Credo grande

Ci sarebbe davvero bisogno di un "credo laico" in Italia, di un rinnovato "I care" - quello di don Milani, ad esempio – capace di spingere la fede personale, la passione delle motivazioni "alte", verso l'azione e la prassi della partecipazione alla vita degli altri, all'impegno sociale.

Che conta, infatti, la fede, la fede in Dio ad esempio, se è chiusa in un "intimo" egoistico che non riconosce il Tu-Tutti (la compresenza e la produzione "comune" dei valori), che nega la ricchezza di un volto divino che si riverbera - ed esiste - nel volto di chiunque, del singolo e delle moltitudini?

Che conta la fede se non è fede nel volto dei tanti crocifissi del mondo cui Cristo (Raimon Panikkar ci ha insegnato che esiste un "cristo sconosciuto" in tante tradizioni religiose) è fratello nella sofferenza? In tale ottica, allo stesso tempo, quindi, mistica e davvero concreta, il "credere" si scioglie nella politica, diviene servizio e paradigma includente di una democrazia, neutra perché laica, ma non neutrale, non indifferente.

È il senso, in breve, della nostra democrazia nata dalla Costituzione repubblicana, il senso di un prendere parte per un preciso corso storico, interpretato non come destino necessario, ma come compito esistenziale.

Aldo Moro, padre costituente, fu sul punto estremamente chiaro: contro l'indifferentismo etico (un falso laicismo succube di un certo nichilismo conservatore) si oppose alla declinazione della Costituzione come "a-fascista". Moro chiarificò, invece, il senso della "Costituzione Antifascista" fondata sul lavoro, sulla persona libera, sull'eguaglianza sostanziale: il fascismo è il "vuoto politico" dell'autoritarismo e degli interessi privati inenarrabili, è la finzione del totalitarismo che nasconde l'anarchismo violento dell'appetito dei forti, del patto leonino che strozza i lavoratori .

Per questo la Costituzione antifascista rappresenta l'Ideologia necessaria della Nazione, l'aggancio documentale, la legge suprema che si riannoda - generazione dopo generazione - alla fonte del "potere costituente", alla Liberazione, al cedimento di sovranità a favore di Organismi internazionali che assicurino - per tutti - pace e giustizia.

Questo "credo" dunque, questo approccio che non cerca idoli o altari, ma esempio e lotta quotidiana, merita il valore politico di un progresso da costruire senza garanzie "trascendenti" ma con la forza trascendentale di valori, sogni, obiettivi incardinati nella Storia, nelle battaglie passate, nel fuoco dell'esempio di madri e padri vittime di un sacrificio proficuo e produttivo.

Il "credo" costituzionale, quindi, può essere tradotto come Libertà e Giustizia - insieme - nel Diritto, per Tutti. Una "giustizia", quindi, che non mortifica l'indagato, l'imputato, il condannato, che non dimentica gli ultimi degli ultimi come i "carcerati", per i quali lo stesso Moro si augurava non un diritto penale migliore, ma "qualcosa di meglio del diritto penale".

È questo il "credo" di Salvini? Questo il senso di un motto pubblicitario apparentemente oscuro? O l'obiettivo, appunto, è propriamente quello di non raggiungere le menti, di non provocare il ricordo, di non attualizzare la Storia, la nostra storia? L'obiettivo non è neppure il "cuore", non c'è empatia nel messaggio leghista, né attenzione a poveri, diseredati e incarcerati. È in sé irreligioso e, allo stesso tempo, lontano dalla laicità civile e giuridica.

È un "credo" idolatrico, molto simile ai "rosari" agitati come armi contro avversari e nemici, cui Salvini ci ha abituati da sempre. Salvini non parla né a Dio (come De Gasperi"), né ai preti (come Andreotti) e non parla neppure ai fedeli - cattolici o valdesi poco importa - che attraverso il "terzo settore" hanno salvato la faccia all'Italia, in questi anni di immigrazione tragica nel Mediterraneo, contribuendo a tutelare disperati e sopravvissuti, a colmare le mancanze dell'intervento pubblico anche in ambito penitenziario, dando corpo e vita all'opera di misericordia della visita e dell'ascolto.

Salvini parla ai pistoleri del far west padronale (quelli che pretendono di farsi giustizia da soli sparando alle spalle degli "zingari"), parla a chi vuole rinchiudersi nel proprio fortino del benessere, come se il mondo affamato che ci circonda non esistesse, parla ai timorosi del futuro, del nuovo, dei "diversi", che interpretano i simboli tradizionali della fede locale come reticolati identitari, utili a separare "Noi e Loro", a negare quella fratellanza universale di cui ci ha parlato Papa Francesco nella "Fratelli Tutti".

Di questo "credo" ci parla Salvini, nulla a che fare con il "folle e operativo" credo dei Padri Cappadoci che nella "Trinità" di Dio scoprirono l'articolazione di un Amore che non sa stare solo, che ha bisogno degli uomini, anche e soprattutto dei peccatori; non ha nulla a che fare con la religione della libertà degli idealisti laici e storicisti, dei cultori delle Istituzioni ordinate governate dal Diritto, nella giustizia.

Il "credo" di Salvini ha a che fare con i respingimenti a mare, i sequestri di navi cariche di anonime nullità privi di diritti, con i muri alla Trump e alla Orban, con le pistole libere e per tutti, con le celle piene di drogati e immigrati, con la paura fomentata ad arte contro nemici e diversi, con un'identità di fede intesa come muscolare rappresentazione di forza ... come se la croce non esistesse e i crocifissi - quelli veri e non di latta - fossero solo un'invenzione della sinistra.