seggio elettorale

Tutto è andato come doveva e come i chierici del populisticamente corretto auspicavano ormai apertamente. Hanno vinto le elezioni quelli che capiscono “i problemi della gente" come Davide Vannoni capiva “i problemi dei malati". Il sogno nazareno di un governo del meno peggio, appoggiato alla capacità di resistenza trasformistica del Cav e di tenuta residuale del PD è svanito al risveglio del 5 marzo. I colonnelli di FI hanno già seppellito la buonanima politica di Berlusconi e - spettacolare, stanotte, Brunetta - difeso l’unità del centro-destra sotto la guida unitaria di Salvini. Il PD al contrario dovrà resistere non alla tentazione di governare con FI (mancherebbero anche i numeri, neppure solo quelli), ma alla pressione “di sinistra” a correre in soccorso di Di Maio, contro un governo delle “destre”.

Che l’Italia fosse il ventre molle dell’Europa e che Le Pen potesse solo vincere da noi le elezioni che mai vincerà a Parigi era chiaro da anni e dal risultato del referendum del 2016 in modo addirittura plateale. E’ stata una sorta di 1948, ma all’incontrario, visto che a Mosca avranno stappato champagne e nelle capitali occidentali - fuori dall’inner circle pazzoide delle presidenza Trump - avranno iniziato a studiare come coprirsi dalla bufera.

Ovviamente questo giudizio sul voto, su questo assalto ai forni della democrazia, su questa caccia all’untore della peste italiana - metafora usata mille volte su queste pagine e buona anche per i prossimi mesi e anni, purtroppo - suonerà ai vincitori e ai loro sostenitori come un invidioso scherno alla sovranità popolare. Se il popolo ha deciso che Stamina è una cura - è accaduto anche questo nella storia italiana, con il Parlamento che come l’intendenza seguiva, obbedendo agli appelli de Le Iene sulla cura miracolosa - Stamina è una cura, no?

Se si svegliano quelli che pensavano che sul pentolone dell’Italia impazzita bastasse mettere il coperchio “tecnico” di un governo di grande coalizione (che non c’è, e non sarebbe grande abbastanza), non sembrano però intenzionati a svegliarsi quelli che sperano che tutto sommato il regime change per l’Italia possa addirittura rivelarsi salutare. E lo vedremo, che bagno di salute.

Malgrado il risultato deludente, ma non irrilevante, della lista +Europa, che alla fine dei conti sfiorerà un quorum che avrebbe forse potuto raggiungere, nel disastro complessivo della sua coalizione, se non avesse scelto un connotato così convenzionalmente “di sinistra”, quella europeista - europeista nel senso dell’Europa che i vincitori Salvini e Di Maio vogliono istituzionalmente e culturalmente morta - rimarrà l'unica servibile identità politica anti-populista e lato sensu progressista. Proprio dallo scandalo dell’Ue bisogna ripartire per salvare la pelle all’Italia.

@carmelopalma