Ogni qual volta l'agenda dei media italiani – quelli "seri" e istituzionali, in primo luogo – incrocia l'ascesa di un nuovo potente, cronache, analisi e commenti entrano automaticamente in modalità agiografica, con uno zelo che dovrebbe imbarazzare e disgustare e che invece trova sempre un pubblico disponibile e ingolosito.

Mattarella agiogr grande

Il rapporto tra la qualità dell'opinione pubblica e quella dell'informazione è però come quello tra l'uovo e la gallina. Non si può dire cosa venga prima e cosa dopo, né quale sia la causa e quale l'effetto.

Non sapremmo quindi dire se l'incontinenza agiografica preventiva (che è l'altra faccia della maramalderia successiva alla caduta di un ex potente) sia una sindrome da offerta, legata cioè all'inclinazione conformistica di chi la produce, o da domanda, e quindi connessa al gusto servile di chi la consuma.

Rimane però il fatto che l'elezione del "grigio" Mattarella al Colle ha scatenato un fuoco pirotecnico di sdilinquimenti e di commossi tributi alla grandezza di uno statista che il caso sembrava avere seppellito nella foresteria della Consulta, ma che lo Spirito Santo, ispirando i grandi elettori, ha fatto risorgere al vertice dello Stato. Mattarella, che di tutto questo non reca nessuna colpa e speriamo porti qualche imbarazzo, è diventato d'improvviso il personaggio di cui chiunque pretende di essere autore, il "santo" di cui chiunque pretende di dispensare il carisma di santità.

Da tutta questa melassa, ben poco è emerso del vero profilo politico e intellettuale di un cattolico democratico d'antan, enigmatico e invisibile, ma non mediocre e neppure inconsistente, "secondo" in tutta la sua carriera e quindi oggi chiamato a una primazia, di cui nessuno può davvero dire come si farà interprete: se ad esempio come Napolitano o come Scalfaro, per dire di altri due "secondi" intronati al Colle, ma uguali e contrari nel modo di esercitare quel potere smisurato e impalpabile che la Costituzione assegna al Capo dello Stato.

Mentre tutto sappiamo di dove va dal barbiere, compra i cannoli o prende messa, quasi nessuno ha indagato il paradosso di questo Presidente che va bene a Renzi, perché non gli fa ombra, ma va pure benissimo ai suoi avversari interni, perché potrebbe arginare dall'ombra la furia rottamatrice del premier e far pesare contro di lui quel tenace conservatorismo politico-costituzionale, appreso dal suo maestro Leopoldo Elia, che ne ha fatto per anni uno storico beniamino della sinistra, non solo Dc. Una sorta di Rosy Bindi in freddo e in grigio, meno impertinente, ma assai più implacabile.