dimaiosenato

Che siate imprenditori o lavoratori è capitato a tutti di doversi misurare prima o poi con un colloquio di lavoro, un momento importante nel quale cerchiamo di valorizzare il nostro bagaglio di esperienze e conoscenze, per avviare o migliorare la carriera lavorativa o, se siamo degli imprenditori, per ricercare nuove forze utili ad accrescere il nostro potenziale produttivo.

Tutti quanti sappiamo quanto siano importanti i cosiddetti skill, ovvero le pregresse attività lavorative e formative e le abilità connesse, che dovrebbero convincere il nostro interlocutore che siamo un buon investimento o, se a investire fossimo noi, che il candidato è davvero utile a rendere più redditizia la nostra impresa. Immaginiamo che si presenti nei nostri uffici un simpatico ragazzo con il seguente curriculum :

“Vivo a Pomigliano D’Arco, svolgo la professione libera di webmaster, sono studente presso la Facoltà di Giurisprudenza e scrivo come pubblicista presso alcune testate locali. Ho conseguito il Diploma di Liceo Classico nel 2004 con il massimo dei voti.
 Nel corso della mia vita ho avuto l'occasione di cimentarmi in diverse esperienze lavorative: steward presso la tribuna autorità dello stadio San Paolo di Napoli, assistente regista di Ernesto Dello Jacono (allievo di Eduardo De Filippo), tecnico/riparatore computer hardware, agente commerciale, manovale presso un'impresa edilizia, cameriere.”

Le esperienze lavorative sono irregolari e discontinue, prive di un “centro” tecnico-professionale riconoscibile. Più che le attività svolte, ad apparire dequaficato ci sembrerebbe, a prima vista, proprio il nostro interlocutore, un po’ smanettone, un po’ artista, un po’ manovale, un po’ venditore e un po’ cameriere – ma davvero “niente” di tutto questo.

Forse la cosa sarebbe diversa se il nostro candidato avesse un curriculum formativo convincente, magari una laurea, con qualche master, in Italia o all’estero, e qualche specializzazione post-universitaria guadagnata facendo i tanti lavoretti in cui dice di esserci cimentato. Qui la situazione si complica ancor di più, visto che per il giovane in questione, con uno smagliante sorriso ed una buona sicurezza di sé, ha come solo capitale un diploma (a pieni voti). Non ha concluso il percorso universitario, ma l’ha iniziato più di una volta, avendo prima scelto ingegneria per poi approdare a giurisprudenza, che con la prima ha veramente poche attinenze. A questo punto cominciamo a pensare che il giovanotto sia il classico fuori-corso, un po’ accidioso e un po’ confuso e non sappia bene cosa voglia fare nella vita, ma vogliamo dargli comunque un’opportunità e continuiamo il colloquio.

Cerca di impressionarci e cala il suo asso di bastoni sul tavolo. Dice di impegnarsi nella società civile e di aver anche intrapreso una carriera politica. Nel 2010 si è candidato alle elezioni comunali a Pomigliano D'Arco come consigliere, ma è stato sfortunato in quanto nonostante le 59 preferenze non è stato eletto. Una veloce ricerca su Google ci permette di sapere che Pomigliano ha circa 40.000 abitanti e se tanto ci dà tanto 59 preferenze non rappresentano neanche la somma di amici e parenti del giovanotto. Le nostre perplessità diventano confusione totale quando ci dice che nel 2013 con ben 189 click è riuscito a farsi eleggere deputato e successivamente ad essere eletto a una delle massime cariche dello Stato, divenendo vice Presidente della Camera.

Poi la confusione lentamente si dirada… Il giovanotto, di mestiere, ha fatto politica (nessuno scandalo: anche De Gasperi e la Merkel hanno fatto politica di mestiere) e gli unici veri soldi della sua vita li ha guadagnati arrivando in Parlamento, a rappresentare un partito che però disprezza i politici di mestiere e che rastrella la gran parte dei consensi promettendo di sostituire la democrazia rappresentativa e il sistema dei partiti con una forma di autogoverno web rigorosamente no-cost.

A questo punto cominciamo a ricrederci: forse non avevamo capito nulla di questo bel giovanotto. Lo avevamo giudicato male perché solo un genio può arrivare tanto in alto senza aver dimostrato nulla e facendo esattamente ciò che più dice di disprezzare. Sicuramente ha doti nascoste che neanche immaginavamo lontanamente. Una sorta di personaggio doppio, capace di recitare tutte le parti in commedia, abile e spregiudicato. In fondo una persona così potrebbe servire alla nostra impresa. Potremmo impiegarlo nell’ufficio commerciale, per provare a sfondare all’estero, dove gente come lui, che evidentemente sa stare al mondo, potrebbe funzionare.

Gli chiediamo della delicata situazione in Venezuela e lui prima si confonde penosamente sul suo passato – il Presidente Pinochet – poi equivoca sinistramente sul suo presente, pronendo il golpista Maduro, insieme a Raul Castro, come mediatore in Libia…

Per uno che dovrebbe aiutarci a esportare in Romania, le sue parole sui deliquenti rumeni esportati in Italia – che ripete in un delirio di enfasi patroiottica – non sono uno straordinario biglietto da visita. D’altra parte, visto che un suo amico e collega, malgrado la laurea, pensa che Napoleone abbia combattuto ad Auschwitz, dovremmo pensare che le cattive compagnie lo abbiano un po’ condizionato. Oramai il giovanotto è però in piena trance agonistica e allora sbraca cominciando a parlare di “lobby di malati di cancro” e di morti che percepirebbero i vitalizi, confonde psicologi con sociologi, vanta influenze su ambasciate straniere quando invece parla con un centralino e utilizza i congiuntivi a piacimento, con una grammatica creativa.

Cerca anche di convincerci che con lui in azienda tutto volgerà per il meglio e che finalmente potrà applicare nel “privato” tutti i principi che ha predicato nella vita pubblica. Vaneggia di decrescita, di redditi senza lavoro, di referendum sull’euro, di divieto di delocalizzazione e di chiusure protezioniste, che però ci impedirebbero di esportare – e quindi anche di pagargli lo stipendio, no?

Se le cose andranno male sarà comunque colpa della Merkel, e dell’austerità, perché l’Europa matrigna è la fonte di tutti i nostri problemi. E a quel punto - quasi declama - potremmo eventualmente convertire la nostra azienda e metterci produrre vaccini (ma noi, Giggino, non produciamo vaccini?!), continuando nondimeno a sostenerne la pericolosità, ma solo a giorni alterni, così da assicurarci almeno il 50% del fatturato, forti della garanzia del reddito di cittadinanza che i suoi amici, giunti finalmente al governo, non riserverebbero solo ai cittadini, ma anche alle imprese… A questo punto quanti imprenditori assumerebbero il giovanotto e quanti chiamerebbero l’ambulanza?