Charlie Gard

Il caso del piccolo Charlie non è un caso politico perché bioetico, ma perché mediatico. È quanto nello slang giornalistese si chiama fake news, che non è semplicemente l'invenzione di una notizia, ma la surrogazione della realtà, soppiantata da un racconto che imprigiona i sentimenti ingenui del pubblico, non usando i materiali ingenui dell'ignoranza e del pregiudizio popolare, ma quelli sofisticati dell'impostura ideologica e della verità parallela.

Tutto quello che sul caso c'era da sapere e da fare, dal punto di vista clinico, è tragicamente pacifico e neppure lontanamente controverso. Eppure soccombe, prima ancora di combattere, sul campo di battaglia delle verità asimmetriche.

Non c'è nessuna possibilità di cura, non c'è nessuna terapia sperimentale e alternativa, non c'è alcun dubbio che ogni ulteriore trattamento si configurerebbe come un accanimento terapeutico. Non c'è un solo specialista, neppure quello americano che avrebbe dovuto provare a fare il miracolo, che abbia mai lontanamente sostenuto la possibilità di ricorrere, con una minima probabilità di successo, a un trattamento diverso da quello a cui Charlie è stato fino ad oggi sottoposto. Non c'è nulla di nulla che possa far gridare allo scandalo, se non in termini religiosi, per una tragedia che sfida la più fiduciosa e indulgente teodicea.

Eppure il mondo urla il diritto di Charlie di "non essere ucciso" e il dovere della scienza di "non ucciderlo", ma di salvarlo. La disperata rincorsa che tutti vanno facendo per mostrare l'orrore e dichiarare l'amicizia per il piccolo inglese "prigioniero" del Great Ormond Street Hospital di Londra è il disperato (e a volte patetico) tentativo di non scivolare dal lato sbagliato della storia e di non confondersi con le schiere dei cattivi designati. Il caso della reazione della Santa Sede è stato, da questo punto di vista, esemplare, proprio perché obbligato, necessitato dall'esigenza di non mostrarsi complici dei presunti carnefici.

Malgrado il suo genetista più famoso, Bruno Dalla Piccola, abbia subito pubblicamente dichiarato di ritenere appropriata la decisione dei colleghi inglesi (quella che avrebbe "ammazzato" Charlie), invitando a rassegnarsi all'impotenza della medicina, l'Ospedale Bambino Gesù qualche giorno dopo, pur ribadendo di non potere fare nulla per contrastare o alleviare la sua agonia, è stato costretto a offrire "ospitalità" ("ospitalità!") al piccolo a i suoi genitori e a iscriversi al partito mondiale di quanti vogliono sottrarlo ai suoi aguzzini, cioè ai medici e ai giudici inglesi. Un po' di picchiatori "cattolici" hanno messo nel mirino il Papa silente, e la Presidente del Bambino Gesù è stata costretta a fare un passo a difesa della reputazione della ditta.

Come è noto, da prima del web e della società di comunicazione di massa, le verità parallele non si oppongono alla verità, ma ne demoliscono, per così dire, lo statuto epistemico. Non sono "errori" che possano venire corretti o "menzogne" che possano essere sbugiardate, ma sistemi di alienazione intellettuale e politica.

Con le fake news la verità non è negata, ma è resa letteralmente impossibile. Cessa di esistere non solo una relazione tra la realtà e la rappresentazione, ma anche il problema della correttezza e della discutibilità della rappresentazione. È solo una questione di potenza. Le fake news, anche se si servono dei mezzi raffinati dell'analisi psicologico-sociale e usano protocolli straordinariamente scientifici per moltiplicare la propria forza persuasiva, vincono perché creano un contesto in cui non possono essere battute, non perché chi racconta il falso è più abile e capace di chi racconta il vero. È il ritorno alla logica della forza, come fondamento di tutto, a partire dalla retorica politica.

La fenomenologia dell'orrore contemporaneo, nel caso di Charlie, è nella violenza e nella straordinaria facilità di questo processo di alienazione, non tra le corsie di un ospedale londinese.

@carmelopalma