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Dopo aver atteso una riforma per più di 50 anni, il cinema italiano può dire habemus legem. È stato infatti approvato alla Camera lo scorso 3 novembre, con 281 sì, 97 contrari e 17 astenuti, il ddl sulla nuova disciplina del cinema e dell’audiovisivo, presentato nel marzo scorso da Dario Franceschini e fortemente voluto dal ministro stesso.

Dopo essere stato votato in ottobre dal Senato, il disegno di legge è rimasto sostanzialmente invariato ed entrerà in vigore dal prossimo gennaio. Una legge voluta da tutti gli operatori del settore, che mette d’accordo anche le associazioni di categoria.

La nuova legge ha come oggetto e finalità quella di promuovere e sostenere l’audiovisivo in generale (fiction, produzioni televisive ma anche videogiochi e prodotti equiparati) ma, soprattutto, di restituire al cinema italiano la valenza socio-culturale che lo ha reso grande in tutto il mondo, iniziando dalle scuole e quindi dai più giovani. Viene abolita dopo 103 anni la censura cinematografica (la notizia in realtà dovrebbe essere che la censura c’era ancora!), sostituita da direttive che responsabilizzano gli operatori sui contenuti e l’intervento dello Stato solo in caso di abuso.

L’art. 13 della legge prevede la creazione di un nuovo fondo autonomo che non potrà mai scendere sotto i 400 milioni di euro (le risorse sono aumentate del 60% rispetto al passato). Il finanziamento arriverà direttamente dal gettito fiscale proveniente dallo stesso settore, parametrandolo annualmente all’11% delle entrate IRES e IVA. Risorse, dunque, assicurate dalle tasse pagate dagli stessi operatori del comparto.

Dal 15% sino a un massimo del 18% del fondo (dai 65 ai 75 milioni di euro) verrà destinato obbligatoriamente, attraverso la selezione di una commissione di 5 esperti, alle opere prime, seconde, lavori di giovani autori, film d’essai, nonché ad attività di promozione della cultura cinematografica e audiovisiva. Da qui i contributi previsti anche per la Biennale di Venezia, Istituto Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia. Gli incentivi non verranno più attribuiti esclusivamente in base agli incassi: si aggiungono criteri maggiormente artistici come l’aver vinto premi - e dire che ci dispiace per i cinepanettoni sarebbe una falsità.

È previsto, inoltre, lo stanziamento di 120 milioni di euro in cinque anni per la costruzione e la riattivazione di nuove sale cinematografiche sul territorio nazionale e un secondo piano straordinario che riguarderà la digitalizzazione del patrimonio cinematografico italiano.

Una grande attenzione dunque al cinema di qualità, come prodotto in primissimo luogo culturale. Ma la nuova legge è anche una legge di sistema (come tiene a precisare Francesco Rutelli, neo-presidente dell’Anica) che riordina tutto il comparto cinematografico, aumentando fortemente le risorse destinate al settore e soprattutto rendendole stabili. Gli incentivi fiscali prevedono un tax credit del 30% per chi investe nel cinema e nell’audiovisivo che arriva sino al 40% per i produttori indipendenti che distribuiscono in proprio le loro opere.

In nome di una maggiore trasparenza e parametri di oggettività vengono abolite le commissioni ministeriali che attribuivano incentivi e finanziamenti secondo il criterio discrezionale “dell’interesse culturale nazionale”, introducendo un sistema di incentivi automatici che superano qualsiasi forma di arbitrarietà. Ispirandosi al modello francese, viene istituito il Consiglio Superiore del Cinema, un’agenzia autonoma rispetto al ministero, formata da figure di grande rilievo, con funzione di elaborazione delle politiche di settore e di consulenza.

Una buona legge, una riforma importante che, attraverso i punti cardini della sburocratizzazione, l’attribuzione di incentivi automatici e selettivi, l’istituzione di un fondo stabile, cifre certe e finalità ben determinate, ridisegna il nostro cinema in senso industriale (un lavoro iniziato già da tempo con gli sgravi che hanno riportato le major in Italia, si pensi a produzioni come 007, Zoolander e Inferno), ma volta a dare una spinta propulsiva alla cultura cinematografica, con un occhio di assoluto riguardo al cinema indipendente.

L’unica ombra? I molti decreti attuativi, 23 per l’esattezza, che, come rilevato da Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera, potrebbero pregiudicare la reale operatività della legge a partire dall’inizio del nuovo anno.