Un regime mascherato da democrazia. La fine della libertà di stampa in Georgia
Istituzioni ed economia

La Georgia sta vivendo un momento cruciale per la sua democrazia: i cittadini e le cittadine georgiane manifestano per chiedere nuove elezioni libere e giuste e la liberazione dei prigionieri politici da ormai più di 70 giorni, ogni giorno.
Molti degli arrestati, che si definiscono, a ragione, prigionieri politici, sono in sciopero della fame da giorni: una tra i molti giornalisti che versano in tali condizioni è Mzia Amaglobeli, fondatrice delle testate indipendenti Batumelebi e Netgazeti, arrestata il 12 gennaio e in sciopero della fame da 28 giorni che attualmente versa in condizioni di salute critiche. Mzia è diventata il simbolo della protesta e della resistenza nelle strade di Tbilisi e delle maggiori città del Paese: il suo nome è il simbolo dell’ingiustizia, della violenza e dell'oppressione che il popolo georgiano sta subendo dal 27 ottobre del 2024.
Con cinismo e determinazione, Sogno Georgiano sta accelerando un processo di restringimento delle libertà civili con un’ulteriore tentativo di controllo e silenziamento delle voci critiche. La legge annunciata da Sogno Georgiano prevede un rafforzamento delle già pesanti restrizioni imposte dalla legge sugli “agenti stranieri” adottata lo scorso anno, creando una barriera sempre più alta tra la società civile georgiana e il mondo esterno.
Il provvedimento si ispira chiaramente a modelli autoritari, come quello russo, e mira a colpire duramente le ONG e i media locali che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero. Questi dovrebbero registrarsi come "organizzazioni che operano nell'interesse di una potenza straniera", e sottoporsi a un monitoraggio continuo. Non si tratta di un semplice adeguamento burocratico come il governo millanta: è una vera e propria forma di censura travestita da “norma di trasparenza”, un sistema di sorveglianza che mina gravemente l'indipendenza dei media e l'autonomia delle organizzazioni civiche.
Le sanzioni economiche per chi non si adegua non sono altro che una minaccia di assoggettamento. In altre parole, la libertà di stampa in Georgia non è più un diritto garantito, ma diventa un privilegio che dipende dalla benevolenza del governo. L'obiettivo di questa legge è palese: garantire al governo un controllo assoluto su ogni voce pubblica, dal giornalismo alla società civile, soffocando ogni forma di dissenso.
In queste ore, Mamuka Mdinaradze, leader della maggioranza parlamentare di Sogno Georgiano, ha difeso il provvedimento, paragonandolo al celebre Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti del 1938. Tuttavia, questo paragone è stato respinto dalla Commissione di Venezia, che nel maggio 2024 ha criticato aspramente la legge georgiana, definendola incompatibile con gli standard democratici.
La Commissione ha sottolineato come la legge non tuteli affatto la libertà di stampa, ma introduca un sistema di sorveglianza che permette al governo di esercitare un controllo pesante sulle informazioni e sulle attività di chiunque riceva fondi esteri, creando un terreno fertile per la censura e l’intimidazione. Questo tentativo di imporre una censura su larga scala non è un fenomeno isolato. La Georgia si inserisce in un contesto più ampio di erosione delle libertà civili nelle ex repubbliche sovietiche, dove il confine tra democrazia e autoritarismo si fa sempre più labile.
A questo annuncio specifico riguardante la vita dei media si aggiunge l'approvazione da parte del Parlamento georgiano di emendamenti al Codice dei reati amministrativi, al Codice penale e alla Legge sulle assemblee e le manifestazioni, i quali avranno effetti di vasta portata sulla società georgiana.
La Georgia, che negli anni post-sovietici aveva cercato di avvicinarsi agli standard europei, rischia ora di compromettere i suoi progressi. L'Unione Europea e le istituzioni internazionali non possono restare indifferenti davanti a questi sviluppi, che minano alla base il diritto fondamentale alla libertà di stampa, la trasparenza nel finanziamento delle organizzazioni civiche e anche la possibilità di associarsi e manifestare liberamente.
L'Unione Europea si è già espressa tramite l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Kaja Kallas e il commissario all'Allargamento, Marta Kos, i quali hanno esortato le autorità a sospendere queste misure, ad astenersi da ulteriori tensioni e ad attendere il parere dell'Ufficio dell'Osce per le istituzioni democratiche e i diritti umani, come richiesto dal Difensore pubblico. Il prossimo passo dell'Unione Europea sarà quello di approvare, il 13 febbraio, una risoluzione di condanna per la repressione delle manifestazioni anti-governative e le voci critiche nei confronti dell’attuale leadership georgiana.
In Italia, Europa Radicale ha promosso una mozione parlamentare per chiedere una posizione chiara del governo italiano contro le politiche autoritarie in Georgia. La mozione “Della Vedova - Quartapelle”, al vaglio della III Commissione (Affari Esteri e Comunitari) della Camera dei Deputati, chiede esplicitamente una presa di posizione fermissima contro il governo georgiano. Nei prossimi giorni, una mozione analoga verrà presentata anche al Senato da Ivan Scalfarotto. Un passo fondamentale per mettere il nostro paese dalla parte della democrazia e dei diritti fondamentali, e per sostenere chi, in Georgia, continua a lottare contro la repressione e la censura.
L’Unione Europea, in particolare, dovrebbe esercitare una pressione significativa sul governo georgiano per invertire questa rotta autoritaria. Politiche come quella sugli “agenti stranieri” sono incompatibili con i principi democratici europei, e la Georgia, se vuole continuare il suo cammino verso l’integrazione nell'Unione Europea, deve fermare immediatamente l’adozione di leggi che non solo minano la libertà di stampa, ma che potrebbero segnare il definitivo consolidamento di un regime di tipo putinista. La comunità internazionale, al fianco dei georgiani che continuano a lottare per i loro diritti, deve chiedere con forza una moratoria su leggi che rischiano di rendere la Georgia una nazione sempre più controllata e priva di voci dissidenti.
Le prossime settimane saranno decisive. Se il governo georgiano dovesse far passare questa nuova legge, che si aggiungerebbe agli emendamenti approvati in questi giorni, non solo rafforzerebbe il suo controllo sulle istituzioni, ma intraprenderebbe una strada che lo porterebbe sempre più lontano dall'ideale di democrazia e libertà. Un percorso che, se non contrastato, potrebbe segnare la fine di un'epoca di speranza e di crescita per la Georgia, sostituendola con una realtà dove il dissenso viene messo a tacere e la stampa non è più libera.
È essenziale che la comunità internazionale continui a monitorare con attenzione questi sviluppi e chieda al governo georgiano di fermare questo progetto di assoggettamento alla Russia. Occorre evitare la trasformazione della Georgia in una seconda Bielorussia.
