Giorgetti, il commercialista padano del pacifismo putiniano
Istituzioni ed economia

Tra le maschere della commedia dell’arte politica italiana c’è quella del serio professionista del potere che giustifica, con un credito di autorevolezza immeritata, le demagogie e le imposture della propria fazione o del proprio leader.
Se a sinistra il rappresentante più esemplare di questo tipo politico è probabilmente Roberto Gualtieri, che ha prestato la fama di apprezzato e competentissimo eurocrate per accreditare la scoperta della nuova pietra filosofale della crescita, il bonus 110%, a destra nessuno in questo campo ha i titoli e la carriera di Giancarlo Giorgetti, che, da vice e segnaposto di Salvini in tutti i Governi partecipati dal partito leghista, ha sempre accompagnato e seguito le scemenze e le infamie del Capitano, semplicemente urbanizzandole con i suoi modi da ex bocconiano.
Giorgetti è stato il volto umano di tutte le leghe salviniane: quella teppista, quella anti-euro, quella nazionalista, quella putiniana. È stato vicecapo della Lega che faceva le sfilate squadristiche sotto casa di Elsa Fornero, chiedendo di processarla per alto tradimento e di quella che siglava l’ignobile gemellaggio con Russia Unita. È stato il ministro leghista tutti-frutti, al servizio di qualunque governio: quello gialloverde, quello draghiano e quello meloniano, dopo un lunghissimo cursus honorum prima nella Lega anti-berlusconiana e secessionista e poi in quella para-berlusconiana e centro-destrista. È stato fedele a tutti i capi che ha avuto e a tutte le svariate politiche che ha servito, incurante di qualunque contraddizione, guadagnandone importanti ricompense.
Ora che il suo Capitano è tornato, grazie all’elezione di Trump, a fare l’agente di Mosca, questa volta pure per conto di Washington, si è immediatamente schierato dalla parte di Salvini nell’opposizione al piano di riarmo e di difesa europea di Ursula Von Der Leyen.
Ecco un’antologia del Giorgetti pensiero, come illustrato sabato ad Ancona a un evento della Lega intitolato: “Tutto un altro mondo” (un nome, un programma): “Stiamo facendo una fatica tremenda per ridurre il debito e adesso improvvisamente troviamo 10, 20, 30 miliardi per le armi… La Germania decide che deve riarmarsi. E von der Leyen rilancia 800 miliardi di debito per il riarmamento. Ora i tedeschi hanno deciso [sulle regole di bilancio europee] che fanno quel cavolo che gli pare. Siccome non gli va bene a loro adesso, fanno il contrario naturalmente senza aver negoziato nulla.”
Tutto quello che dice Giorgetti, Quintino Sella del rigore pacifista, è tanto falso, quanto ridicolo. Primo: il piano von der Leyen è stato approvato, col favore del Governo di cui Giorgetti è Ministro, nel Consiglio europeo di pochi giorni fa. I tedeschi non hanno “fatto quel cavolo che gli pare... senza avere negoziato nulla”.
Inoltre, questo piano non obbliga nessuno a far niente, ma offre alcune opportunità a tutti i Paesi che non hanno sufficiente spazio fiscale, senza ricorrere a debito aggiuntivo, per aumentare la spesa militare ai livelli necessari. Per alcuni Paesi, Germania e Italia in primis, l’aumento in teoria è obbligato, perché corrisponde all’impegno impegno assunto e non corrisposto in ambito Nato di portare la spesa per la difesa al 2% del Pil. All’Italia, ad esempio, solo per raggiungere quell’obiettivo, servono circa 10 miliardi.
Il piano Von der Leyen prevede che l’aumento delle spese per la difesa sia escluso dai calcoli del nuovo Patto di stabilità, per liberare fino a 650 miliardi di disponibilità aggiuntive nei prossimi quattro anni. Nessuno stato è obbligato a fare più debito: se trova strade diverse e preferibili, si accomodi. Se poi non vuole aumentare la spesa per la difesa, faccia pure. La cosa – diciamo – curiosa, che rende l'intemerata di Giorgetti ancora più grottesca, è che questa neutralizzazione selettiva delle regole del Patto di stabilità è stata richiesta dal Governo Meloni fin dalla sua costituzione.
Inoltre il piano prevede un nuovo strumento finanziario - SAFE (Security Action for Europe) – che consente, con un meccanismo analogo al fondo SURE usato per la disoccupazione ai tempi del Covid, di finanziare il debito dei paesi membri a tassi più favorevoli di quelli che essi pagherebbero sui mercati. L’Italia non vuole quei prestiti? Non li deve mica prendere per forza.
Infine il piano riconosce la possibilità per gli Stati membri di utilizzare fondi europei non utilizzati, come quelli di coesione, per spese di difesa. L’Italia vuole ancora continuare a sprecare, cioè non spendere, miliardi e miliardi di fondi disponibili? Liberissima.
Il racconto dell’Europa brutta, sporca, cattiva e bellicista che vuole indebitare l’Italia togliendole il pane di bocca per finanziare l’industria militare franco-tedesca – cioè la fregnaccia che su committenza putiniana Salvini continua a raccontare il giro, per giustificare l’abbandono dell’Ucraina al suo destino e l'Italexit dal programma di difesa europea – ha trovato as usual un difensore in Giancarlo Giorgetti, da Cazzago Brabbia, commercialista padano di molto rispetto.
