Casaleggio padre figlio

Come recita il proverbio, quando il dito indica la luna, gli stolti guardano il dito. Soprattutto quando il dito appartiene alle Mani Pulite della politica manettara e dei tagliagole dell'o-ne-stà. La guerra per bande che si sta consumando all'ombra del Campidoglio, con i capi-mandamento del potere grillino impegnati a fottersi l'uno con l'altro e a rinfacciarsi accuse di tradimento e intelligenza con il nemico, è per l'appunto il dito e non la luna. E di questo dito scrivono i giornali, parla la TV, discute la rete e si indigna, correndo loro appresso, la "ggente".

Però il disordine morale e materiale in cui l'amministrazione della Raggi è precipitata prima ancora di muovere un passo, nel solo tentativo di riempire le caselle del Gabinetto e degli assessorati, non dipende dagli errori o dalle colpe del sindaco, dei suoi assessori, dei suoi dirigenti e dei suoi secondini (Grillo, Casaleggio jr, il direttorio, il mini-direttorio...), ma dall'oggettiva impossibilità di rendere governabile e governante, in modo democraticamente "normale", la fattoria degli animali grillina, che racconta di essere la piattaforma dell'immediato auto-governo degli uguali - e quindi di rifiutare le regole e le responsabilità della rappresentanza e dell'istituzionalizzazione politica - ma è di fatto assegnata all'etero-governo dei "più uguali" insigniti dei galloni del vice-comando dal "più uguale di tutti".

Alla prova dei fatti - della monnezza, del debito, dell'inefficienza e dell'anarchia, per così dire, "esistenziale" dell'amministrazione capitolina - non solo la macchina da consenso distopica e post-politica del tutto-subito, tutto-facile, tutto-pulito era destinata a schiantarsi contro il muro della realtà, ma anche il sistema operativo del M5S era destinato ad andare in crash. Quando in campagna elettorale i grillini cianciavano di bandi pubblici per la selezione degli assessori, vantando così un impegno di assoluta trasparenza, in realtà dichiaravano la propria impotenza e la propria resa preventiva a poteri "esterni".

La verità - ecco la luna indicata dal dito degli scandali, veri e presunti - è che il M5S, per come funziona, non ha nessuno, né potrà mai avere nessuno, cui affidare una responsabilità vera di governo, ma dovrà reclutarlo tra le fila di quei poteri contro cui retoricamente si scaglia e non sarà, di fatto, neppure in grado di controllarlo. È esattamente quello che è avvenuto. Muraro, Minenna, Raineri, Marra, De Dominicis non sono esponenti del M5S, né, come usa dire, tecnici d'area, ma pezzi di classe dirigente che si sono "fatti amici" (o, vogliamo dire, che sono "stati simpatici a"?) alcuni dei più uguali degli altri nella fattoria degli animali grillina.

Il M5S oggi non può che avere assessori o ministri che, a regole date, né potrebbero iscriversi al M5S né tantomeno essere candidati alle elezioni per il M5S, per l'assenza di un cursus honorum interno di disinteressata e eroica militanza. A decidere la candidatura della Raggi al Campidoglio, prima che il voto di 770.000 romani la eleggesse Sindaco, sono stati 1.764 grillini: pochi, selezionati, controllati e alienati per anni a discutere di cazzate, complotti e scie chimiche sul sacro blog e quindi meritevoli della fiducia di Napoleon Casaleggio. Non rappresentano, evidentemente, una forza politica che possa governare niente, selezionare una classe dirigente o elaborare proposte serie su temi - la finanza pubblica locale, la mobilità urbana, i trasporti pubblici, i rifiuti... - straordinariamente complessi.

Di questo problemino dovrebbero discutere seriamente i giornali, di questo suicidio annunciato che rischia di replicarsi sul piano nazionale e che porterebbe il Di Maio o il Di Battista di turno ad affidare al loro avvocato Sammarco pure la scelta del Ministro della Difesa o del Governatore della Banca d'Italia. Invece, fedeli anch'essi alla linea anti-Casta, preferiscono restarsene a valle del problema, a rovistare nel fango del "velinificio" mediatico-giudiziario e delle risse del direttorio nazionale e romano.

Dimenticando, o fingendo di dimenticare, che da almeno un quarto di secolo lo scandalismo su indagati, inquisiti, sospettati e mascariati, prima e al di là di qualunque processo o esito di indagine, detta i tempi e i modi della politica italiana e ha portato esattamente qui, al Casino Capitale della Giunta Raggi.

@carmelopalma