La realtà e le possibilità di interazione con essa vengono costantemente ampliate dalla tecnica, che difficilmente può prescindere dal metodo scientifico. Le riflessioni filosofiche, politiche, religiose hanno fino ad oggi tenuto le briglie, ma forse è ora di cambiare.

Ferrario Einstein sito

La scienza avanza al galoppo e anche questo inizio di 2016 è stato segnato da molti eventi degni di nota. Ricordiamone tre particolarmente rilevanti: l’autorizzazione del governo Britannico all’editing genetico di embrioni umani, la sconfitta del campione europeo di Go da parte del software di Intelligenza Artificiale sviluppato da Google e la chiacchieratissima rilevazione sperimentale delle onde gravitazionali.

Sono eventi speciali perché portano con sé una rilevanza culturale, sociale e politica pari alla loro importanza scientifica.

Partiamo dal più chiacchierato. Ci insegna diverse cose, prima fra tutte che non riusciamo ancora a liberarci dei deliri delle persone “colte”: nessuno è riuscito a impedire al fondatore di Repubblica di mettersi in ridicolo con un pezzo magistrale in cui prima taccia di incompetenza tutti i divulgatori scientifici che hanno parlato delle onde gravitazionali e subito dopo procede alla sua personale spiegazione, che è una sequela di ampollose formule vagamente filosofiche, tutte rigorosamente fondate su una evidente incomprensione dei più basilari principi di fisica. Il povero lettore ne esce facilmente fuorviato, perché le idee di Scalfari sono tanto “brevi e chiare” quanto completamente campate in aria.

Questo articolo è una dimostrazione dell’effetto intellettuale: in un Paese in cui la cultura è considerata qualcosa di diverso e superiore alla ricerca scientifica, il senso comune è in balia delle farneticazioni di chiunque sappia usare affabilmente le parole. Se le farneticazioni di Scalfari fossero solo il delirio di un ego smisurato basterebbe ignorarle, quel che preoccupa è che la loro pubblicazione è indice di quel pregiudizio incarnato dalle considerazioni di Umberto Galimberti sulle colonne del magazine appartenente allo stesso gruppo: esisterebbe un “mondo della scienza e della tecnica” opposto al “mondo della vita”, che sarebbe quello “dove fanno la loro comparsa arte, letteratura, cinema, teatro: in una parola la cultura”. Cultura che, di conseguenza, non solo è opposta alla scienza, ma “è l’unico tratto per cui l’uomo si distingue dalla bestia”. Anche perché, qualora non fosse sufficientemente squalificata, la scienza “non dà risposte alle problematiche più profonde”.

Insomma la solita, noiosissima, solfa della contrapposizione tra scienza e cultura, che produce tentativi come quello di Scalfari, in cui intellettuali che sentono divergere da loro gli sguardi d’ammirazione del volgo cercano disperatamente di riaffermare una supremazia della riflessione filosofica sui fatti della scienza.

Se vogliamo trovare un significato filosofico di senso comune, la rilevazione delle onde gravitazionali ci insegna il contrario di ciò che vorrebbero Scalfari e Galimberti: la riflessione teorica che ha portato Einstein a ipotizzare l’esistenza delle onde gravitazionali ha dovuto attendere quasi un secolo e la collaborazione di migliaia di ingegni per passare il vaglio della realtà sperimentale ed essere verificata. Ci dà un ennesimo esempio del fatto che, per andare avanti nella meravigliosa impresa di comprensione della realtà, lo spazio per la riflessione isolata del singolo è sempre più scarso, così come è impensabile una riflessione teorica slegata dalla pratica della sperimentazione: la sola progettazione dell’esperimento è un capolavoro di creatività e rigore che ha pieno diritto di far parte del “mondo della vita”, se con ciò si intende la vita culturale della società e dei singoli individui.

Ma anche se per “mondo della vita” si intendesse la più ristretta quotidianità, trarremmo comunque tutti beneficio dall’accogliere finalmente la scienza, dando adeguato peso alle sue riflessioni. Ad esempio, quando è stato chiamato da La7 a discutere in favore delle unioni civili, contro il mantra dell’organizzatore del Family Day - secondo cui le uniche unioni accettabili sarebbero quelle che “per natura” permettono la generazione di figli - Galimberti avrebbe potuto rispondere mostrando come quel concetto di “natura” è un vero e proprio artificio culturale frutto del nostro parrocchiale punto di vista. Invece di basarsi su speculazioni filosofiche, se ci si basasse sulle scoperte scientifiche, ci si potrebbe accorgere di come “in natura” l’eterosessualità sia solo una delle molte possibilità e che ci sono frequenti casi, come per i cigni, in cui coppie omosessuali si prendono cura di cuccioli nati da altre coppie (vedi Signorile, 2014). Ecco che il metodo scientifico, con il suo irrinunciabile confronto delle ipotesi con la realtà, potrebbe diventare un potente strumento per liberare il momento decisionale etico e politico dalle ideologie.

Tornando agli esempi iniziali, cosa dovrebbe far parte del “mondo della vita” se non la straordinaria capacità di strappare la vita stessa al caso delle mutazioni genetiche, per affidarla al progetto di una ingegneria che possa liberare le generazioni future dalle malattie più temibili? Da qualche anno disponiamo della tecnica CRISPR/Cas9, che permette una modifica del DNA mirata e controllata al livello del singolo nucleotide e a Febbraio l’Inghilterra è stato il primo Paese occidentale ad autorizzarne l’uso con embrioni umani, mentre in Cina si sperimenta già da mesi.

E noi? Il clima culturale antiscientifico ha finora impedito al senso comune, e di conseguenza alla politica, di accogliere persino le più solide prove a favore della convenienza della modifica genetica dei vegetali, figuriamoci se potranno essere serenamente valutate le potenzialità della ricerca su embrioni umani. Anche qui il problema è legato a un conflitto tra ideologie da una parte e metodo scientifico dall’altra, ma vorrei portare un esempio per mostrare i vantaggi dell’approccio scientifico.

Nel febbraio del 2014 assistetti a un dibattito sugli OGM svoltosi per iniziativa della Senatrice del Movimento 5 Stelle Elena Fattori: tra i 6 relatori solo 2 basarono le loro riflessioni su studi scientifici. Piero Morandini mostrò le evidenze a favore dell’applicazione in agricoltura dell’ingegneria genetica, mentre Federico Infascelli riportò alcuni suoi studi che avrebbero dovuto evidenziare possibili situazioni di rischio. Gli studi di Infascelli sono saliti alla ribalta della cronaca, proprio in questi giorni, per essere stati malamente contraffatti. Un esperimento si può circoscrivere, ripetere e verificare: un’ideologia si può solo ripetere o attaccare.

E veniamo al terzo evento rilevante: l’editoriale di Nature (529, 437) - in cui viene anticipato l’articolo che espone i metodi di programmazione con cui Google DeepMind ha creato il software di intelligenza artificiale in grado di dominare il gioco a informazione completa più complesso della storia umana - parla di creazione di “intuito digitale”. Il Go infatti, con la sua scacchiera composta da 19x19 posizioni e una media di 150 mosse a partita, contiene più di 10^170 possibili configurazioni: un numero che supera di svariati ordini di grandezza le stime più elevate del numero di atomi nell’universo.

La costruzione di un software in grado di battere il campione europeo 5 a 0 rappresenta una pietra miliare nel cammino verso l’intelligenza artificiale. Per ottenere questo traguardo i ricercatori hanno programmato una serie di reti neurali in grado di apprendere e valutare le mosse unendo una combinazione di ricerca casuale, apprendimento guidato dall’uomo per rinforzo, auto-apprendimento per partite giocate contro se stesse e algoritmi di simulazione Monte Carlo. Il risultato è che le reti neurali mimano quello che si crede sia l’apprendimento dei nostri circuiti cerebrali e lo portano all’ennesima potenza grazie ai microchip. Tuttavia questo procedimento implica che non possiamo prevedere e nemmeno verificare la logica decisionale fintanto che le mosse non vengono effettuate. In altre parole, stando alle conoscenze attuali, il software prende (quasi) sempre la decisione giusta, ma noi non possiamo far altro che credergli “come a un oracolo”, salvo ricostruire a posteriori possibili motivazioni.

Se state pensando a scenari apocalittici in cui le macchine prenderanno il sopravvento sugli umani, coltivandoli come piante per trarne energia per i loro circuiti, tranquillizzatevi pure: per ora le reti neurali possono eccellere solo nell’apprendimento e nell’esecuzione di singoli compiti specifici. Una rete neurale può diventare abilissima a riconoscere un volto, a consigliare un’operazione finanziaria o a individuare degli indicatori di rischio, ma una volta che ha appreso un compito non “sa fare” altro.

Ciò non toglie che l’applicazione di intelligenze più efficienti di quelle umane ai processi decisionali di vita quotidiana porterà l’ennesima sfida per il senso comune, una sfida che non potrà certo essere vinta sulla base di ideologie. Come scrisse Primo Levi ne Il sistema periodico: “era snervante, nauseante ascoltare i discorsi sul problema dell'essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi: il legno vetusto dei banchi, la sfera del sole di là dai vetri e dai tetti, il volo vano dei pappi nell'aria di giugno. Ecco, tutti i filosofi e tutti gli esercizi del mondo sarebbero stati capaci di costruire questo moscerino? No, e neppure di comprenderlo: questa era una vergogna e un abominio, bisognava trovare un'altra strada. Saremmo stati chimici, Enrico ed io. Avremmo dragato il ventre del mistero con le nostre forze, col nostro ingegno: avremmo stretto Proteo alla gola, avremmo troncato le sue metamorfosi inconcludenti, da Platone ad Agostino, da Agostino a Tommaso, da Tommaso ad Hegel, da Hegel a Croce. Lo avremmo costretto a parlare.