logo editorialeLe piccole e medie aziende italiane con un sito Internet sono il 34%. Il 13% quelle che lo usano anche per il commercio elettronico. Nel 2013 però "Made in Italy" è stato cercato su Google il 13% in più dell'anno prima, in piena crisi. Si cerca Made in Italy ma non si trova quasi niente. C'è domanda, non c'è offerta adeguata. Parliamo di una domanda di prodotti di eccellenza, non di elettrodomestici a basso costo. Anzi, parliamo di narrazioni diversamente declinate dell'eccellenza italiana: cibo e artigianato, per lo più. Ma dietro cibo e artigianato c'è un mondo.

Quella certa italianità ha un mercato, ed è un mercato in gran parte ancora chiuso, con un potenziale notevole di espansione: Pil, posti di lavoro, indotti ancora tutti da generare. Bene, chi è che su quel potenziale di espansione sistemica ha deciso di investire?

Lo ha fatto il Cultural Institute di Google, con Unioncamere e Ministero delle politiche agricole. Il progetto si chiama Made in Italy, è una vetrina virtuale di cibi e tipicità artigianali nazionali, roba più da Eataly che da supermercato, ma il mercato c'è, accidenti, diamoci dentro.
Insieme a Symbola e Università Ca Foscari di Venezia, poi, Google ha creato anche uno spin-off della vetrina: una piattaforma delle eccellenze italiane, con le storie di chi ce l'ha fatta e con corsi online gratuiti per gli imprenditori che vogliano imparare a farcela da sé. La trovate qui.


Il video di intro spiega perché ai nostri artigiani e produttori di prelibatezze il digitale conviene, e perché al sistema produttivo italiano conviene investire nell'alfabetizzazione delle aziende e nella divulgazione delle buone pratiche. 
La storia delle tante aziende piccole o piccolissime che hanno fatto un ragionamento 
sul proprio business e pensato che online avrebbero potuto raggiungere nuovi clienti offrendo loro un'esperienza di acquisto, non solo un carrello, spiega tutto il resto. Spiega soprattutto come una multinazionale con sede in Irlanda possa contribuire alla crescita di aziende con sede in Italia.

Google in fondo ha fatto solo un paio di siti, ma potete pure vederci dentro un autentico Jobs Act. Bisognerebbe pensare anche a questo si ragiona di tassazione ad aziendam. Bisognerebbe pensare e basta, quando si pensano le tasse. O quando con un provvedimento dal nome altisonante, "Destinazione Italia", si gettano dalla finestra i soldi dei contribuenti - 22,5 milioni di euro, all'articolo 5 comma 1 del decreto - ""al fine di potenziare l'azione in favore dell'internazionalizzazione delle imprese italiane e la promozione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo". Bla bla bla.

@kuliscioff