budapest pride grande

È stata una giornata complicata, quella di ieri, per il premier ungherese Viktor Orban. Una vera e propria marea umana, quella del Budapest Pride, che quest’anno celebrava il suo trentesimo anniversario, ha infatti invaso le strade della capitale magiara, dando vita ad una sfilata colorata e festosa come non se ne era mai vista da quelle parti. Trentacinquemila secondo le timide stime iniziali, duecentomila stando a quelle di chi ha osservato dall’alto la marcia snodarsi per chilometri lungo un percorso modificato più volte e soggetto a variazioni anche in corsa, vista la dichiarata volontà delle autorità di non collaborare alla sua riuscita.

Un evento sul quale erano puntati gli occhi di tutta Europa, dopo che il governo aveva cercato in ogni modo di impedirne lo svolgimento, attraverso disposizioni di legge ad hoc approvate nei mesi scorsi. Dapprima, a marzo, con un emendamento alla legge sul diritto di riunione che estende ai raduni il divieto di “rappresentazione o promozione” dell’omosessualità, del cambiamento di genere o di identità di genere “diversa da quella biologica” presso minorenni, già istituito con la legge sulla protezione dei minori del 2021, prevedendo sanzioni fino a 500 euro e l’utilizzo di sistemi per il riconoscimento facciale per i manifestanti. Ad aprile il Parlamento aveva inoltre approvato una modifica della costituzione, attribuendo alla “protezione fisica, morale e mentale dei bambini” un valore prioritario sui diritti di manifestazione e di espressione, ribadendo anche formalmente il principio delle “due sole identità di genere”.

Le organizzazioni per i diritti civili e quelle per i diritti LGBTQIA+ avevano però annunciato da subito l’intenzione di sfidare il divieto, guadagnandosi la solidarietà di gruppi ed associazioni provenienti da tutto il continente, che ieri saranno presenti con delegazioni spesso anche molto numerose.

E a girare per la città si respira da giorni aria di rivolta. Centinaia di negozi, bar e ristoranti espongono nei modi più disparati le bandiere arcobaleno, in segno di solidarietà nei confronti della battaglia e del corteo. Altre ne penzolano dai balconi o sui tetti dei palazzi, ed anche la politica si è mossa. Mentre il leader del partito di opposizione Tisza, dato al momento in testa nei sondaggi, Péter Magyar, ha scelto un ruolo più defilato, temendo di essere trascinato in una polemica su temi comunque divisivi e meno utili alla conquista del consenso, in vista delle elezioni del 2026, a guidare la battaglia per i diritti è il Sindaco della capitale, Gergely Karácsony, progressista e ambientalista, divenuto uno dei simboli della lotta contro le politiche illiberali di Orban, accolto con applausi scroscianti al suo arrivo alla testa della marcia, che ha guidato per quasi quattro ore, fino alla fine.

Ed è proprio grazie a lui che la sfilata per i diritti più grande di sempre ha potuto avere luogo. Dopo aver trasformato il Pride in un evento cittadino, con lo scopo di aggirare i divieti imposti dalla legge, Karácsony ha rilasciato una serie di dichiarazioni a sostegno della manifestazione e criticato il governo. Giovedì, nel discorso di apertura della seconda giornata della Conferenza Internazionale dei Diritti Civili, che precede il Pride, il primo cittadino aveva attaccato frontalmente le leggi sempre più oppressive votate dal Parlamento, arrivando a chiedere una modifica della costituzione per rendere più solide le basi democratiche dell’Ungheria e costruire un futuro basato anche sulla solidarietà e l’inclusione. Parole alle quali erano seguite le minacce esplicite del Ministro della Giustizia Bence Tuzson, il quale aveva avvertito Karácsony che potrebbe essere condannato fino a un anno di carcere.

Venerdì, invece, nel corso della terza e ultima giornata dell’evento, ospitato all'interno della prestigiosa Central Europe University, un gruppo di manifestanti, durante l'intervento della Commissaria Europea per l'Uguaglianza, Preparazione e Gestione delle Crisi, Hadja Lahbib, ha alzato cartelli con i volti della presidente della Commissione Europea Von Der Leyen e dello stesso Orban. Nel mezzo una richiesta chiara: "Ursula, fai il tuo lavoro! Portalo alla Corte", con riferimento a quella Europea dei Diritti Umani, per le palesi violazioni ai principi fondanti dell’Unione.

L’altra sera è inoltre riuscito con successo il blitz, tenuto segreto fino all’ultimo, degli stessi organizzatori del Budapest Pride in collaborazione con la ong All Out, durante il quale sono state proiettate sulla facciata del palazzo attiguo al Parlamento - dove si trovano uffici amministrativi ed altri dedicati ai deputati - diverse scritte in inglese ed ungherese per affermare la necessità della difesa dei diritti della comunità LGBT e condannare minacce e repressioni.

Un timore, questo, non secondario, dal momento che la polizia ungherese aveva nel frattempo autorizzato almeno tre contromanifestazioni organizzata da estremisti di destra e neofascisti negli stessi orari e percorsi del Pride, con il chiaro obiettivo di dissuadere i manifestanti pro-diritti, e noncurante del rischio di tensioni ed incidenti. Una scelta che tuttavia avrebbe potuto rivelarsi un’arma a doppio taglio e ritorcersi contro il governo. Alla sfilata arcobaleno hanno partecipato infatti anche numerosissimi rappresentanti istituzionali di vari paesi europei, inclusi una settantina di eurodeputati.

Eventuali violenze sarebbero pertanto avvenute letteralmente in eurovisione, con conseguenze disastrose d’immagine per il paese e per il Presidente. Nei giorni precedenti si era persino sparsa la voce, forse alimentata ad arte, che ci fossero centinaia di neo-nazi pronti a creare disordini. In realtà, alla fine, un piccolo manipolo di facinorosi ha bloccato il ponte scelto dagli organizzatori per portare il corteo dal lato di Pest a quello di Buda, dove era prevista la sua conclusione con un grande palco, ma è poi stato isolato isolato dalle forze dell’ordine, che, davanti ai numeri travolgenti del corteo, non hanno avuto scelta.

La marcia si è svolta invece in modo pacifico, con cori, slogan e striscioni, mentre tra le bandiere arcobaleno sventolavano quelle dei più disparati gruppi di azione, collettivi, comitati, associazioni, ong ed anche dell’Europa, a sottolineare la straordinaria portata politica dell’evento, della quale la massiccia presenza di rappresentanti di governi e parlamenti europei (a partire dalla vicepremier spagnola Yolanda Díaz) era solo una conferma.

Va detto che proprio la modalità con la quale così tante figure politiche, inclusi diversi esponenti italiani, hanno aderito alla spicciolata ad una manifestazione partita dal basso, ha reso questo evento eccezionale ed a suo modo epocale. Ieri a Budapest si è infatti materializzata un’Europa dei diritti, che ha trascinato l’Europa delle istituzioni, a ricordare a tutti che la seconda è fondata sulla prima e non viceversa. E in un’Europa così, per Orban (e non solo), la sconfitta sul pride non può che essere solo la prima di una lunga serie.