Renaissance grande

“Perché l’Ucraina combatte”, scritto da Michele Chiaruzzi e Sofia Ventura e pubblicato da Linkiesta Books, è un libro insieme scientifico e militante. Fa capire e fa sperare.

I due autori, entrambi politologi dell’Università di Bologna – l’uno studioso di relazioni internazionali, l’altra di comunicazione politica e dei processi di formazione del consenso e delle leadership – approfondiscono un fenomeno per lo più negletto nelle cronache di un conflitto raccontato secondo i canoni del più trito determinismo geopolitico.

È il fenomeno di quella guerra di resistenza parallela, che l’Ucraina combatte ogni giorno, accanto a quella propriamente militare, per affermare la propria identità storica, culturale e spirituale, negata da una vulgata, secondo cui la causa del conflitto è una sedizione orchestrata all’interno del mondo russo dai nemici della Russia e fondata su un presupposto falso: quello che l’Ucraina esista.

Chiaruzzi e Ventura documentano come una incessante attività di informazione, comunicazione e produzione culturale, condotta dalle istituzioni e dalla società civile ucraina ben prima del 2022, sia riuscita concretamente a contrastare nell’opinione pubblica internazionale la storiografia negazionista di un’autonoma soggettività ucraina e abbia nel contempo catalizzato tra gli ucraini un senso di appartenenza, che l’aggressione militare su vasta scala ha ulteriormente consolidato.

In questa soggettività ucraina, l’identità nazionale e quella europea coincidono, perché la lotta dell’Ucraina per l’indipendenza è tutt’una con quella per la democrazia, la libertà politica e lo stato di diritto, cioè per la sostanza della costruzione europea. A differenza di molti europei, gli ucraini capiscono benissimo che scegliere l’Europa contro la Russia non significa scegliere di andare sotto Bruxelles, anziché sotto Mosca, ma uscire dalla logica a somma zero per cui nelle relazioni tra gli stati ciò che uno guadagna – in termini di libertà, di opportunità, di benessere e di riconoscimento – un altro inevitabilmente perde e quindi non rimane, per dirla con Manzoni, che far torto o patirlo. Oggi sono gli ucraini a ricordare agli europei non solo il valore, ma il senso stesso della libertà europea e lo fanno nel momento stesso in cui affermano la propria identità nazionale negata.

Questo spiega perché, con una formula felice, Chiaruzzi e Ventura scrivono che quella che oppone la Russia all’Ucraina è “la prima guerra d’Europa”: non solo perché si svolge all’interno del territorio europeo, a motivo della scelta europea degli ucraini, ma perché è una guerra all’ordine politico europeo, cioè al sistema delle libertà europee, e quindi impone all’Ue e agli stati membri di riconoscere questo fatto politico indiscutibile, che fa dell’Ucraina la “frontiera di sicurezza europea”.

Coi vari esempi di public, cultural e civic diplomacy raccolti in questo libro gli autori dimostrano che l’identità ucraina ha consumato un passaggio decisivo dalla “memoria della vittimizzazione” al “discorso di resistenza” e quindi ha maturato una maggiore consapevolezza di sé. La guerra che doveva, nelle intenzioni di Putin, non solo bielorussizzare l’Ucraina, ma anche dissolvere l’equivoco della sua identità artificiale sottratta all’alveo naturale della storia russa, è diventata il documento più inoppugnabile non solo dell’eroismo degli ucraini, ma anche dell’esistenza dell’Ucraina.

A questo link il video della presentazione del libro al Senato. A discuterne con gli autori, oltre al sottoscritto, Carlo Calenda, Nina Mikhelidze e Marco Lombardo