A leggere le cronache sull'annosa vicenda dei cosiddetti "quota 96" della scuola, sembra che il loro mancato pensionamento secondo la disciplina previgente alla riforma previdenziale di fine 2011 sia dovuto a un "errore" del Ministro Fornero (per il quale persino l'interessata sente di doversi giustificare), che avrebbe confuso l'anno scolastico con l'anno solare e gravemente sfavorito il personale scolastico rispetto alla generalità dei pensionandi.

Quando venne approvata la riforma Fornero il requisito necessario per l'accesso alla prestazione pensionistica di anzianità era la cosiddetta "quota 96" (60 anni + 36 di contributi, o 61 anni e 35 di contributi), ovvero, a prescindere dall'età anagrafica, un'anzianità contributiva di 40 anni maturata entro il 31 dicembre del 2011 (art. 1, comma 6, lettera c della legge 243/2004, come modificata dalla legge 247/2007). Tremonti successivamente aveva previsto che le cosiddette finestre mobili o scorrimento, che ritardavano di un anno il pensionamento per i lavoratori dipendenti dalla data di maturazione dei requisiti, non si applicassero al personale della scuola. Le finestre mobili, peraltro, introdotte dal decreto legge 78/2010, a partire dal 2011, vennero poi abolite proprio dal decreto Salva-Italia.

In base al comma 9 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 per il personale della scuola la cessazione dal servizio e l'inizio della prestazione pensionistica aveva una finestra fissa - il 1 settembre di ogni anno - e ricomprendeva anche quanti avrebbero maturato i requisiti successivamente all'inizio dell'anno scolastico, ma comunque entro il 31 dicembre dell'anno medesimo. Vi era dunque uno sfasamento tra la data di maturazione del requisito e quello della decorrenza della prestazione pensionistica. Chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre del 2011, è andato in pensione qualche mese prima. Chi li avrebbe maturati nel corso dell'anno scolastico 2011-2012, se non fosse intervenuta la riforma Fornero sarebbe andato in pensione prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo.

La riforma Fornero (art. 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201) non ha tolto nulla a chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre del 2011, ma ha sottoposto chi li avrebbe maturati successivamente alla nuova disciplina, senza eccezioni, né favorevoli, né sfavorevoli, per il personale della scuola. Chi doveva andare in pensione con i requisiti 2011 c'è andato. Chi avrebbe maturato i requisiti successivamente è stato ricompreso nella nuova e più restrittiva disciplina.

L'emendamento "incriminato" introdotto alla Camera e poi soppresso al Senato non correggeva affatto una disuguaglianza discriminatoria a danno del personale scolastico, ma ne introduceva una a favore. Infatti salvaguardando secondo la disciplina previgente chi "abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012" (spostando all'estate 2012 un termine che per tutti scadeva al 31 dicembre 2011) stabiliva di "salvare" dalla riforma Fornero una parte del personale scolastico, a differenza della generalità dei pensionandi.

Perché – cioè in base a quale senso di giustizia - un insegnante che abbia maturato la fatidica quota 96 a maggio 2012 dovrebbe essere "salvato", mentre un qualunque altro impiegato del pubblico e del privato no? E soprattutto - lo diciamo da affezionati sostenitori e ultimi giapponesi di Elsa - perchè l'ex Ministro Fornero non la smette di scusarsi di scelte che colpe non sono o perfino delle colpe degli altri?

 

QUOTA 96 GRANDE