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“Prendere posizione contro questa direttiva che porta ad un allineamento al ribasso delle normative dei vari paese è stata una delle battaglie più emozionanti”. Francesca Balzani, candidata alle primarie del centrosinistra per la carica di Sindaco di Milano, si riferiva alla Direttiva 2010/63/UE, sulla sperimentazione animale, da lei definita spregiativamente “vivisezione”. Dichiarazioni forti che hanno visto le immediate reazioni di sconcerto del mondo scientifico. Cerchiamo di rivedere brevemente perché le frasi della candidata si scontrano con la realtà dei fatti.

Innanzitutto la “vivisezione”, intesa come sezione di animali vivi, non esiste più da decenni. I test su animali, infatti, a differenza di un tempo oggi riguardano raramente il “taglio” dell’animale e sono effettuati rigorosamente sotto anestesia e analgesia, per evitare inutili sofferenze agli animali stessi. Questa è una prassi fondamentale non solo dal punto di vista etico, ma anche scientifico: se gli animali sono stressati e sofferenti, infatti, i risultati sono ben poco affidabili a livello scientifico (per maggiori dettagli, nelle prossime settimane pubblicherò proprio su questo tema un libro dal titolo “Topi in gabbia: cosa c’è da sapere sulla sperimentazione animale”).

Per tutte queste ragioni l’Unione Europea nel corso degli anni si è impegnata di volta in volta a svecchiare le leggi che regolavano i test animali. L’ultima “fatica” è stata la realizzazione della Direttiva 2010/63/UE, il risultato della collaborazione e confronto di numerosi anni tra istituti di ricerca, associazioni scientifiche e associazioni animaliste. L’obiettivo principale di questo testo, infatti, era trovare un valido compromesso tra le necessità della ricerca e il benessere degli animali.

Cosa dice il nuovo testo?
Innanzitutto conferma quanto espresso dalle precedenti leggi, ovvero che l’uso degli animali deve essere limitato allo stretto indispensabile e solo quando non vi sono metodi alternativi in grado di dare soddisfacenti risultati scientifici. Si conferma poi l’obbligo, salvo specifiche deroghe, di effettuare gli esperimenti sotto anestesia e analgesia e si fa menzione diretta dei metodi di eutanasia più indicati a seconda delle specie. In generale vi è un continuo riferimento alle “tre R”, ovvero i tre principi guida Reduce, Refine e Replace: ridurre il numero di animali utilizzati, migliorare le condizioni degli animali limitando al minimo stress e sofferenze, e sostituire ogni qualvolta sia possibile l’animale con un test alternativo, o che faccia uso dell’animale a più basso sviluppo neurologico possibile in grado di dare un significato attendibile.

La novità più importante, però, è la definizione nella Direttiva di una complessa e rigida procedura di autorizzazione per i singoli esperimenti su animali. Prima di poter iniziare una ricerca bisogna infatti dimostrare, dati alla mano, che il proprio lavoro è indispensabile e non sostituibile con test alternativi e che il numero di animali e le stesse procedure dell’esperimento sono adeguati. Non solo: bisognerà indicare il personale qualificato che effettuerà le operazioni e quali misure verranno adottate per limitare le sofferenze degli animali. Secondo la nuova Direttiva, inoltre, prima dell’autorizzazione serve un parere tecnico di un Organismo Preposto al Benessere Animale, un parere scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità e il via libera dal Ministero della Salute attraverso uno specifico Decreto autorizzativo.

La Direttiva doveva essere recepita dagli stati membri il prima possibile, ma l’Italia è arrivata fortemente in ritardo, rischiando multe salatissime. Il motivo? La presentazione, su pressione dei movimenti animalisti, di alcuni emendamenti in teoria “migliorativi” per la Direttiva stessa. In realtà la Direttiva andava recepita così com’era e gli emendamenti prevedevano inizialmente modifiche pericolose per la ricerca: il divieto di uso degli animali per xenotrapianti, ad esempio, che avrebbe bloccato l’uso di valvole cardiache di maiale per l’uomo, e l’obbligo di anestesia perfino per un semplice prelievo di sangue. Dopo l’impegno di associazioni come Pro-Test Italia, fortunatamente, molte modifiche sono state cancellate o rese “meno gravi”, ma è rimasto ad esempio il divieto di allevamento in Italia di animali destinati ai laboratori. Una buona notizia? Tutt’altro: gli esperimenti non sono vietati, in compenso gli animali dovranno essere trasportati dall’estero, con probabili minori controlli e un maggiore stress, dato che dovranno affrontare viaggi decisamente più lunghi.

Questo è solo un esempio di come “il rispetto per gli animali” di cui parlava la Balzani, se non accompagnato da adeguate conoscenze scientifiche, possa essere deleterio, non solo per la salute umana, ma anche per quella degli animali stessi.

Perché se è vero che tutti amiamo - o dovremmo amare - gli animali, non possiamo dimenticare che le scoperte scientifiche - per le quali la sperimentazione animale è ancora fondamentale - servono ad aiutare e curare le persone malate (e anche gli animali!). Milano deve poter essere al centro di questa sfida, e per esserlo dovrà, nei prossimi anni del dopo EXPO, saper valorizzare le proprie Università, i propri centri di ricerca e le aziende per renderli competitivi con il resto d’Europa. Un obiettivo fondamentale che rischia di venir meno, senza il sostegno adeguato delle istituzioni.

Un altro candidato per le primarie, Beppe Sala, ha organizzato un incontro sul tema della ricerca con tanti esponenti del mondo scientifico, in cui si è ribadita la contrarietà alle dichiarazioni della Balzani, discusse sopra, e questa è una buona notizia. Speriamo in ogni caso che questo episodio spinga la Balzani a rivedere la sua posizione, e a riaprire il dialogo su un tema così importante, su cui ognuno di noi deve poter avere le idee chiare. Tanto più il candidato Sindaco di una città strategica come Milano.