Le regole sono aumentate, così come gli apparati di controllo e supervisione sul rischio e la performance degli intermediari finanziari. Uno studio però dimostra come in Italia multe e sanzioni non hanno quasi mai l'effetto di ristabilire una sana e prudente gestione dell'intermediario.

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La crisi finanziaria ha dimostrato - se ce ne fosse stato il bisogno - che regole e controlli del sistema non sono stati abbastanza severi e penetranti e che la deregulation degli anni Ottanta e Novanta ha spalancato la porta a comportamenti opportunistici e azzardati.  Innescando la richiesta - ancora montante - di re-regulation.

C'è a questo punto da chiedersi se se l'azione di vigilanza messa in campo dagli ispettori di Banca di Italia costituisca davvero un deterrente per le distorsioni dolose del sistema creditizio. E quale sia l'impatto delle sanzioni amministrative sulla performance e sul rischio degli intermediari finanziari. Una possibile risposta - tecnica e del tutto imparziale - arriva da un interessante saggio diffuso dalla Fondazione Rosselli e firmato da Umberto Filotto, Massimo Caratelli e Ornella Ricci, tutti e tre docenti universitari. Gli autori partono con una premessa: invocare più regolamentazione sembra non tener conto che in questi anni non ci sono state meno regole, ma molte, molte di più. Nel frattempo gli apparati di controllo e supervisione sono cresciuti in numero e organici e altrettanto è aumentato il peso della compliance nelle banche e negli intermediari finanziari. Una ipertrofia degli apparati e una proliferazione delle regole che però non hanno risolto il problema ma, anzi, hanno contribuito ad aggravarlo. Quantità non sempre infatti corrisponde a qualità.

Ecco perché lo studio ha cercato di verificare gli effetti della regolazione misurando l'efficacia delle sanzioni irrogate dalle Autorità a seguito delle ispezioni svolte presso gli intermediari finanziari. La sanzione ha infatti carattere punitivo ma, poiché lascia intatti gli assetti di governo dell'impresa, rappresenta una misura di indirizzo che pungola il management ad adottare comportamenti più conformi alle regole di vigilanza e agli indirizzi da questa espressi. Di qui gli interrogativi da cui sono partiti gli autori: questi effetti si producono realmente o ve ne sono altri che invece non corrispondono alle intenzioni? Le sanzioni come interagiscono con altre misure di indirizzo e con quale sequenza temporale vengono messe in campo? E, infine, esiste un processo dialettico fra vigilante e vigilato capace di produrre più velocemente i cambiamenti necessari nella gestione evitando di mandare in scena solo a una guerra eterna fra guardie e ladri?

Di solito le indagini sui modelli di controllo hanno natura cross-country. Ma quasi tutte confermano che l'efficacia dei meccanismi di vigilanza dipende anche dalle condizioni economiche e culturali di contesto; che risente del frazionamento dei poteri fra più authorities; che è funzione dello specifico strumento di intervento di volta in volta adottato. L'Italia, come è noto, adotta un modello ibrido che, se pur organizzato in prevalenza per finalità, prevede importanti elementi di vigilanza per soggetti. In particolare, i controlli di stabilità sono affidati alla Banca d'Italia mentre quelli di trasparenza e correttezza dei comportamenti competono alla Consob in caso di intermediazione mobiliare e a Bankitalia in quella creditizia mentre il presidio sulla concorrenza spetta all'Antitrust. Nel 2012 l'istituto di via Nazionale ha effettuato 250 accertamenti ispettivi, contro i 221 del 2011. 183 accertamenti hanno riguardato le banche; di questi 140 erano a "spettro esteso". Sono state inoltre effettuate 622 audizioni di esponenti aziendali appartenenti a banche, contro le 577 del 2011. Nel programmare gli interventi, Bankitalia ha dato la priorità alle situazioni aziendali critiche e in peggioramento. A conti fatti, sottolineano dunque gli autori dello studio, le audizioni rappresentano un importante strumento di moral suasion adottato dall'Autorità di Vigilanza, insieme alle lettere di richiamo, sempre indirizzate a esponenti aziendali. Nel 2012 le lettere di richiamo indirizzate a personale bancario sono state 682, con una crescita del 7,2 per cento rispetto all'anno precedente.

Dall'analisi dell'effetto delle sanzioni sul comportamento degli intermediari cui sono state contestate delle irregolarità emerge che, in seguito alla multa, tali banche abbiano sperimentato un peggioramento delle performance. In particolare, risultano in diminuzione gli indici di redditività mentre aumenta il rapporto tra costi e ricavi operativi. L'incidenza delle sofferenze sembra addirittura in peggioramento. L'efficacia delle sanzioni apparirebbe in dubbio di fronte a questi risultati: le performance dei sanzionati sembrano infatti peggiorare dopo l'intervento dei vigilanti, senza impatti apprezzabili sul livello di capitalizzazione.  Non solo. L'analisi sembra suggerire che gli intermediari a cui sono stati fatti i rilievi divengano nel tempo più rischiosi di quanto sono stati sanzionati. E che l'intervento dell'Autorità sia più visibile osservando un orizzonte temporale non troppo breve, di due anni piuttosto che di uno soltanto. I sanzionati sono inoltre caratterizzati da un tasso di sopravvivenza inferiore ai competitors cui Bankitalia non abbia contestato irregolarità. Ciò non significa che l'Authority interviene solo in casi limite per cui sia difficile immaginare un "lieto fine", ma che in situazioni meno compromesse può preferire un'azione basata su strumenti diversi, meno coercitivi e anche meno idonei a produrre danni reputazionali per gli intermediari come ad esempio le lettere di richiamo o le audizioni.

Nelle conclusioni dello studio firmato da Caratelli, Filotto e Ricci, lo scopo delle sanzioni viene definito come quello di dare un segnale ai vertici quando l'impresa naviga in acque agitate e quando già si sono percorse altre strade di moral suasion. Ben il 99,6 per cento dei destinatari dei provvedimenti è un membro dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali o è direttore e vicedirettore generale delle imprese sanzionate. Ma nonostante le multe siano indirizzate ai vertici, raramente hanno l'effetto di ristabilire una sana e prudente gestione dell'intermediario. Lo dimostra l''alto tasso di mortalità rilevato a due anni dai provvedimenti. Il che conferma l'ipotesi che la sanzione sia l'extrema ratio a cui si fa ricorso quando sono state messe in atto tutte le altre misure e tentate tutte le soluzioni possibili per rimettere in equilibrio la banca.