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Siamo ormai abituati alla duttilità dei sovranisti, un misto di pragmatismo e spregiudicatezza che trova in Trump il suo campione più rappresentativo.

Anche in Italia, infatti, ci si muove senza timidezza alcuna, pronti a sventolare una "bandiera", a sostenere retoricamente una parte, solo per raggiungere obiettivi "altri", simulati. Il caso del "pacifismo" di destra va in questa direzione: nonostante sia chiara la differenza tra aggressore e aggredito e chiara la minaccia per tutta Europa rappresentata dalla violenza omicida di Putin, i leghisti si esercitano in mille distinguo per opporsi a qualsiasi forma di "difesa comune" e lo stesso partito della premier, pur sostenendo ufficialmente l'Ucraina, non intende che l'Italia partecipi, in qualche modo, alla coalizione dei volenterosi con francesi, tedeschi e inglesi, e fa finta di credere alla sincerità dell'approccio "pacifista" di Trump che, in realtà, vuole condurre Zelensky alla resa, facendo proprie le "giustificazioni" russe, le falsità interessate sull'inizio del conflitto.

Italia Paese neutrale, quindi, "non belligerante" non tanto per dettato costituzionale ma per un naturale fremito di fronte al "potente paranoico" che nasconde molte cose: il legame "contrattuale" che lega i leghisti al partito di Putin, Russia Unita; l'allergia della Meloni per il protagonismo degli altri leader continentali e dell'Europa stessa, prediligendo i rapporti bilaterali, il legame speciale con la destra americana - da Trump a Musk - impegnata ad uscire dal contesto culturale liberale, dalle alleanze storiche con gli Stati di Diritto.

In mezzo a tutto questo, sta un elettorato "conservatore" che, anche attraverso la narrazione efficace dei giornali di area, stenta a non mostrarsi ammirato per il decisionismo autoritario dello Zar del Cremlino, che reputa uno spreco di risorse l'aiuto militare agli Ucraini, che rimprovera all'Europa e alla Nato la crisi economica e i prezzi elevati dei combustibili, la scelta delle sanzioni alla Russia.

Questo tipo davvero speciale di "pacifismo" è talmente sentito, introitato, che anche l'aumento delle spese militari sul Pil - richiesto a gran voce da Trump - ci si affretta a sganciarlo da qualsiasi rapporto con la guerra alle porte di casa; non c'entrano i poveri ucraini e i loro diritti, è solo una tappa nella trattativa con l'inquilino della Casa Bianca, per fare buoni affari, per accontentarlo, per giocarsi, con più carte in mano, la partita sui dazi. Bene, se questo è il quadro, se questo è l'andazzo generale, non manca un'eccezione.

E la cosa è anche prevedibile: a furia di strategie simulatorie anche il "pacifismo di destra" giunge in fine al paradosso.
E il paradosso è il Ponte sullo Stretto. L'opera, come è noto, è il pallino di Salvini Ministro delle Infrastrutture, è l'eredità politica berlusconiana passata alla Lega, è una scommessa che il partito del Nord non può perdere, un feticcio che il "Capitano" non può abbandonare.

Purtroppo, però, ci si è messa la triste realtà di mezzo. il Ponte costa davvero tanto, e i 14 miliardi per realizzarlo da qualche parte bisognerà farli saltare fuori e non è funzionale alla ricerca di risorse (per ora sono stati saccheggiati i Fondi di Coesione di Calabria e Sicilia) che tanti, troppi tecnici abbiano dubbi sulla fattibilità.

Ed ancora, anche il Ministro dell'Ambiente e la Commissione Via-Vas non hanno lavorato al meglio per Salvini: una parte della Valutazione di Impatto Ambientale è negativa per le aeree protette sulle due sponde dello Stretto, per l'assenza di interventi compensativi, per un disastro ambientale annunciato cui - per decreto - si è deciso di far fronte step by step, a cantiere aperto, per come viene.

Per risolvere questa ultima rogna della valutazione di impatto ambientale "negativa", dovrebbe intervenire la Commissione Europea, con una deroga specifica e motivata che consenta di ingoiare il rospo dello sfregio del territorio senza rimanere affogati, e non è per nulla scontato! Ed allora, come fare? Come tenere tutto insieme? Come inserire anche il Ponte nel più generale progetto sovranazionale del Sovranismo? Come accontentare Trump sulle spese militari e dar via libera finalmente ai cantieri tra Calabria e Sicilia senza rimanere appesi alle cattiverie dei burocrati di Bruxelles?

Ecco la genialata, la mandrakata! Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato il Ponte opera di rilevanza strategica, lo ha battezzato come indispensabile e imperativo per l'interesse pubblico e notifica all'Europa questo atto di forza, sperando di sfangarla. Ed ancora, il Ponte diventa improvvisamente - sempre per intervento governativo - un "ponte militare", essenziale per il trasporto di truppe e mezzi, decisivo per difendere da un attacco nemico l'Italia e tutta l'Europa.

La mossa è duplice e così si tenta - all'italiana - di tacitare i tecnici europei e disapplicare le norme ambientali e, allo stesso tempo, tralasciando per un po' il "pacifismo", si tenta di confondere Trump, di prenderlo per stanchezza, in modo da inserire l'infrastruttura fra le spese militari da presentare all'Alleanza Atlantica, come "arma" buona per l'incremento del due per cento sul Pil.

C'è da aggiungere altro? Le destre di lotta e di governo danno il meglio di loro: va tutto bene, tutto è utile, se si riesce il più a  lungo possibile a nascondere gli scarponi di cartone e l'inutile moschetto.