Tutti ne parlano, ma nessuno s'interroga davvero sull'Europa. La usano come la panna o il dado in cucina: ingredienti per dare sapori a tutti i costi, ma che in realtà coprono i veri sapori. Ma cosa è davvero l'Europa?

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La compagnia di giro degli ospiti di talk show politici si muove così, da uno studio tv all'altro, con libri a sottotesto Europa tutti simili per esiguità e titolazioni, con frasi fatte che stancamente uguali vanno ripetendo in tutti gli studi ad un pubblico che non c'è più, che nessuno capisce più, che probabilmente è morto.

Tutti parlano d'Europa, ma nessuno si interroga più sull'Europa in quanto tale. Le uniche domande sono su fenomeni presi a pretesto per appoggiare questa o quella tattica politica, di questo o quel partito, che tutti privi di orizzonti strategici vivono nella quotidianità della facile demagogia, di questa o quella tattichetta di Italia ancora ferma ai feudi. Poi se qualcuno parla di Europa in termini di sistema, di valori-ideali-ecc. viene preso a (per ora ancora metaforiche) sassate perché "non capisce la realtà di chi deve mandare avanti la famiglia con 1000 euro al mese".

L'Europa è diventata come la panna o il dado o il glutammato, che, molto usati da chi non sa cucinare, servono per dare sapori a tutti i costi, ma in realtà li coprono, ammantano tutto il piatto della propria incapacità nel lavorare gli alimenti. Ma gli ospiti mangiano, comunque. Si convincono che quella roba sia cucinare.

Europa organica o funzionalista - famiglia o condominio? Questo dilemma è scomparso o è ancora attivo? Questo dilemma per trent'anni del nostro secondo dopoguerra è stato alla base della dialettica sull'Europa. Come si farà la costruzione europea, come dovrà essere? Se lo domandavano tutti, all'epoca.

Famiglia o condominio? Prima si è optato per il condominio, nel quale tutti vivono in uno stesso palazzo, con porte ben chiuse, ognuno con i propri interessi e la propria vita privata, ma tutti ben attenti a che le scale siano pulite e l'ascensore funzionante e il portiere efficiente. Urla e grida nelle riunioni di condominio, però, perché ognuno vorrebbe che il palazzo comune fosse una metafora di casa propria - ma il palazzo non è una casa. Il palazzo è comune. Poi si è fatto il grande salto. Dall'Europa condominio funzionale ai diversi interessi dei condomini, al progetto di Europa famiglia. Dove non dovrebbero esistere "gli interessi" ma "l'interesse" univoco della famiglia come nucleo.

A questo punto l'immaginario europeo ha fatto crack. L'Europa famiglia è diventato un agente psicologico e ideologico usato e sfruttato dai singoli familiari esattamente come la famiglia umana e usata è sfruttata psicologicamente dai suoi appartenenti. La famiglia è la ragione di tutto quando serve una ragione a cui appellarsi, la famiglia è la causa di tutto quando serve una causa sulla quale recriminare. La famiglia è tanto il vincolo che ci unisce quanto la legge contro cui si inveisce. Fede e bestemmia.

Per molti, poi, l'Europa non può essere famiglia... perché geneticamente non lo è. Via dall'Euro, via dai vincoli, via dai tetti obbligati, via dal fiscal compact (che ognuno racconta liberamente a modo suo, chi a forma di pera, chi di banana, chi di astronave, a seconda delle facce del pubblico e dei lettori), via da tutto. L'Europa è una invenzione, dicono, l'Europa è una astrazione, pensano, l'Europa è Frankestein.

Ma da dove viene l'idea di Europa con la quale facciamo i conti? Scrive Erodoto: «Dell'Europa nessuno al mondo sa se sia circondata dal mare, né da dove abbia tratto questo nome, né si conosce chi gliel'abbia dato...» (Le Istorie, IV, 46).

Sono passati millenni. Ora dell'Europa sappiamo molto di più circa le origini del suo nome, ne conosciamo la geografia, ma forse da cosa sia circondata non lo abbiamo ancora capito, Da cosa è circondata? Mari e monti, certo, ma a quale Europa ci riferiamo? L'Europa, come qualsiasi costrutto culturale, non è data da geografie e certificazioni, ma da flussi di idee e ideali che nel corso degli anni, dei secoli e dei millenni si trasformano in forme e formule sempre diverse.

L'Europa di oggi non ha nulla a che vedere con le proiezioni culturali dell'antica Grecia, con il concetto di superfetazione dell' impero romano, non ha più nulla a che vedere con la fame di terre di Carlo Magno, non ha più nulla a che vedere col concetto di luogo della cristianità diffusa e temporale, e non ha più nulla a che vedere con il campo di battaglia della faida tra cattolici e protestanti, e neanche con la necessità di emanciparsi dalle spinte espansionistiche dell'impero francese, di Napoleone, dell' impero austriaco - e della Prussia, dell'Impero tedesco e della Germania nazista che in tre filosoficamente sono uno.

È passato tempo da quando nel 1848 Carlo Cattaneo scriveva: «L'oceano è agitato e vorticoso, e le correnti vanno a due capi: o l'autocrate, o gli Stati Uniti d'Europa», e l'anno seguente ribadiva la sua idea: «Il principio della nazionalità dissolverà i fortuiti imperi... e li frantumerà in federazioni di popoli liberi. Avremo pace solo quando avremo gli Stati Uniti d'Europa».

Oggi l'Europa è altro. L'Europa di adesso nasce dalla necessità di ritrovare e addirittura inventare una identità sempre latente ma mai condivisa realmente se non a forza di Imperi e mazzate e rivoluzioni e moti quasi sempre fallite. È una identità che alla fine della seconda guerra mondiale diventa necessità. Nel 1939 l'Europa è una idea geografica e culturale – nel 1946 l'Europa è una lunga serie di Stati più o meno morti e in coma irreversibile, che si sono scannati gli uni contro gli altri per secoli. Ma geografia e cultura sopravvivono alla morte e al coma degli Stati fascisti e democratici dell'epoca che con la loro vicendevole aggressività e fragilità hanno decretato la propria sacrosanta fine. Nel 1918 era finito l'800, nel 1945 è stato finalmente seppellito. E quindi nel '46 quando Churchill parla della sua famosa cortina di ferro calata "dal Baltico a Trieste" l'Europa è nella fossa.

Bisognava, all'epoca, imparare a pensare all'Europa, se si voleva sopravvivere. Gli stati europei non avevano più alcun potere. Il nazismo (che nella filosofia politica si chiama fascismo, con tutti i casini e i fraintendimenti che ne conseguono) e il fascismo erano un cancro che è stato curato da due medici (Usa, Urss) non europei, e da un terzo medico, il Regno Unito, che, forte del proprio insularismo congenito e della propria autoreferenzialità imperiale, dell' Europa è sempre stato un "osservatore" interessato, ma extraterritoriale. Lo era anche nel calcio d'altronde, e questo non è un paragone fesso, l'ideologia si compie e si chiarifica nei fenomeni apparentemente più laterali.

Nel '46, quindi, l'Europa non c'era, bisognava farla. E lentamente fu fatta. Serviva fortemente agli americani, che decisero di finanziare una nuova idea di Europa in due tempi. Primo tempo: Europa come terza forza nel Mondo, eterodiretta dagli USA in chiave anti-Sovietica, e grande mercato di espansione dei prodotti americani. Secondo tempo: Europa sempre grande mercato, sempre terza forza, ma autodiretta e indipendente dagli USA come forza militare di contrapposizione all'Urss, in modo da non gravare più sui bilanci di Washington.

Dall'altro lato c'era Mosca. Che si prende metà Europa, che invece di finanziarla la annette, e che le toglie lo statuto stesso di Europa. Questo è un problema che ci riguarda ancora. E difficile far capire ad uno xenofobo italiano, solitamente ignorante come una capra, che Polonia (che in parte è la Prussia di una volta), Ungheria, ex Cecoslovacchia e via dicendo, storicamente sono più Europa, nel senso di Mitteleuropa, dell'Italia.

Mosca, e con essa tutti i partiti comunisti occidentali, ovviamente era ben contraria all'Europa democratica (eufemismo) che si andava costruendo a ovest. Ma quell'Europa, la nostra Europa, era l'unica possibilità che avevamo per costruirci un futuro. Per sopravvivere e prosperare nei mercati, per rafforzare le logiche libertarie. Lo sapeva De Gasperi, lo sapeva il francese Jean Monnet, lo sapeva il tedesco Konrad Adenauer, e lo sapevano Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni che nel 1941 durante in confino fascista nel loro cosiddetto "Manifesto di Ventotene" scrivevano: "il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani. (...) Un'Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna (...)". Erano giovani intellettuali, e all'epoca gli intellettuali studiavano filosofia e avevano accenti idealistici. Colorni, sotto il falso nome di Franco Tanzi, fu ucciso dai fascisti nel '44. Spinelli diventerà bandiera dell'europeismo del dopoguerra, Rossi passerà la vita a incazzarsi - a ragione - contro i "padroni del vapore", che gli devono l'appellativo.

Poi l'Europa si è fatta. C'era chi voleva il condominio e chi voleva la famiglia. La strada l'hanno spianata insieme. Il condominio è stato il punto di partenza più realistico per poter giungere alla famiglia. Ma, se idealisticamente la famiglia è il più alto punto raggiungibile, psicologicamente e ideologicamente è il più problematico. Regole, norme, attribuzioni, rendite di potere, eredità, alleanze, la vita familiare è complessa. E poi c'è sempre il parente povero. Conviene aiutarlo o farsi svendere la sua proprietà?

Abbiamo antropomorfizzato e psicologizzato il concetto d'Europa, e così l'abbiamo talmente tanto interiorizzato da averlo disintegrato nel nostro perenne conflitto interiore tra libertà/legge, sicurezza/insicurezza, amore/odio, costruzione/morte. Quindi ormai, il concetto di Europa, che ne siamo consapevoli o inconsapevoli, è intimamente nostro.

Nella comunicazione e nell'immaginario politico l'Europa non è più il fine da raggiungere, ma il mezzo per mettere in discussione. Questo vuol dire che il concetto di "famiglia europea" è stato del tutto assunto, oserei dire sfortunatamente, perché a ragion di ciò adesso, vista la contingenza storica, è pronto per essere distrutto. Nei momenti di crisi interiore l'uomo reagisce azzerando sé stesso, e tutte le metafore di Super Io e istituzione – e quindi la famiglie e lo Stato. Quindi l'Europa.

La nostra società frustrata, pulsionale, irrisolta, straziata dai rimossi, finalmente può vedere nell'Europa la causa e ragione di tutti i mali, proprio perché finalmente è intrinsecamente europea. L'Europa unita è ufficialmente fatta e interiorizzata. Quindi possiamo dirne tutto e il contrario di tutto, massacrarla, incolparla, e dire che senza di essa si vivrebbe meglio. Ma è una simulazione. Come quelli che per cinquant'anni minacciano di lasciare la famiglia, e poi, all'ora di pranzo, eccoli coi piedi sotto il tavolo a bere e mangiare. Tirando cristoni se nel piatto c'è troppo o troppo poco sale.