Il premio della Banca di Svezia per le scienze economiche 2014 è andato a Jean Tirole. Docente all'Università di Tolosa, il professor Tirole è diventato famoso per gli studi nel campo dell'economia industriale e della teoria dei giochi applicata al funzionamento dei mercati non concorrenziali.

Nobel valute economia

Quello assegnato a Tirole, e prima di lui ad altri studiosi che hanno approfondito e perfezionato il pensiero economico, viene chiamato impropriamente "nobel" per l'economia. In realtà è un premio istituito dalla Banca di Svezia. Il riconoscimento fu assegnato per la prima volta soltanto nel 1969, quando i Nobel esistevano già da quasi 70 anni, ma fu intitolato ugualmente alla memoria di Alfred Nobel. Fu questa scelta, forse non proprio casuale, a ingenerare l'equivoco.

Non sono pochi gli storici e gli economisti che hanno sempre ritenuto il "nobel" per l'economia una operazione di marketing, architettata furbescamente dalla lobby di alcune importanti facoltà di economia. I Nobel, come noto, sono conferiti a chi fa progredire l'umanità con la propria opera, le proprie ricerche e scoperte scientifiche. E in questa ottica un "nobel" per l'economia appariva all'epoca, e appare oggi, chiaramente fuori tema. In effetti, l'economia politica non è una scienza, e anche il suo contributo al progresso dell'umanità non è del tutto chiaro e univoco. Ma le critiche alla brillante operazione di marketing furono subito spente dallo strapotere di una disciplina che alla fine degli anni '60 viveva la propria golden age e aspirava a un posto tra le materie scientifiche.

Gli economisti non appartenenti al cosiddetto mainstream sostengono ancora oggi che fu tutta una manovra mirata a consolidare il dominio neoclassico-marginalista sul pensiero economico. Si tratta di una spiegazione indubbiamente intrigante e affascinante, ma che come tutte le ipotesi di complotto è meglio non prendere troppo sul serio. E poi si tratta di una polemica datata.

Al netto dei complotti e delle polemiche, va riconosciuto che il "nobel", e l'accostamento a tre importanti materie scientifiche, è servito a orientare anche l'economia verso un maggiore rigore formale e soprattutto verso l'uso di argomenti oggettivi nelle teorie. Questo fatto va giudicato positivamente. Priva dell'ancoraggio al rigore formale e all'oggettività, la "scienza triste" sarebbe facile preda delle ideologie e influenzata dagli orientamenti politici. Affrancarla da queste due tentazioni era una operazione necessaria perché conquistasse, se non un carattere scientifico, quanto meno l'indipendenza e una chiara connotazione.

È anche vero, però, che attribuire quasi sempre il "nobel" ad autori di teorie formalizzate e premiare la fedeltà all'approccio metodologico tipico del mainstream ha probabilmente causato diverse esclusioni eccellenti, come per esempio quella di J. Robinson, di J. K. Galbraith o quella più recente di M. Yunus. In quest'ultimo caso, il fondatore della Grameen Bank, che con l'introduzione del micro-credito ha migliorato le condizioni economiche reali di moltissimi individui soprattutto nei paesi poveri, avrebbe meritato il riconoscimento per il concreto contributo al progresso dell'umanità. Ma è prevalsa la tradizione. E all'economista del Bangladesh è stato negato il "nobel" per l'economia. Per fortuna gli è stato assegnato un vero Nobel. Quello per la pace.

La stessa tradizione ha spinto tutta la disciplina verso l'uso sempre più massiccio, forse eccessivo, della matematica. Dunque, l'economia politica non si trasformerà mai in una disciplina scientifica, ma gli economisti si allontanano sempre più dall'economia reale. I modelli risultano ormai incomprensibili alla stragrande maggioranza degli individui con istruzione superiore, anche se il più delle volte equazioni e formule servono a esporre concetti che già appartengono al senso comune.

In proposito è famoso l'esempio di J. Tobin, al quale venne conferito il "nobel" per la sua teoria delle scelte di portafoglio. Fu egli stesso a riconoscere che non aveva fatto altro se non esprimere in termini matematici una semplice regola di buon senso nota a tutte le massaie: non mettere mai tutte le uova nello stesso paniere.

Un Nobel viene sempre riconosciuto a fronte di un chiaro risultato scientifico e anche di un inequivocabile contributo all'umanità. La stessa cosa non accade sempre per l'economia.

Può capitare anche che il "nobel" per l'economia venga conferito a più studiosi, che hanno lavorato nello stesso campo giungendo però a risultati in contrasto tra loro. Questo difficilmente può accadere per le materie scientifiche. E invece è successo per l'economia nel 2013, per esempio, quando il premio è stato conferito a E. Fama e R. Shiller. Entrambi hanno studiato a lungo il funzionamento dei mercati finanziari, ma con risultati completamente contrastanti. L'uno ha cercato di dimostrare che i mercati finanziari sono efficienti, l'altro l'esatto contrario.

È anche capitato che il "nobel" per l'economia sia stato conferito sulla scorta di teorie che hanno portato a disastri economici una volta applicate. Altro che contributo all'umanità! È il caso di F. Black e M. Scholes, insigniti del premio nel 1997. Scholes fu protagonista del dissesto finanziario del fondo LTCM nel 1998 (il suo fondo di investimento perse mezzo trilione di dollari!). Il "nobel" gli era stato riconosciuto per le omonime formule matematiche sul prezzamento delle opzioni. Sono le stesse formule alla base di molti prodotti e derivati finanziari che hanno innescato la grande crisi. Che dire? Un nome, un premio, una garanzia.

Il conferimento del "nobel" per l'economia evidentemente risente di valutazioni politiche molto più degli altri Nobel. È come dire che l'istituzione del premio era mirata ad affrancare l'economia dalla politica, però è la politica ad assegnare il premio agli economisti. L'intruso, cacciato via dalla porta, è rientrato dalla finestra. Pare proprio che la differenza tra il "nobel" per l'economia e gli altri Nobel non sia soltanto un questione di nome. E, al di là di tutte le congetture e le polemiche possibili, forse aveva ragione Keynes quando si augurava che gli economisti fossero umili come i dentisti.