Crediamo che nessun osservatore possa seriamente negare che lo streaming è solo uno dei format attraverso i quali va oggi in scena lo spettacolo della politica nostrana e che la pretesa che esso serva a rendere il processo politico più trasparente è totalmente infondata. Anche tra i non addetti ai lavori questa consapevolezza è sempre più diffusa, almeno tra quanti non si fanno catturare dalle retoriche fluttuanti nel nostro incerto e approssimativo dibattito pubblico e ragionano sulla politica e la sua comunicazione in modo serio e informato, anche se non necessariamente "professionale".

Renzi streaming grandeLa politica in streaming, che si tratti di riunioni di partito o di negoziazioni tra partiti, si serve dunque di un particolare format, per cui l'evento arriva direttamente al pubblico senza mediazione giornalistica - e prima di qualunque e successiva interpretazione - ma al tempo stesso si trasforma proprio perché esposto alla visione di chiunque. E si trasforma perché i fini dichiarati - ad esempio il raggiungimento di un accordo, il confronto tra diverse posizioni, la ricerca di compromessi più o meno soddisfacenti, ma senza sotterfugi o, come usa dire, "inciuci" - non corrispondono a quelli reali, che sono invece legati, direttamente o indirettamente, alla natura e qualità della performance e alla sua funzionalità per obiettivi del tutto diversi e per nulla confessati e che hanno a che fare con i messaggi che si vogliono indirizzare alla pubblica opinione o a settori di essa.

Ad esempio, molto probabilmente Renzi l'altro ieri non si è inaspettatamente presentato all'incontro con la delegazione grillina per parlare in prima persona con i rappresentanti del M5S e comprendere meglio le loro ragioni, ma per consolidare l'immagine della sua disponibilità e apertura al confronto e rendere "visibile" la differenza con Grillo, oltre che l'assenza obbligata dal tavolo di discussione del grande sconfitto delle elezioni europee.

Ogni "puntata" della politica in streaming va dunque presa per quella che è, ovvero una messa in scena complessa, con protagonisti perfettamente consapevoli di essere su un "palcoscenico". Con questa premessa può essere interpretato il match in streaming sulla legge elettorale tra Renzi e i suoi tre accompagnatori (Speranza, Moretti, Serracchiani) e la delegazione del M5S con il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, i capigruppo di Camera e Senato Brescia e Buccarella e il deputato Toninelli.

L'evento è stato interessante sotto diversi aspetti. Tutti hanno esaltato l'incontro come momento di vera politica, anche se poi si sono comportati come avviene solitamente in un talk show (ad esempio bisticciando amabilmente sui tempi di parola). Comunque sia, gli uni e gli altri hanno contribuito alla retorica mistificante dello streaming come politica trasparente. Renzi più dei suoi interlocutori del M5S ha fatto ricorso a una comunicazione e a un linguaggio esplicitamente propagandistici, rivolti chiaramente a un ampio pubblico, con contenuti iper-semplificati e conglobati nella per lui consueta retorica finto-amichevole e simpatica: battute, frecciate, "buttate in ridere"... Allo stesso modo, Di Maio, con minore abilità e con tutta la difficoltà di rappresentare una parte sconfitta costretta ad andare a Canossa dall'ebetino e a intavolare una trattativa tardiva, ha usato un repertorio classicamente grillino. Moderato sì, ma moralista e accusatorio, anche se con il sorriso sulle labbra.

Altrettanto interessante è stato osservare che alla retorica a effetto di Renzi e di Di Maio, si è contrapposto un modo di "stare" nello streaming piuttosto diverso, quello di Toninelli, l'autore della legge elettorale "dei cittadini". Toninelli è parso soprattutto interessato a presentare e a argomentare le proprie ragioni con un linguaggio semplice, ma preciso, e argomenti non privi di una coerenza logica (ci riferiamo alla serietà e alla pertinenza della discussione; nel merito reputiamo pessimo il progetto di legge elettorale del M5S e l'idea di interpellare i cittadini via web una solenne sciocchezza). Gli interventi di Toninelli sono stati, in altri termini, una piacevole sorpresa, poiché hanno mostrato come anche in un contesto "recitativo" sia possibile argomentare in modo efficace e ragionevole.

In particolare, molto utile è stata la discussione tra Renzi e Toninelli sul tema della "governabilità", per chi ha voluto coglierne le implicazioni. L'esponente del M5S, che non è stato molto convincente nello spiegare l'efficienza della sua proposta in ordine alla formazione di maggioranze di governo, è stato invece molto efficace e chiaro a mettere in discussione il concetto di "governabilità" utilizzato da Renzi. Come aveva già osservato nelle sue memorabili lezioni del 1955 Giovanni Sartori, spesso il linguaggio comune prende a prestito dalle scienze proposizioni e termini svuotandoli, però, del significato loro proprio. Così ha fatto Renzi, confondendo l'idea della governabilità come condizione data da un contesto politico-istituzionale che fornisce agli attori di governo gli strumenti per perseguire i propri obiettivi, con la possibilità che un sistema elettorale consenta di individuare attraverso il voto la maggioranza di governo.

Si tratta di cose molto diverse, come ha appunto rilevato Toninelli, distinguendo le due questioni e ricordando come l'incentivo ad allargare la propria coalizione per ottenere la vittoria, caratteristico sia del Mattarellum, sia del Porcellum e ora dell'Italicum, non garantisca affatto la governabilità, fornendo piuttosto un incentivo alla eterogeneità delle maggioranze. Gli effetti collaterali del Mattarellum e del Porcellum sono peraltro storicamente documentati, visto che dal 1994 non vi è stata legislatura in cui le maggioranze politiche uscite dalle urne non si siano poi gravemente divise o irrimediabilmente spaccate in Parlamento.

Se l'incontro non fosse stato in streaming forse Renzi avrebbe potuto essero sincero, accettare l'obiezione e ammettere che alle condizioni date non era stato possibile fare meglio e che si era privilegiato l'obiettivo della formazione della maggioranza, sacrificando sull'altare del compromesso quello degli incentivi all'omogeneità delle coalizioni. Ma si era in streaming e le esigenze dello spettacolo (e della propaganda: quello della governabilità come predeterminazione delle maggioranze è un argomento molto "popolare") hanno preso il sopravvento.