papaya

Se per proteggerci, come individui e come popolazione, da pericolosi patogeni, abbiamo bisogno di qualche seduta dal medico e qualche puntura, le piante le possiamo far nascere già "vaccinate", creando degli OGM.

Si tratta di un grande progresso tecnologico che permette alle coltivazioni di salvarsi dall'attacco di vari patogeni, come ad esempio i virus, in grado di distruggere le piante in un nonnulla senza che ci sia molto da fare.

Molte soluzioni alternative all'uso di OGM, infatti, prevedono un largo uso di pesticidi che targettizzano i "corrieri" dei virus (gli insetti, ad esempio); oppure il controllo delle piantagioni circostanti che potrebbero fare da culla sia ai virus che ai vettori. O, ancora, possiamo "vaccinare" le piante più o meno come facciamo con noi stessi, inoculando nella pianta un virus attenuato, in modo da stimolare la risposta del sistema immunitario davanti a un attacco vero e proprio. Tutte queste (e altre) soluzioni comportano però problemi: da un lato quelli classici dei pesticidi, a partire dalla riduzione di biodiversità, dall'altro la ristretta efficacia del "vaccino" davanti ad attacchi combinati e infezioni diverse: pianta e frutto si salvano, ma portano segni indelebili dell'attacco.

Molto meglio andare alla radice del problema: creare una pianta già resistente ai virus. E oggi possiamo farlo con relativa facilità, grazie ai progressi dell'ingegneria genetica. Anzi, lo abbiamo già fatto: è il caso, ad esempio, della Papaya delle Hawaii, la cui storia è stata raccontata in maniera appassionante ed esaustiva dal chimico e divulgatore Dario Bressanini.

Ma come si crea questa pianta OGM resistente ai virus che la attaccano? L'associazione Biology Fortified, in collaborazione con Alma Laney del blog The Mad Virologist, ha preparato una piccola infografica che spiega, nella maniera più semplice possibile, il processo di creazione e il funzionamento di queste piante.

GMOs Revealed virus v1 0

In sostanza, viene preso un gene del virus e ingegnerizzato all'interno della pianta in modo che venga espresso creando dei segmenti di RNA a doppio filamento (dsRNA). Qui viene il bello: questo dsRNA attiva il sistema immunitario della pianta che interviene per spezzarlo in molecole di Rna interferente corto, che sono complementari con quelle virali, si "attaccano" a loro e le portano alla degradazione, impedendo dunque che il virus si replichi nella pianta.

L'uso delle piante così ingegnerizzate diviene così molto utile anche per altri motivi: riduce le perdite, semplifica la coltivazione perché non richiede trattamenti speciali, riduce il bisogno di utilizzare pesticidi.

Negli anni siamo andati piuttosto avanti con la tecnologia e oggi possiamo fare in modo che le molecole di RNA interferente non mirino a un gene virale specifico ma possano "individuarne" più di uno, in modo da limitare enormemente le capacità di adattamento dei virus e, dunque, rimandare a un momento più lontano lo sviluppo delle resistenze. Al momento sono allo studio diverse piante OGM resistenti ai virus: varietà di riso, cottone, lattuga e la manioca: lavorare su quest'ultima diventa importante perché aggredita dal virus del mosaico della manioca che da anni mette in ginocchio le produzioni dell'Africa e del sud asiatico.

Ovviamente questo non significa ci troviamo di fronte alla chiave di volta che ci permetterà di salvare il mondo dalla fame e gli agricoltori da tutte le crisi: le piante ingegnerizzate (OGM o ottenute con altre tecniche più avanzate) rappresentano una soluzione a specifici problemi in uno specifico tempo e in specifici spazi. È naif pensare che siano un punto definitivo nello 'scontro' tra uomo (agricoltura) e natura, ma è anche poco lungimirante pensare aprioristicamente di poterne fare a meno.