Calderisi stop

Sebbene sia chiaro che è la volontà politica a far sì che le leggi vengano approvate e le riforme condotte in porto, è altrettanto evidente che il bicameralismo perfetto sia uno strumento potentissimo nelle mani di chi lavora per l’immobilismo e lo status quo.

Ha ragione Francesco Cancellato a ricordarlo su Linkiesta, partendo dalla storia emblematica dello ius soli: una proposta di legge approdata per la prima volta in Parlamento 13 anni fa, e da allora è rimbalzata dalla Camera al Senato e dal Senato alla Camera senza che entrambe le camere abbiamo mai votato lo stesso testo. E se approvare le leggi è questione prima di tutto di volontà politica (è ancora una volta il fallimento dello ius soli a ricordarlo), questa volontà può esplicitarsi, allo stato attuale delle cose, solo attraverso il ricorso alla decretazione di urgenza e al voto di fiducia. Se un governo non fa propria una proposta di legge e non usa gli strumenti “eccezionali” che la Costituzione gli mette a disposizione per aggirare gli ostacoli parlamentari, difficilmente quella legge vedrà mai la luce, soprattutto se si tratta di una legge di riforma che urta contro gli interessi organizzati di gruppi di potere, piccoli o grandi che siano.

Allo stesso modo ha ragione Carlo Calenda a ricordare come il nodo irrisolto della stratificazione dei centri di decisione locali e nazionali sia in grado di bloccare ogni tentativo di modernizzazione infrastrutturale del Paese in un gioco di veti, ricorsi alla giustizia amministrativa e ordinaria, trattative estenuanti che non vedono mai la fine. Un corto circuito la cui origine “costituzionale” non risale neanche alla volontà dei costituenti, ma alla riforma malfatta del titolo V della Costituzione che risale al 2006, in piena Seconda Repubblica. La sola regione Puglia è in grado di offrire un’intera letteratura di evidenze di questi imbuti istituzionali, dal caso della Xylella a quello del Tap, passando per la drammatica vicenda dell'Ilva.

Se è vero che il 4 dicembre del 2016 i cittadini italiani hanno respinto la proposta di modifica della Costituzione proposta dal Parlamento, è vero anche che i problemi ai quali quella proposta di riforma tentava di offrire una soluzione sono ancora tutti lì, e come tutte le cose che invecchiano, con il tempo tendono a peggiorare. Nessuno sembra oggi avere troppa voglia di tornare a scottarsi le dita con progetti di modernizzazione dell’architettura istituzionale del Paese ma la questione di trovare (tentare di trovare) strade percorribili e spazi di agibilità politica per riforme che offrano soluzioni possibili a problemi reali resterà aperta anche nella prossima legislatura.

@giordanomasini