olioextravergine

Dificile non ricordarsi delle polemiche sull’olio tunisino, dopo che a marzo dello scorso anno il Parlamento Europeo aveva deciso di aumentare la quota di import a dazio zero di olio dalla Tunisia di 35.000 tonnellate limitatamente al biennio 2016-2017. “Rischia un’impresa italiana su tre” tuonava Coldiretti, per non parlare delle reazioni di Lega e M5S. Un noto prsidente di regione aveva ipotizzato un legame tra l’apertura all’olio tunisino e la diffusione del morbo della Xylella in un unico complotto architettato per far fuori l’olivicoltura pugliese, e qualcuno ipotizzava anche rischi per la salute dei consumatori.

Per mesi l’olio tunisino è stato, secondo una vulgata suggestiva quanto paradossale, il simbolo della svendita degli interessi nazionali allo straniero, il casus belli dello straccionismo sovranista, l’inizio della fine della nostra indipendenza economica, politica e alimentare. I parlamentari italiani che avevano votato a favore della misura venivano additati alla pubblica gogna non solo sugli organi di stampa più estremisti, ma anche dalle austere colonne del Corriere della Sera.

Da queste pagine avevamo provato - in beata solitudine - a suggerire l’idea che se l’Italia è già importatore netto di olio di oliva, dato che ne produce la metà di quello che ne consuma, difficilmente una simile iniziativa avrebbe rappresentato un danno per la nostra economia. Piuttosto, avrebbero avuto qualche ragione di lamentarsi gli altri paesi produttori (ed esportatori) che competono con la Tunisia nel nostro mercato. La Spagna, ad esempio, la cui domanda interna assorbe mediamente un terzo della sua produzione, per la restante parte destinata all’export.

Ma niente, la storia dell’olio tunisino che ruba il lavoro agli oli italiani era troppo ghiotta per non tuffarcisi a pesce, e tutti ci si sono tuffati. Poi, da qualche tempo, se ne parla molto meno, quasi per niente, e intorno al terribile scandalo dell’olio tunisino è calato il silenzio. Cos’è successo? Eppure sarebbe interessante vedere come è andata, quante imprese italiane hanno chiuso i battenti a causa dell’invasione di olio tunisino, quante famiglie sono state ridotte sul lastrico, quanti consumatori sono stati avvelenati. Il bilancio delle vittime, insomma.

Bene, la notizia è che nel 2016 la percentuale di olio tunisino importato in Europa a dazio zero è stata inferiore a quella delle annate precedenti, nonostante l’aumento della quota ammessa: secondo i dati dell’Observatoire Tunisien de l’Economie si è passati dal 38% del 2014 al 19% del 2016. La ragione, banale, è che quella del 2016 è stata una buona annata olearia, e quindi in Europa non c’erano buchi negli stock da compensare.