crisprkit

Elena Dusi di Repubblica si fa spedire dall’’America un kit per CRISPR, lo va a provare in un laboratorio a Tor Vergata, crea un batterio di Escherichia coli resistente a un antibiotico e racconta l’intera procedura in un video di diciassette minuti. Il titolo del servizio è problematico, a dir poco: “I rischi del kit per ogm fai-da-te: così abbiamo reso dei batteri immuni agli antibiotici”. Cosa sono ‘sti kit fai-da-te per l’ingegneria genetica? E quali sono i limiti per il loro utilizzo? Chi li può usare e dove? E soprattutto, ci si può far male (o far male a qualcuno)?

Il servizio, nonostante la lunghezza notevole per un video online, a questi interrogativi non risponde in maniera esaustiva, lasciando quindi intatta la sensazione di inquietudine del titolo: Ogm fatti in casa? Batteri resistenti? E se 'sta cosa finisce in mano a un terrorista? Dove andremo a finire, signora mia?

A dare le risposte corrette ci pensa Anna Meldolesi, che alle nuove frontiere di CRISPR e del genome editing ha dedicato un libro (E l’uomo creò l’uomo, Bollati Boringhieri) e al libro ha dedicato un blog sul quale prosegue la sua attività di informazione su questa tematica, e che consigliamo vivamente di seguire. E proprio al blog rimandiamo per tutto quel che manca al servizio di Repubblica, e se da una parte ci rassicura dall’altra lascia comunque aperti degli interrogativi sulle potenzialità di questo tipo di kit, e sull’opportunità di metterli in commercio:

“i praticanti della “garage biology” o “do-it-yourself biology” sono poco numerosi, sono concentrati negli Stati Uniti e praticano forme di autocontrollo sulla propria comunità, oltre a essere tenuti d’occhio dall’Fbi. Generalmente lavorano in laboratori condivisi e ben attrezzati, che prevedono un training di biosicurezza e accolgono solo esperimenti a basso rischio. Ben più discutibile è l’operazione di vendita online dei kit: se qualcuno utilizzasse la nuova tecnologia in modo spericolato sarebbe un danno per tutti i biotecnologi fai-da-te e anche per l’immagine pubblica dell’editing. Perciò non è piaciuta alla comunità scientifica l’iniziativa lanciata da Josiah Zayner, che ha raccolto con il crowdfunding decine di migliaia di dollari per distribuire i suoi kit. Il problema non è tanto la potenza dell’editing, ha notato Nature, quanto il fatto che Zayner si faccia pubblicità con un video in cui non sono rispettate le regole igieniche più elementari”.

Ma al di là del singolo episodio - quasi venti minuti di video durante i quali si aprono scatole e provette, si tolgono e si infilano piastrine nel frigo o nel forno a microonde ma non si spiega assolutamente nulla di ciò che si sta facendo, quasi si stesse mostrando un incantesimo di Mago Merlino con il pentolone - il servizio della Dusi dice molto sull’importanza del modo in cui verranno raccontate le biotecnologie di ultima generazione per essere accettate o meno. Sono Ogm oppure no? Sono brutte-sporche-e-cattive o sane-pulite-e-giuste?

Anche il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina, dal palco del Mantova Food & Science Festival, ha ribadito l’importanza delle “biotecnologie sostenibili” (lui le chiama così) per superare l’impasse del rifiuto degli Ogm. Il che in sostanza vuol dire: “cari amici, lo so che il rifiuto degli Ogm è un caso di isteria collettiva, e che se li usassimo liberamente sarebbe meglio per tutti. Solo che non posso dirlo, e nessun altro nel mio ruolo potrebbe dirlo perché la loro immagine è ormai definitivamente deteriorata. Possiamo solo sperare di salvare CRISPR e il genome editing da questi pregiudizi presentandoli e raccontandoli in un altro modo”.

Ecco, il servizio di Repubblica e il modo superficiale e scandalistico con cui è stato confezionato dimostra che non sarà affatto una cosa semplice.

ps.: a CRISPR è dedicato un articolo di Moreno Colaiacovo nel nuovo numero di Strade, che uscirà la prossima settimana.

@giordanomasini