Tra lo spionaggio fuori controllo e la corretta attività di intelligence, tra l’uso e l’abuso delle intercettazioni, tra il principio e la sua deroga, ci sono norme, spesso superate dalla consuetudine, che andrebbero rispolverate.

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Privacy e Giustizia, l’eterno dilemma che appassiona e a tratti preoccupa. Un binomio piuttosto ovvio per gli addetti ai lavori e che dovrebbe esserlo anche per i cittadini tutelati e garantiti dalla Carta costituzionale del 1948, ma che purtroppo entra in crisi sistematicamente ogni qual volta un’operazione di intercettazione, una investigazione pubblica o privata, una attività di intelligence si configuri come necessaria, quasi come se d’un tratto i confini entro cui sarebbe naturale contenere due diritti fondamentali – quello alla protezione dei propri dati personali e quello alla giustizia – svanissero di fronte all’abuso, a volta anche prepotente, del diritto.

Ma andiamo per ordine e parliamo, ad esempio, di intercettazioni. Secondo una definizione data dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12189/2005, per intercettazione deve intendersi la captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscono con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da un soggetto terzo ed estraneo alla comunicazione, mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato.

Lo strumento in sé reca un potenziale intrusivo immenso idoneo a ridurre in frantumi in un sol colpo tutti i diritti e le libertà riconosciuti dalla Costituzione, in primis gli artt. 15 e 21. Ma la stessa Carta del ’48, riconosce, la possibilità di comprimere temporaneamente e con le garanzie poste dalla legge – dal Codice di procedura penale, dal Codice privacy e da altre leggi rilevanti – tali diritti, proprio per finalità di giustizia. E’ come se, ponendo sul piatto della bilancia la privacy e tutti gli altri diritti fondamentali da una parte e la giustizia dall’altra, prevalessero sempre i primi in condizioni normali, mentre l’ago tenderebbe a pendere verso la seconda ogni qual volta giustizia debba essere fatta. Trattandosi, dunque, di una materia assai delicata, il Costituente ha ritenuto opportuno inserire delle deroghe ad hoc, quali la riserva di legge e la riserva di giurisdizione (mediante provvedimento motivato). Soltanto la loro presenza cumulativa è in grado di permettere, ad esempio, una limitazione della libertà e della segretezza della corrispondenza.

Le cose sono poi leggermente mutate nel tempo e con la riforma del codice di procedura penale e l’introduzione del sistema italiano delle c.d. investigazioni difensive, talune facoltà di indagine sono riconosciute anche ai non appartenenti alla polizia giudiziaria e alla magistratura. Conseguentemente, ne discende che, essendo le intercettazioni per loro stessa natura idonee a sacrificare la segretezza e riservatezza degli individui, il loro impiego ed utilizzo, ancorché per finalità di giustizia, implica inevitabilmente una riflessione ulteriore, da condurre anche  alla luce del d. lgs. n. 196/2003, il Codice privacy. A questo riguardo, come presupposto indefettibile del trattamento dei dati personali, il Codice, all’art. 2,  garantisce espressamente che ogni trattamento debba svolgersi “nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”.

Sulla base di quanto appena detto, è doveroso evidenziare che il flusso delle informazioni personali captate nel corso dello svolgimento delle intercettazioni risulta essere, in linea di massima, decisamente considerevole e, pertanto, il loro utilizzo improprio potrebbe comportare notevoli effetti negativi riguardo alla dignità e ai diritti delle persone intercettate, nonché di quelle che comunicano con esse. Il Garante ha dunque promosso il codice di buona condotta delle investigazioni difensive, strumento preziosissimo di garanzia e posto a bilanciamento di diritti ed esigenze che lottano armati tra loro. E’ di tutta evidenza come la protezione di tali informazioni rivesta un’importanza primaria e debba, quindi, necessariamente coniugarsi con quell’esigenza di giustizia che è alla base di ogni operazione di intercettazione. Le regole tuttavia ci sono e sulla carta tenderei a dire che potrebbero funzionare.

Ma non sempre le cose vanno in questo modo. Recenti vicende nazionali ed interazionali hanno attirato molta attenzione dell’opinione pubblica su questi temi, creando forte disillusione circa la tenuta delle garanzie costituzionali sul tema, tanto che a ragione il Presidente del Garante per la privacy, Antonello Soro, ha ribadito come che “non soltanto gli apparati di sicurezza, ma anche quelli di investigazione e giudiziari tendono sempre di più ad avvalersi di tutte le opportunità informative offerte dalle tecnologie per perseguire un controllo generalizzato, pervasivo e spesso preventivo, non sempre giustificate da effettive finalità di sicurezza o prevenzione”. Spesso accade che le garanzie previste dal nostro sistema, ancorché sufficienti a tutelare il singolo e i suoi diritti costituzionalmente garantiti, vengano, nella migliore delle ipotesi, disinnescate a favore di un altro diritto, quello all’informazione. Oppure sacrificate sull’altare della irresponsabilità e della cialtronaggine, nella peggiore.

Il nostro sistema prevede, tuttavia, anche in tali casi estremi ulteriori meccanismi di riequilibratura e convergenza delle norme, volte a ricreare coerenza nel sistema. In definitiva, si ravvisa dunque quanto mai imminente la necessità di rispolverare ed applicare norme esistenti e spesso dimenticate e soprattutto di imparare a raccontare i fenomeni, evitando di confondere lo spionaggio scellerato con la corretta attività di intelligence, o di fare delle intercettazioni il male assoluto da sconfiggere, quando tocca i potenti e da usare invece massivamente in tutti gli altri casi. Torniamo a dare fiducia alla legge.