I tre milioni di elettori che sono andati a votare per il segretario del Pd e i due milioni che hanno plebiscitato Matteo Renzi hanno perso, nel giro di una mattinata, l'onore delle prime pagine a vantaggio del Comitato 9 dicembre, che con poche migliaia di militanti ha fermato l'Italia e zavorrato le speranze aeree e "buone" del neo-segretario del PD con il peso delle rivendicazioni terragne e "cattive" di un terzo stato borghese, incline a reagire all'assedio (delle tasse, dello Stato, dello straniero...) con l'isolamento e a montare la guardia tricolore al confine dell'Europa nemica.

forconi

 

Prima di capire cosa e chi sia dietro queste avanguardie rumorose (non c'è un puparo, lo si cercherebbe inutilmente) occorrerebbe capire cosa ci sia dentro il rancore muto della maggioranza silenziosa, che rappresenta il retroterra non solo sociale, ma anche ideale di questi fuochi. E dentro c'è un'Italia profonda (artigiani, commercianti, padroncini che il lavoro autonomo non ha emancipato, ma proletarizzato, non riscattato, ma intrappolato nel lavoro in perdita) che mischia sacrosante ragioni e inemendabili torti. C'è un'Italia bottegaia, che dell'autonomia ha imparato la rendita e disimparato il rischio e pretende la garanzia, non l'opportunità. C'è un'Italia che si ribella contro un fisco ladro, ma in primo luogo e purtroppo si rivolta contro l'idea che il mercato sia una regola, non un insieme di piazzole in cui gli "aventi diritto" piazzano il proprio banchetto – e gli altri no. C'è un'Italia che ha addomesticato gli spiriti animali del capitalismo nella piccola solidarietà corporativa e nel cane-non-mangia-cane delle "categorie". C'è un'Italia a numero chiuso, a cui non tornano più i conti.

Forse Renzi e il suo Pd "giovani e donne" è troppo carino per far breccia nel ceto medio proletarizzato e per conquistare il cuore di quell'Italia ferita, che vuole contraccambiare l'oltraggio e infliggere alla "politica" la punizione per un impoverimento di cui non vuole sentirsi né responsabile, né meritevole. Renzi e la sua constituency non sono forse rappresentativi di quell'elettore mediano, che i forconi incitano all'insurrezione, ma rappresentano almeno un'alternativa popolare alle parole d'ordine di queste piazze, essendo stata quella pedagogica e rigorista (quella montiana) sacrificata all'impopolarità dal lavoro sporco dei tempi grami e poi abbandonata al suo destino da quelli, che in teoria, avrebbero dovuto difenderne le ragioni e l'onore (la crème del nostro capitalismo di relazione, da Via Solverino in giù).

Quell'Italia profonda (che le frange ultrà, il teppismo criminale e l'antagonismo di destra non rappresentano, ma cavalcano fomentando il disordine) non può essere battuta senza essere, per grandi numeri, riconquistata a quella speranza che i forconi, vendicando la disperazione dei perdenti, non sanno promettere, né fare immaginare. Dei tre player della politica italiana, Renzi è oggi l'unico che può parlare anche a quest'Italia senza essere costretto ad accodarsene, come fa Grillo e come farà Berlusconi. Avere demolito il monopolio ideologico della CGIL sulla sinistra potrebbe non bastargli, ma certo lo aiuta. Certo è che questa Italia è molto "grossa", assai di più del popolo dei gazebo che l'ha portato al Nazareno.