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Del piano Boeri - Non per cassa, ma per equità - di riforma dell'assistenza e della previdenza la politica italiana discuterà sicuramente a lungo. Al di là delle (scontate) critiche di metodo circa l'inopportunità di un impegno diretto dell'istituto di previdenza sul terreno della proposta propriamente legislativa, c'è un nodo di merito altrettanto evidente e difficile da sciogliere, che mette in obiettiva difficoltà l'esecutivo.

Mentre infatti il governo sul fronte sociale e pensionistico preferisce tamponare le emergenze (come con la settimana di salvaguardia per i cosiddetti "esodati" o le misure straordinarie per i minori in difficoltà contenute nella legge di stabilità), ma non mettere mano a interventi che implicherebbero una sostanziale modifica degli assetti esistenti, il Presidente dell'Inps propone un piano organico e ambizioso, insieme molto di sinistra e molto di rottura, con un effetto abbastanza limitato sui conti pubblici (tra i 662 milioni del 2016 e i 3,8 miliardi del 2020, meno della "mancia fiscale" sulla prima casa), ma decisamente esplosivo rispetto alla retorica dei "diritti acquisiti".

Dopo avere fronteggiato senza patemi le proteste della sinistra reazionaria, l'esecutivo avrà di sicuro maggiori problemi a rintuzzare quelle della sinistra riformatrice, che Boeri interpreta da anni in modo intellettualmente coerente e politicamente schierato. Per quanto grandi in numero e dimensione siano i problemi che la proposta di Boeri solleva, e su cui analisti e esperti si misureranno nelle prossime settimane, è di tutta evidenza che non ci troviamo dinanzi a un portavoce dell'indietro tutta! che dalla CGIL a Salvini tutte le opposizioni al governo hanno reclamato per rimediare ai presunti guasti della legge Fornero.

Se è discutibile dove questa proposta possa portare o arrivare, è invece chiaro da dove parte, ed è un punto di partenza assolutamente innovativo. Boeri riconosce che il debito previdenziale è un problema, anzi è il problema del welfare italiano, perché mette a rischio insieme la sicurezza delle pensioni future e l'efficienza inclusiva di un modello di protezione quasi integralmente "previdenzializzato" e dunque privo di effettive garanzie sul rischio-povertà.

In questo quadro, Boeri di fatto ammette che parlare di diritti acquisiti rispetto ai trattamenti previdenziali in corso di erogazione (di fatto ancora tutti retributivi) non è solo politicamente iniquo, ma è concettualmente sbagliato, perché essi non sono affatto una prestazione contrattuale, incorporando tutti - quale più, quale meno - un sussidio fiscale, che oltre un certo livello non ha alcuna giustificazione sociale.

Boeri dice insomma che il welfare italiano è nudo e che il suo impianto regressivo comporta squilibri destinati a cronicizzare la marginalità e a degradare l'occupabilità degli esclusi, con dirompenti effetti economici generali.

Insomma, con la proposta del Presidente dell'Inps si apre una partita che l'esecutivo potrà provare a sospendere per qualche tempo, ma che prima o poi dovrà rassegnarsi a giocare. Magari provando a ragionare sul target anagrafico delle riforme sociali necessarie - che Boeri sembra ancora identificare, in modo abbastanza tradizionale, negli ultra-cinquantacinquenni - e negoziando sugli effettivi margini della flessibilità previdenziale, ma non rifugiandosi nella retorica dell'intoccabilità delle attuali pensioni o di prestazioni sociali paradossalmente "di classe".

@carmelopalma