Sembra una pièce comica di Corrado Guzzanti, quella della destra italiana ereditata da un comunista padano con la felpa e l'orecchino, che difende l'ordine e la disciplina del regime nord-coreano e si mette disciplinatamente in coda al bancomat di Mosca, dopo Marine Le Pen, per finanziare la battaglia di resistenza umana contro la dittatura mondialista e il pensiero unico yankee.

Matteo-Salvini

In un Paese in cui, fino a un certo punto, il berlusconismo è stato la felice coincidenza politica e culturale tra l'american way of life e l'italian way of happiness, neppure Corrado Guzzanti, qualche anno fa, avrebbe però potuto immaginare la resa del Cav. all'erede più incredibile e ancora più incredibilmente designato a raccogliere il testimone della sua leadership. Invece, a ben guardare, tutto torna e c'è una indiscutibile coerenza nei fatti e nella reazione ai fatti dei loro protagonisti.

È stato Berlusconi il precursore ideologico del riallineamento della destra "moderata" italiana al mainstream culturale della destra "non moderata" indigena e europea. È stato il Cav., non Salvini, l'autore della trasmutazione antropologica di sé stesso e del mondo che aveva inventato e rappresentato - con la Tv e dopo, molto dopo e molto peggio, con la politica - trascinandolo nell'unica trincea che gli sembrava rimasta libera e occupabile, fallita la scommessa del governo, per coltivarne una meramente difensiva, di opposizione e di puro "consenso".

Il lepenismo è entrato nella destra italiana molto prima che accadesse che un ragazzotto milanese sveglio si sedesse al tavolo con la Le Pen, per concordare la strategia anti-Europa e anti-Euro di quella sorta di Comintern nazionalista, appeso, come quello comunista, ai fili del burattinaio moscovita.

Non c'è nessuna contraddizione tra il Salvini che chiama il popolo alla rivolta referendaria contro la riforma delle pensioni e (presto) il Job Act, portandosi dietro insieme la CGIL e Forza Italia, e il Berlusconi disposto a vendere l'anima al diavolo anti-mercatista (do you remember Giulio Tremonti?) pur di strappargli una promessa di immortalità politica. È stato Berlusconi a rinchiudere il centro-destra italiano in quel ridotto di cattivo umore e vittimismo nazionalista, mentre la globalizzazione iniziava a presentare i propri salatissimi conti alle democrazie meno competitive, mandandole in crash non solo economico, ma politico.

È stato Berlusconi che ha difeso l'economia italiana come la nobiltà decaduta difende il proprio rango e i propri privilegi, contro l'altrui meritato guadagno. È stato Berlusconi che ha pensato che ad un certo punto fosse più profittevole vendere la paura di diventare poveri, che il sogno di diventare ricchi, che fosse più utile scatenare, piuttosto che tenere a bada, i demoni che abitano l'inconscio politico di un paese in crisi. Non c'è dunque da sorprendersi dell'amore per Salvini dell'elettorato rimasto fedele al Cav., durante questo lungo e paradossale processo di auto-tradimento del Berlusconi che fu da parte del Berlusconi che è. Il passaggio dalla porno-politica soft del Cav. a quella hard di Salvini è stato meramente quantitativo, non qualitativo - Putin compreso.

@carmelopalma