logo editorialeTre buone notizie e tre cattive emergono da una prima, rapida e non esaustiva lettura della bozza del decreto-legge fiscale emanato ieri dal governo Renzi.

La prima buona notizia è la riduzione dell'Irap e lo sconto Irpef per i percettori di reddito tra gli 8mila e i 26mila euro: soprattutto per quanto concerne le imprese, il taglio delle imposte è la prima boccata di ossigeno dopo anni di spremitura fiscale. La seconda buona notizia è il modo "aggressivo" e politicamente molto raccontabile con cui sono implementate le misure di revisione della spesa pubblica, sia sugli organi centrali che su quelli periferici. La terza, infine, è la decisione di confermare nella sostanza il piano di acquisto degli F35, contro tutte le demagogie provinciali che imperversano nel paese.

Le cattive notizie sono invece le seguenti, a parere di chi scrive. Uno, la provvisorietà degli interventi di riduzione fiscale e delle loro coperture finanziarie. Due, il rischio che i mancati tagli della Sanità, che erano stati annunciati in pompa magna ma non sono stati realizzati, finiscano per trasformarsi in una nuova tassazione regionale, o in una riduzione degli investimenti infrastrutturali, se le Regioni non troveranno (o non vorranno trovare) altre vie per risparmiare i 700 milioni di euro loro richiesti entro 60 giorni. Terzo, una notizia pessima: l'indigeribile aumento al 26% della tassazione sulle attività finanziarie, con alcune deroghe distorsive per categorie di prodotti. Come più volte segnalato anche su Strade, l'effetto negativo sul sistema produttivo in termini di costi del credito può vanificare parte dei benefici derivanti dalla riduzione dell'Irap.

Non è chiaro se e come il provvedimento potrà essere migliorato nel corso dell'esame parlamentare, ad esempio provando ad alzare un muro contro la maggiore tassazione del risparmio. I margini politici ci sarebbero, anche in virtù della necessità delle forze minori della maggioranza di distinguersi dal PD e mostrare la propria forza riformatrice, ma quelli finanziari e contabili sono strettissimi e difficilmente conciliabili con la velocità dell'iter di approvazione parlamentare di un decreto-legge (tutto fa credere, peraltro, che Renzi voglia concedere ancora meno tempo di quello fisiologico).

È evidente, comunque, che il decreto non può essere rubricato alla categoria delle riforme sistemiche: esplica i suoi effetti nel 2014, già per l'anno a venire dovrà essere la Legge di Stabilità a reperire le risorse necessarie, ed è pacifico che la ripresa economica ha bisogno di una sferzata di innovazione, libertà economica e riduzione fiscale che il nuovo provvedimento accenna, ma certamente non completa. Non si possono escludere dagli interventi fiscali del futuro gli incapienti (chi percepisce fino a 8mila euro di reddito), né i redditi medio-alti: sono i più poveri e i più ricchi – dati, storia e "morale" alla mano - il principale motore della crescita. L'Irap andrebbe abolita, non solo ridotta. Dovrà presto aprirsi la partita delle riforme "a costo zero", sul mercato del lavoro e sulle liberalizzazioni.

Il meglio, si spera, deve ancora venire.

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