Canale monumento

L'Italia attraversa un periodo di profondo cambiamento, sotto il profilo sia politico sia economico, e l’appuntamento referendario ne rappresenta un passaggio di importanza storica, perché riporta al centro del dibattito pubblico la cultura costituzionale e, quindi, lo stesso concetto di identità della democrazia.

Non può essere solo una questione di approccio binario alla riforma (sì/no), ma diventa l’occasione per riflettere e ragionare di nuovo di politica 'alta' del Paese (nell’accezione fondante di πόλις) ed è per questo motivo che nella campagna referendaria in corso non dovrebbero mai prevalere le ragioni partitiche e personali, che tendono a dividere, sulle ragioni culturali e costituzionali che, al contrario, possono unire.

Come sarà decisivo conservare all’indomani del voto, qualunque sarà l’esito del quesito referendario, le ragioni del come e del perché “stare insieme”, contenute nella prima parte della Costituzione che, è bene ricordare, resterà intatta e inviolata.

Partecipazione e coscienza civica per superare l’immobilismo

Dopo decenni di dibattito, durante il quale a più riprese e con diversi protagonisti si è cercato di riformare la parte ordinamentale della Carta, e due anni di intenso lavoro da parte delle due Camere, il Parlamento ad aprile ha approvato a maggioranza una riforma della Costituzione che, in estrema sintesi, vuole raggiungere alcuni obiettivi di “manutenzione straordinaria” del testo: porre fine al bicameralismo paritario, modificare il Titolo V sulle competenze degli Enti locali, introdurre innovazioni all’elezione del Presidente della Repubblica, abolire il CNEL, aprire la possibilità di introdurre referendum anche propositivi su nuove leggi.

Per prendere una posizione sul quesito occorrerà esprimere un giudizio complessivo e “naturalmente” sintetico, senza “se” e senza “ma”, in quanto è nella natura stessa del quesito referendario il rischio di ridurre la complessità dei temi ad una espressione organica in grado di “misurare” la partecipazione. Ma proprio per rafforzare questo principio di democrazia, è auspicabile che ciò avvenga sulla base di un ragionamento articolato e completo, in grado di abbracciare sul merito i diversi punti toccati dalla riforma e fondato su una propria motivazione di fondo.

Sarà, allora, determinante valutarne la coerenza d’insieme per meglio focalizzare l’attenzione su cosa si vuole cambiare e a quali problemi esistenti si vuole dare una risposta, in una prospettiva di sviluppo e di crescita. Un esercizio e un atteggiamento indispensabili a rafforzare la coscienza civica e ad agire quella partecipazione attiva che rende consapevole di sé una comunità.

Valutare il processo riformatore senza pregiudizi e personalizzazioni

Da questo punto di vista a me la riforma fa venire in mente, al di là delle questioni tecniche e pur sapendo che saranno necessarie ulteriori modifiche migliorative in futuro, un adattamento richiesto dal nostro tempo per meglio affrontare problemi esistenti, urgenti e tuttora irrisolti: le lungaggini nell’iter legislativo che possono annidarsi nel bicameralismo uguale e paritario (modello che molte delle democrazie occidentali hanno già da tempo evoluto), il ricorso alla decretazione d’urgenza troppe volte blindata con il meccanismo della fiducia, i contenziosi amministrativi sui conflitti di competenze tra Stato e Regioni su materie come il turismo e l’energia e pertanto la conseguente perdita di competitività, sovente a causa di queste dispute, del sistema Paese.

In buona sostanza, un primo tentativo di rendere più agile il processo legislativo e al tempo stesso di chiarire alcuni suoi aspetti, anche attraverso la semplificazione di procedure ad oggi rivelatesi controverse, indispensabile per avviare un processo di effettiva modernizzazione del Paese.

Un’occasione di crescita democratica

Questa, ci tengo a dirlo, è un’opinione sedimentata a livello personale, quello che mi preme davvero sottolineare è come sia importante che ogni cittadino elabori la propria decisione entrando nel merito, andando alla sostanza delle cose, lasciando fuori dai propri ragionamenti gli stereotipi, le personalizzazioni e le strumentalizzazioni politiche del testo.

La Costituzione è una cosa troppo seria e ci riguarda in prima persona, abbiamo tutti la responsabilità di dire la nostra con il referendum popolare, così come hanno voluto i Padri costituenti con la previsione dell’articolo 138 della Carta. Questa sarà la vera sfida culturale: la condivisione alta del principio democratico insito nel referendum e la consapevolezza di incidere su un cambiamento come esercizio di “leadership civica”.