profughi baobab

La Prefettura è quella istituzione che ha l’autorità di sequestrare una ruspa quando c’è una calamità naturale. Anche se con quella ruspa stai lavorando nel tuo cantiere, e a fermare i lavori ci rimetti soldi, se c’è un alluvione o un terremoto il Prefetto può portartela via. Un prestito forzoso, diciamo, che prescinde da ragioni di proprietà e di diritto. Cause di forza maggiore, si chiamano. Nelle stesse circostanze, il Prefetto, così come il Sindaco, ha anche il potere di requisire le strutture ricettive o addirittura le abitazioni private per ospitare gli sfollati. Se andate a leggere il piano di emergenza sismica del vostro Comune, sempre che il vostro Comune ne abbia uno, vedrete probabilmente un intero capitolo dedicato alle requisizioni.

Ora, a ogni Prefetto vengono assegnati un tot di profughi, ed è un tot spesso molto consistente, dell’ordine di diverse centinaia. E insieme ai profughi, viene loro data la responsabilità di trovare una sistemazione per il periodo in cui la pratica della richiesta di asilo viene accolta o respinta, nei termini di legge, usando il potere di cui dispongono. Ed è comprensibile che sia così, perché l’arrivo - gradito o meno, non sta alle Prefetture giudicarlo - di alcune centinaia di persone senza dimora nel territorio di una provincia è una emergenza paragonabile alla presenza di alcune centinaia di sfollati dopo un terremoto.

Per cui, in assenza di strutture disponibili - non gratuitamente, ma in cambio di risorse economiche consistenti - i Prefetti possono requisire strutture ricettive private, e in alcuni casi - come a Gorino - arrivano a farlo. Questo è il lato emergenziale dell’accoglienza, e come tale viene gestito con modalità emergenziali. La differenza tra quel che succede dopo un terremoto come quello della scorsa notte nell’Italia centrale e quello che invece accade con l’arrivo di pullman carichi di migranti, è che nel primo caso difficilmente i titolari di ostelli e alberghi rifiutano di metterli a disposizione delle autorità, e chi dovesse farlo non incontrerebbe la solidarietà, ma il biasimo dei suoi concittadini.

C’è però un altro modo per gestire l’accoglienza: i Comuni possono - da soli o attraverso progetti che coinvolgano anche privati, associazioni, ecc. - fare richiesta di un numero di migranti che loro, i Comuni, giudicano congruo e sostenibile per la loro comunità, attraverso i bandi SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Ministero degli Interni. Trovare loro la sistemazione che ritengono più adatta, e in cambio ricevere le risorse che altrimenti andrebbero solo alle cooperative che gestiscono, spesso in regime di monopolio, l’accoglienza dei rifugiati, e che tolgono dal fuoco delle Prefetture castagne molto roventi. E restituire parte di queste risorse alle comunità attraverso servizi pubblici e attività che mitighino l’impatto che deriva dalla presenza improvvisa dei migranti.

Però circa metà di questi bandi vanno deserti, i fondi non vengono assegnati, e la gestione dell’accoglienza resta necessariamente in mano alle Prefetture. La ragione è semplice: gli amministratori locali hanno paura di prendersi la responsabilità di “governare” un fenomeno che potrebbe avere ricadute negative in termini di consenso. Preferiscono aspettare che gli immigrati arrivino attraverso le Prefetture che gestiscono il problema con procedure di emergenza, per poter dire ai loro concittadini: “non siamo stati noi, non ci hanno nemmeno avvertito, non potevamo farci nulla”. In parole povere, preferiscono che i loro concittadini si facciano carico di un problema più grosso, per non essere additati come responsabili di un problema più piccolo e più sostenibile.

Il bel resoconto di Daniele Oppo sui fatti di Goro e più in generale sulle vicende legate all’accoglienza in provincia di Ferrara racconta proprio questo: le Prefetture agiscono in condizioni di emergenza quando altre strade sono precluse, ed esiste un rapporto diretto tra il fatto che i Comuni rifiutino di partecipare ai bandi SPRAR e la ricerca, a volte anche attraverso modalità discutibili come la requisizione di una struttura ricettiva privata, di sistemazioni di emergenza. Se i Comuni non si fanno autonomamente carico del problema - e hanno l’opportunità di farlo - finiscono per subire l’impatto di arrivi improvvisi, gestiti da altri, per i quali la cittadinanza sopporterà solo le esternalità negative senza riceverne alcuna compensazione in cambio. E’ una situazione che non riguarda solo il ferrarese, ma è comune a molte province italiane.

A monte di tutto questo c’è però un altro corto circuito, del quale tanto i Sindaci quanto i Prefetti, e a maggior ragione i cittadini, scontano le conseguenze. Questo grafico - la fonte è il Ministero degli Interni - mostra come gli arrivi nel nostro paese, negli ultimi tre anni, siano sostanzialmente costanti. Nel 2016 sono sbarcate più persone rispetto al 2015 (poche di più, nel periodo gennaio-ottobre) e un po' meno rispetto allo stesso periodo del 2014.

trend sbarchi

 

Quest’altro grafico mostra invece l’accoglienza: qui le cose cambiano radicalmente.

 

trend accoglienza

A questo link c’è l’intera serie di grafici. Mentre gli anni scorsi l’Italia non applicava il trattato di Dublino, che obbliga il paese di primo approdo a offrire asilo al rifugiato, e lasciava che la maggior parte dei profughi si dileguasse dalle strutture di prima accoglienza per andarsene di soppiatto verso altri paesi europei, ora non può più farlo, e quindi siamo obbligati a farci carico del problema nella sua interezza, da soli o quasi. Quindi le persone alle quali dobbiamo dare, in un modo o in un altro, accoglienza, sono aumentate rispetto al passato. Da una parte c’è un trattato che andrebbe rivisto - le circostanze sono cambiate rispetto a quando è stato firmato - dall’altra c’è lo scarso interesse da parte di molti paesi a cambiarlo, perché cambiarlo significherebbe farsi carico di un numero maggiore di migranti, e pagarne il costo politico alle prossime elezioni. Ma in questo modo contribuiscono all'incancrenirsi del problema.

In fondo è lo stesso corto circuito del consenso che impedisce ai Sindaci di partecipare ai bandi della rete SPRAR, quando sarebbe probabilmente la cosa più razionale da fare.

@giordanomasini