ''di governo''.

Comunque sia, diversamente dai protagonisti del celebre romanzo, nella vita reale questa volta il virtuoso dottore ha saputo resistere e scacciare le insane pulsioni sessuali del suo ''se stesso''.