Scontro di civiltà. Il voto in Georgia tra intimidazioni e paure
Diritto e libertà
La notizia non è dunque quella della vittoria di Georgia Dream, anche perché non confermata, poichè indicata solo da risultati preliminari e mancante di quelli provenienti dall’estero e non risiede nemmeno nelle numerose pieghe del metodico processo di falsificazione del voto e di forzatura del risultato elettorale: appare però in tal senso più chiaro il motivo per cui il partito al governo del paese fosse, negli ultimi mesi, così interessato a collezionare i dati anagrafici di tutti i cittadini aventi diritto al voto.
La notizia - l’oggetto da osservare, per meglio dire - risiede nel fatto che l’uomo più potente della Georgia, Bidzina Ivanishvili, il miliardario fondatore del partito che prende il nome Georgian Dream da una canzone rap del figlio di Ivanishvili, Bera, ben consapevole della crucialità del voto in corso per il futuro geopolitico della Georgia, facendo leva sulla guerra in Ucraina, sulla memoria spaventevole dei bombardamenti su città georgiane come Gozi del 2008, è riuscito a trasformare agli occhi del mondo questa tornata elettorale in una scelta cruciale tra un avvicinamento all'Occidente e una rinnovata adesione politica, economica e valoriale alla Russia.
Agli occhi del mondo, degli osservatori politici interni ed esteri e soprattutto agli occhi dei partiti di opposizione, che hanno intrapreso una campagna elettorale con una disposizione psicologica e un afflato tale da dimostrare e confortare l’idea che questo voto è, a tutti gli effetti, un confronto diretto tra due sfere di influenza, tra due Weltanschauung: opposte ed inconciliabili.
L'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Russia nel 2022 ha risvegliato in molti georgiani i ricordi del passato segnato dall'aggressione russa nel loro stesso paese. E per questo motivo, al centro della campagna elettorale di GD, ci sono immagini di città distrutte in Ucraina e un messaggio chiaro ed agghiacciante al contempo: se GD perde, la Russia distruggerà la Georgia proprio come sta accadendo in Ucraina. E questo genera un profondo senso di paura nei georgiani, anche nei più giovani, che non sono stati direttamente coinvolti nel conflitto del 2008, ma che hanno nel dna e nelle narrazioni familiari, ben chiaro, cosa sia stato quel conflitto.
Fa breccia nei georgiani che vedono il 20% del loro territorio occupato militarmente dai russi e che sentono il pericolo reale che un contingente di circa 15mila russi in Abkhazia e Ossezia del Sud costituisce. E soffoca la speranza di vedere la Georgia finalmente sfuggire all'orbita del Cremlino e proseguire verso un futuro europeo.
Nella notte di sabato, alla chiusura dei seggi elettorali e arrivati i primi dati sui risultati, le strade di Tbilisi si sono riempite di caroselli sventolanti le bandiere georgiane e di GD, e contemporaneamente aumentavano le immagini che già dal pomeriggio dimostravano il clima violento e intimidatorio in cui i cittadini si sono recati alle urne: ore contrassegnate da un'ondata di violazioni e intimidazioni, da pressioni sui votanti all’esterno dei seggi tali da spingere la Presidente Salome Zourabichvili ad esortare gli elettori dell'opposizione a non cedere alla paura.
I partiti di opposizione hanno contestato i risultati delle elezioni in una conferenza stampa tenutasi nelle prime ore di domenica, dichiarandoli invalidi e appoggiando la dichiarazione di Zourabichvili che afferma che è l’opposizione pro-europea ad uscire vincitrice dalle urne, nonostante i tentativi dei russofili di falsare questo risultato storico.
Nika Gvaramia, leader del partito di opposizione Coalition for Change, parla di colpo di Stato costituzionale, e sulla stessa scia si inseriscono tutte le dichiarazioni degli altri leader: nuovamente si palesa come e quanto siano inconciliabili i due modelli politici e culturali che si stanno affrontando. Ai più sensibili potrebbe apparire un clima da guerra civile: senz’altro oggi pomeriggio, dopo la conferenza stampa degli Osservatori elettorali internazionali e lo statement della Presidente Zourabichvili, durante i cortei previsti a Tbilisi e in altre città georgiane, ci saranno tensioni e sono previsti scontri; ma più che una guerra civile interna ai confini georgiani, sembra si stia scrivendo l’ennesimo capitolo di uno scontro tra civiltà, di una guerra mondiale tra quelle due visioni che esitano l’una nel totalitarismo e l’altra nella democrazia.