stradedelcibo quadratoL’italiana Barbara Gallani è direttrice per la sicurezza alimentare della Food and Drink Federation (FDF) inglese, l’equivalente dell’italiana Federalimentare. E' stata alcune settimane fa ospite di un evento dedicato alle frodi alimentari tenutosi al Parco Tecnologico di Lodi. L'abbiamo intervistata per capire come questo tema possa essere affrontato seriamente.

Per cominciare, come ha fatto l'italiana Barbara Gallani ad arrivare ai vertici della FDF?
Il mio percorso per arrivare all’FDF è iniziato con una laurea in Fisica a Pavia. Da lì ho preso subito un aereo per l’Inghilterra dove ho iniziato lavorando in una centrale nucleare con il compito di monitorare le emissioni di radiazioni nell’ambiente. Dopo questa prima esperienza sono passata al Ministero della Sanità britannico dove mi sono occupata di costruire modelli per valutare in quali prodotti agroalimentari si accumulavano maggiormente i radionuclidi. Sono quindi approdata, come national expert del Regno Unito, alla Commissione Europea dove ho lavorato alla legislazione sulle diossine nei prodotti ittici. Al termine di quell’esperienza sono entrata in FDF.

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Oggi si occupa anche di frodi alimentari, quanto sono diffuse e quanto siamo pronti ad affrontarle?
Una premessa. Le frodi alimentari esistono da che mondo è mondo. Per questo è importante avere una conoscenza storica di come si sono sviluppate nel tempo per riuscire a prevenire le frodi del futuro. Nel medioevo, ad esempio, era molto comune trovare polvere di gesso nella farina perché il pane bianco era molto più pregiato del pane integrale. Ci sono poi segnalazioni storiche sulle spezie, in particolare il peperoncino, che veniva “allungato” con frammenti di tegole. Non pensiamo che questi piccoli trucchi non siano diffusi anche oggi. C’è di buono che ora abbiamo a disposizione un livello di conoscenze e una gamma di tecnologie che consentono alle aziende oneste di proteggersi da fornitori fraudolenti e tutelare i propri consumatori. A volte però non basta, è quindi importante che le istituzioni, i ricercatori e l’industria lavorino insieme per prevenire le frodi ed evitare il ripetersi di eventi come ad esempio lo scandalo della carne di cavallo in prodotti a base di carne bovina o il latte in polvere alla melamina, eventi che purtroppo non si è riusciti a prevenire.

La tecnologia in questa lotta da che parte sta?
Va detto innanzitutto che le frodi sono specifiche del periodo in cui si sviluppano e sono legate alla domanda del consumatore. Ad esempio uno degli elementi a rischio contraffazione oggi è l’origine degli ingredienti, in quanto negli ultimi anni questo elemento ha permesso di creare un valore aggiunto per molti prodotti. Senza tecnologie adeguate questo tipo di frodi non saremmo in grado di rilevarle, è solo grazie alla ricerca che disponiamo di tecniche isotopiche, oppure basate sul DNA che consentono di identificare con certezza le materie prime di un particolare prodotto di pregio. Ci sono poi anche altri sistemi che aiutano a prevenire questo tipo di problematiche come gli audit, i metodi di certificazione e il controllo della filiera. E’ in ogni caso fondamentale che per ogni possibile frode ci sia una tecnologia in grado di rilevarla.

In questo le normative che ruolo hanno?
Altrettanto fondamentale. E’ recentemente uscita una normativa europea che richiede di indicare non solo la presenza di oli vegetali, ma anche la loro tipologia specifica. Il governo inglese ha subito messo come prioritaria la necessità di sviluppare un metodo di analisi in grado di differenziare questi olii e sta lavorando con l’industria a questo scopo.

Quali sono le nuove frontiere della ricerca in questo senso?
Ho già citato alcune tecniche, ma la frontiera è soprattutto la consapevolezza che per combattere le frodi è necessario lavorare in modo più collaborativo e aprirsi ad approcci multidisciplinari, saper usare soluzioni che sono state sviluppate in altri ambiti applicandoli a nuovi contesti.

Le frodi alimentari hanno un forte impatto emotivo e possono condizionare interi settori, cosa si può fare per costruire la fiducia nei consumatori? E in questo processo, quale ruolo avranno campi di ricerca come ad esempio le biotecnologie?
La legislazione europea sancisce il diritto del consumatore ad avere accesso a prodotti alimentari sicuri e descritti in modo corretto. L’aspettativa del consumatore è che i produttori e le istituzioni vigilino sulla sicurezza di ciò che finisce sulle loro tavole. Per farlo bisogna creare sinergie tra istituzioni e operatori del settore e soprattutto disporre di tecnologie adeguate per identificare chi ha intenti fraudolenti. In questo senso, le biotecnologie hanno già cominciato ad emergere come una delle soluzioni più promettenti, anche se tempi e costi di queste nuove metodiche devono essere resi compatibili con le esigenze del settore.