All'inizio di febbraio di quest'anno, durante la Conferenza per la Sicurezza a Monaco di Baviera, Sergej Lavrov ha suscitato una risata generale tra i ministri e diplomatici presenti quando ha affermato che la riunificazione tedesca si era compiuta senza referendum. Non c'è dubbio che il gotha della diplomazia europea ridesse probabilmente anche di se stesso. Peraltro, avrebbe potuto anche piangere.

A un anno dall'invasione e dall'annessione della Crimea da parte della Russia, a quindici mesi della rivoluzione Euromaidan a Kiev, e a più di quindici anni dell'ascesa al potere di Vladimir Putin, questi politici e diplomatici fanno ancora fatica a dire le parole giuste su ciò che scuote il continente europeo.

Ucraina guerra

Solo nel corso degli ultimi mesi, oltre all'annessione della Crimea e all'aggressione diretta e indiretta nel Donbass, le autorità russe, compreso lo stesso Vladimir Putin, si sono adoperate a moltiplicare le minacce di ricorso all'arma nucleare, sia in dichiarazioni più o meno velate(1), sia inviando bombardieri strategici – con bomba nucleare imbarcata e transponder inattivo – a costeggiare l'Unione europea, installando missili strategici nella Crimea annessa...

Tutto questo non è solo sgradevole, è estremamente preoccupante. Lo è tanto più perché si può temere che la motivazione ufficiale della partecipazione della signora Merkel e del signor Hollande ai negoziati di Minsk 2 – una lettera inviata dal Presidente Putin – nasconda l'essenziale: delle nuove minacce.

Come leggere diversamente la dichiarazione del Presidente Hollande alla vigilia del Vertice di Minsk: o concludiamo un accordo durevole (a Minsk) oppure ci sarà la guerra(2)? Come comprendere altrimenti il rifiuto della Cancelliera Merkel di partecipare a dei negoziati nella capitale del Kazakistan qualche settimana prima? Quali condizioni, assenti per un vertice ad Astana, sarebbero state presenti a Minsk? Viste le conclusioni di Minsk 2, nessuna.

Se, dopo Minsk 2, le linee di chiarificazione semantica cominciano finalmente a spostarsi, siamo ancora lontani dal traguardo. La Germania ha riconosciuto, tramite il suo ministro degli esteri(3), che si tratta di una guerra tra la Russia e l'Ucraina. A livello di UE, viene ormai riconosciuto il coinvolgimento diretto dell'esercito russo in Ucraina. A Washington anche.

La realtà, purtroppo, è ancora più grave. La Russia non è in guerra soltanto contro l'Ucraina. In uno o l'altro dei modus operandi della sua strategia di guerra ibrida, è già in guerra contro la Nato, gli Stati Uniti, l'Europa intera. Questa dura verità, che dovrebbe essere al centro della risposta politica occidentale, non è purtroppo ancora integrata nella strategia Obama-Merkel-Hollande.


Preambolo per una nuova strategia: una "bomba nucleare" economica

Se non esiste una facile risposta di fronte al ricatto, a fortiori nucleare, due cose sono tuttavia sicure: cedere alle minacce non è un'opzione e l'assenza di reazione appropriata costituisce un invito all'escalation. Libero quindi il signor Putin di inviare i suoi bombardieri strategici in escursione lungo le coste europee, di moltiplicare le dichiarazioni allusive. Liberi gli Stati Uniti e l'Europa di decidere che qualsiasi ulteriore minaccia, esplicita o implicita, di ricorso all'arma nucleare porterà all'esclusione istantanea della Russia dal sistema SWIFT. Resa esplicita, una presa di posizione del genere da parte degli Occidentali avrebbe peraltro il vantaggio di offrire immediatamente qualcosa su cui meditare a tutti i pezzi grossi del regime russo le cui transazioni private dipendono da questo sistema.


Minsk-2 : un accordo già moribondo

Checché ne dica Laurent Fabius(4), secondo il quale "il cessate il fuoco nel Donbass è generalmente rispettato", gli accordi di Minsk 2 non lasciano spazio alle illusioni(5). Su due punti cruciali, lo statuto della regione di Debaltseve e la liberazione del capitano Savchenko, la parte russa ha già violato sia lo spirito che la lettera degli accordi. Occorre quindi prendere atto dei limiti della strategia Obama-Merkel-Hollande.

L'Europa, gli Stati Uniti, e con loro il Giappone, il Canada, l'Australia e la Corea del Sud, devono lavorare per riconsiderare l'insieme della loro politica di fronte all'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia ed elaborare una strategia non più soltanto reattiva alle iniziative di Mosca, ma di anticipazione e, se possibile, preventiva.


Azzeramento della politica nei confronti della Russia

L'annessione della Crimea "è illegale e per questo minaccia l'architettura europea di sicurezza. Un giorno, dovremo restituire la Crimea all'Ucraina."(6) Non è, tutti l'avranno capito, Nicolas Sarkozy(7) ad affermarlo e neppure Daniel Cohn-Bendit - che anzi, all'indomani dell' aggressione russa, dichiarava: "Non scherziamo, la Crimea fa parte della Russia. È così"(8). Si tratta di una personalità russa di primo piano, Mikhaïl Kassianov, primo ministro russo dal 2000 al 2004.

Se l'insieme di contro-riforme liberticide operate in Russia dalla presa del potere di Vladimir Putin, la guerra russo-georgiana nel 2008 e l'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia hanno ormai tolto a buona parte dell'establishment politico e diplomatico dei Paesi democratici qualsiasi illusione sull'attuale regime russo, non rimane che da trarre le dovute conclusioni e da adottare delle posizioni che non siano, almeno, al di sotto di quelle dei Russi più liberi e lucidi. Non farlo significherebbe indebolire quanti dovranno riportare la Russia sulla strada della democrazia e dello stato di diritto. Farlo significa aiutarli a sbarazzarsi, un domani, delle funeste eredità dell'ancien régime.

Occorre quindi stabilire, tra le sanzioni esistenti, un elenco di quelle che cesseranno solo con la restituzione della Crimea all'Ucraina. Ma la stabilità futura dell'Europa – Russia inclusa – ci obbliga ad andare più in là. Occorre varare sin d'ora delle nuove sanzioni per ciascuna delle situazioni dove la Russia ha violato la sovranità dei Paesi vicini. Oltre che all'annessione de jure della Crimea, queste sanzioni dovrebbero essere esplicitamente collegate all'occupazione de facto di una parte del Donbass, all'occupazione de facto della Transnistria e all'annessione de facto dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud(9).

Sulla base della proposta dell'economista Paul De Grauwe, l'Unione europea potrebbe introdurre cinque tasse europee (Crimea, Donbass, Abkhazia, Ossetia del Sud e Transnistria) sul gas e sul petrolio russi(10) che scomparirebbero solo con la risoluzione di ciascuna di queste questioni. L'UE compenserebbe i fornitori di gas europei per le perdite subite fin quando il costo aggiuntivo risultante dall'introduzione delle tasse sarà riassorbito grazie ai meccanismi di mercato. Parallelamente, la creazione da parte dell'Unione di una centrale d'acquisto unica, con l'esclusiva per i negoziati con i produttori russi di gas e petrolio, dovrebbe costituire una priorità di una politica comune dell'energia.


Fornire o no armi all'Ucraina

Al fine di anticipare gli sviluppi probabili dei prossimi mesi, occorre trarre immediatamente le conseguenze delle dichiarazioni – supportate dalle parole del portavoce del Cremlino - di Aleksandr Zakhartchenko, il capo dei "separatisti" pro-russi, secondo cui l'obiettivo militare non si limiterebbe alla sola regione di Debaltseve ma bensì all'insieme del Donbass(11). La questione che si pone, quindi, non è sapere se l'offensiva russa riprenderà, ma semmai quando riprenderà.

Sapendo che le sanzioni esistenti produrranno effetti significativi solo a medio termine e conoscendo la gravità delle violazioni degli accordi di Minsk 1 da parte della Russia (fornitura massiccia di armamenti moderni ai "separatisti", invio di migliaia di soldati e mercenari russi, bombardamenti delle posizioni ucraine dal territorio russo...), è venuto il momento di riconoscere che senza la fornitura di armamenti difensivi moderni (missili anti-carro, radar...) l'esercito ucraino non potrà, malgrado la sua impressionante modernizzazione e la determinazione dei suoi soldati, tenere la linea di demarcazione definita da Minsk 2. Non agire ora significa condannarsi tra qualche mese a un Minsk 3 che sancirà una nuova Caporetto dell'Europa.

Un nuovo Co-Com

L'alone di vaghezza che circonda la questione dei contratti di vendita di armamenti a beneficio della Russia è deleterio. È tempo che gli stati membri dell'UE, insieme a Stati Uniti, Giappone, Canada, Corea del Sud, Australia e Norvegia, decretino un embargo totale sulle forniture di armamenti alla Russia – compresi i contratti antecedenti all'invasione della Crimea come quello per i Mistral - e che creino, come propone Daniel W. Drezner(12), una istituzione paragonabile al Co-Com della guerra fredda incaricata di controllare il rispetto da parte degli stati del divieto di forniture alla Russia di armamenti e di tecnologie sensibili o duali(13).


Lista nera

Le televisioni russe costituiscono una delle armi più potenti in mano al regime. Queste – con l'eccezione di qualche televisione regionale(14) - ritrasmettono giorno dopo giorno la propaganda spudorata del Cremlino. I responsabili di queste televisioni, insieme ai loro giornalisti più impegnati nell'operazione di disinformazione, dovrebbero essere inclusi in una "lista nera" dell'UE, degli Stati Uniti e dei loro alleati. Tale lista nera dovrebbe peraltro accogliere l'insieme delle persone coinvolte nel rapimento e trasferimento del Capitano Nadiya Savchenko in Russia(15).


Tre questioni che riguardano l'Europa

L'Europa ha impiegato quasi un anno a riconoscere che era effettivamente la Russia l'artefice della guerra nel Donbass. Non ci si può permettere il lusso di un altro anno di "riflessione" per comprendere la gravità della minaccia rappresentata dal regime russo. "Vogliamo che la Russia diventi nostro partner"(16) e altri incantesimi della signora Merkel non sono altro, nel migliore dei casi, che verità lapalissiane, nel peggiore l'espressione di un vuoto politico siderale.

Ciò che è in discussione non è la Russia né l'interesse di un partenariato con la Russia. Il problema è quello – e solamente quello - della natura del regime vigente a Mosca. Nessun partenariato è concepibile con il regime di Vladimir Putin e la sua concezione "verticale" del potere. L'interesse dell'Occidente e della Russia è di sbarazzarsene al più presto. Tocca evidentemente ai Russi agire. Gli Occidentali, tuttavia, dovrebbero almeno evitare di complicare la loro missione.

Le ideologie neo-kantiane o l'impantanamento nei sogni di grandezza nazionale tramontata sono pure illusioni e costituiscono di conseguenza una minaccia grave per la sicurezza del continente. L'Europa non può fare economia su una politica di difesa e di sicurezza comune. Il fatto che, più di un anno dopo l'annessione della Crimea, nessun dirigente europeo abbia giudicato suo dovere proporre l'iscrizione della questione all'ordine del giorno del Consiglio europeo è semplicemente sconcertante. A maggior ragione dal momento che l'alternativa non è tra una nuova iniziativa politicamente folcloristica come la creazione di un ennesimo battaglione bi- o multi-nazionale ed il grande salto in un esercito europeo unico, ma tra il "niente" e la creazione di un esercito comune (e comunitario) - che non porrebbe in questione né l'esistenza degli eserciti nazionali né l'appartenenza alla Nato.

I segni di disgregazione dell'Unione europea si vanno moltiplicando: visita in pompa magna di Vladimir Putin a Budapest, invito a Mosca per Panos Kammenos, il ministro greco della difesa, voci su un prossimo viaggio del presidente del consiglio italiano nella capitale russa, marginalizzazione da parte di due stati delle istituzioni dell'Unione... Senza un cambiamento di rotta radicale, l'esistenza stessa dell'Unione è minacciata. S'impongono delle misure che consentano di salvaguardare e rafforzare la coesione dell'Unione europea.

In primissimo luogo, gli stati membri dovrebbero decidere di rompere con la logica paralizzante delle decisioni all'unanimità.
Sulla base dell'Articolo 48 § 7 del Trattato, gli stati membri potrebbero decidere che tutte le questione relative alle relazioni con la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia e la Georgia siano prese a maggioranza qualificata. Sarebbe inoltre opportuno che gli stati membri sospendessero tutte le visite ministeriali in Russia e tutte le visite di ministri russi nei propri Paesi. Infine e soprattutto, converrebbe affidare al Presidente del Consiglio europeo l'esclusività dei rapporti col Presidente e con il governo russi insieme alla piena autorità sull'attuazione della politica europea con la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, la Georgia e la Moldavia.

 

Note al testo:

1: "Now, according to Russia's chief propagandist, Dmitry Kiselev, even a decision about the use of nuclear arms 'will be taken personally by Mr Putin, who has the undoubted support of the Russian people'." "From cold war to hot war" , The Economist, 14 febbraio 2015;

2: "La chancelière et moi-même nous estimons qu'il y a un risque de guerre aux portes de l'Europe. Je pense que c'est une dernière chance. Si nous ne parvenons pas, non pas à trouver un compromis mais un accord durable de paix et bien nous connaissons parfaitement le scénario. Il a un nom, il s'appelle la guerre", Dichiarazione del Presidente francese François Hollande, 11 febbraio 2015;

3: Dichiarazione di Frank-Walter Steinmeier, Ministro tedesco degli affari esteri: "La cosa più importante è che Mosca e Kiev si siano accordate su un cessate il fuoco che entrerà in vigore sabato sera", 12 febbraio 2015;

4: Laurent Fabius sul suo profilo twitter, 17 febbraio 2015;

5: "Today (February 20), we have to face the reality that almost one week later there have been more than 300 violations of the ceasefire". Comunicato della Presidenza del Consiglio europeo, 20 febbraio 2015;

6: "Ukraine. ''Ce que veut Vladimir Poutine' par son ex-Premier ministre", intervista di Mikhaïl Kassianov, a cura di Vincent Jauvert, L'Obs, 11 febbraio 2015;

7: Nicolas Sarkozy ha fra l'altro dichiarato che "La Crimée a choisi la Russie, on ne peut pas le lui reprocher", L'Obs, 9 février 2015;

8: "Ukraine: la leçon de pragmatisme de Daniel Cohn-Bendit", France 24, 4 marzo 2014;

9: "Another Step toward Empire: Moscow 'Abolishes' Borders with Abkhazia and South Osetia", Paul Goble, Window on Eurasia, 19 febbraio 2015;

10: Vedi link;

11: Attualmente le forze russe e i "separatisti" pro-russi occupano circa un terzo del Donbass;

12: Daniel W. Drezner, "How the West should respond to Putin", The Washington Post, 13 febbraio 2015;

13: Per esempio, secondo un giornale polacco, la Francia si appresterebbe a consegnare dei droni subacquei... al Kazakistan. Defence 24, 20 febbraio 2015;

14: Il Cremlino ha annunciato poco tempo fa una messa sotto tutela delle televisioni regionali "non allineate".

15: Vedi link;

16: "...we'd like Russia to become our partner, we'd like to do this together with Russia, not against Russia", Unian, 18 febbraio 2015.