logo editorialeMa cosa è un "partito della nazione"? L'ambizione di costruire una forza politica egemone del sistema democratico italiano?

Per dirne bene, si può sostenere che Matteo Renzi ha senza dubbio colto e cerca di sfruttare a suo vantaggio l'asimmetria di un panorama politico-istituzionale che, alla "normalità" del PD, contrappone tante anormalità. In primis, la presenza di due diversi populismi (quello antisistemico del M5S e il fronte nazionalista disordinatamente rappresentato dalla "nuova" Lega di Salvini e da Fratelli d'Italia), la presenza di una forza politica in coma farmacologico indotto (Forza Italia) e, infine, il dilemma di altre piccole formazioni schiacciate tra l'appartenenza alla maggioranza di governo e l'esclusione dal patto del Nazareno (NCD e Scelta Civica).

Ma può un "partito della nazione" essere tale solo per differenza, per impresentabilità degli avversari alla sfida per il governo? L'eccezionalità dell'attuale legislatura - nata senza vincitori e cresciuta con un vincitore inaspettato - può farsi regola?

Il partito della nazione che Matteo Renzi sta prefigurando vorrebbe essere "una grande Chiesa da Che Guevara a Madre Teresa". Ma se l'ex capogruppo alla Camera di Scelta Civica e già direttore della montezemoliana Italia Futura Andrea Romano si bea di tanto sincretismo, io farei fatica a condividere un partito con Stefano Fassina, figuriamoci con Gennaro Migliore. Qualche sera fa a Ballaró l'ex luogotenente di Vendola starnazzava slogan contro la riforma pensionistica Fornero, interrompeva sistematicamente Mario Monti (ospite in trasmissione) e si lanciava in spericolati esercizi di compatibilità tra la sinistra barricadera e il riformismo renziano.

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Il problema, comunque, non è la poltrona di Migliore o quella di Romano: è pieno il mondo di esponenti politici che antepongono la propria parabola personale alla coerenza di un progetto politico. La questione di fondo è l'essenza stessa del PD, che Renzi non sta cambiando e forse non prova nemmeno a cambiare, preferendogli il partito parallelo della Leopolda. Siccome poi il PD non scompare, ma è vivo, vegeto e frequenta le piazze della CGIL, con chi pensa di farlo Renzi questo "partito della nazione"? Da un punto di vista logico, scrive Carmelo Palma su Strade, la scissione dal PD dovrebbe farla Renzi.

Matteo Renzi deliberatamente confonde e mescola il "governo della nazione", che oggi lui guida da leader del principale partito italiano, con il suo partito. E' un racconto voluto, che tira acqua al suo mulino, che pompa il suo PD nei sondaggi e alimenta l'equivoco: è il governo Renzi ad essere oggi senza alternativa, non questo PD. E all'Italia, per dirla tutta, non serve affatto un partito della nazione, ma una democrazia che torni competitiva e contendibile. Non saprei dire se bipolare o multipolare, in un continente che dovunque vede frantumata la rappresentanza politica, ma certamente non bloccata.

Il premier dimostra - senza avversari - di essere oggi il leader più "fresco" che abbiamo. Ha innegabilmente il consenso che altri non hanno avuto e non hanno. Ma Renzi o non Renzi, non abbiamo affatto bisogno del partito della nazione. Quel che davvero occorre all'Italia in declino è semmai un "partito del progresso", del vero progresso (che non è un termine di sinistra!), cioè un movimento che punti tutto su innovazione tecnologica e scientifica, politiche per la produttività, concorrenza, competitività, modernizzazione del welfare, snellimento burocratico.

Un partito - per fare degli esempi - che metta tra i suoi primi cinque punti la ricerca di idrocarburi nell'Adriatico, perché un grande paese investe sulla propria sicurezza energetica e sfrutta responsabilmente le proprie risorse tutelando l'ambiente, non le lascia sfruttare ai paesi dirimpettai per paura dei comitati di quartiere. Un partito che voglia abbattere l'Irap adesso, non a valere sul 2016, e che riduca le tasse riducendo la spesa pubblica, non aumentando altre voci di entrata. Un partito che protegga il risparmio privato, non lo usi come bancomat per altre spese. Un partito che permetta ai giovani la "secessione" dal sistema previdenziale pubblico, un carrozzone che non darà mai loro una pensione dignitosa. Un partito che prenda sul serio l'Articolo 1 della Costituzione, quella della Repubblica fondata sul lavoro, e abolisca dunque ogni barriera al libero svolgimento di un'attività lavorativa, professionale e imprenditoriale.

Viva il governo Renzi (ma faccia di più e meglio, perchè il tempo è poco!), abbasso il partito unico di Renzi.

@piercamillo