Ammutinati

Schäuble l’ha detto chiaro, lui vuole andare avanti così. L’Europa nelle mani del Consiglio, anzi di un gruppo selezionatissimo di stati che magari a Berlino, magari a Parigi ma non necessariamente a Bruxelles, si riunisce di tanto in tanto per decidere cose. Agenda, dibattito, indirizzo non nascono in Parlamento, non in Commissione. Funziona al contrario.

Funziona che l’Europa non è una ma ventotto, quasi ventisette. Ventotto o ventisette autorità di governo nazionale che usano l’istituzione comune come un capolinea di autobus in cui i capoccia sindacali si mettono d’accordo tra loro e decidono la rotta, il prezzo del biglietto, le fermate.

Secondo Schäuble all’Europa non serve ripartire dalle fondamenta - Trattati, Convenzione o roba così. Non serve impelagarsi in dibattiti europei sugli europei né tanto meno sugli attrezzi istituzionali che li possano rappresentare. Lui non vuole l’Europa degli europei, vuole l’attuale sistema reiterato di caminetti tra stati nazionali non eguali - Germania batte Francia, batte Italia, le batte anche due contro uno.

E Schäuble non è certo il solo a pensarla così. Il Ministro dell’Economia tedesco semmai è solo il più onesto dei leader nazionali fondativi che praticano il bi-tri-laterale ma cantano l’Europa. In Consiglio il caminetto si allarga ai colleghi di serie B, ma l’obiettivo di quelle photo-opportunity formato funerale non è decidere da, per o su l’Europa: l’obiettivo è far vedere chi comanda laggiù, il numero di telefono nazionale che Putin, Obama, Erdogan o chi per loro deve chiamare se vuol parlare con diciamo l’Europa.

Nemmeno i parlamentari europei riescono più a tenere dentro la frustrazione - loro che al contegno sono stati costretti ad abituarsi, in un Parlamento svuotato di senso e potere che, da simbolo di democrazia, è diventato simbolo di spreco (con la paradossale navetta intra-settimanale Strasburgo-Bruxelles sempre insopportabilmente lì perché sancita dai Trattati).
La plenaria del 5 luglio è stata una messa all’Europa istituzionale cantata col morto presente: il Presidente del Consiglio (il polacco conservatore Tusk) e il Presidente della Commissione (il popolare lussemburghese Juncker); officiante il Presidente del Parlamento (il socialista tedesco Schulz).

Discorsi decorosi, gravi come le macerie della Brexit impongono. Juncker, che è figlio dell’accordo intergovernativo benedetto dal team Merkel, ha però risposto: continuiamo così, magari simulando un po’ più di convinzione. Quindi da parte della Commissione che dovrebbe essergli concorrente, non subalterna, nell’indirizzo e nel governo dell’Unione europea, viene invece piena fiducia al Consiglio ed al metodo da questi adottato. E il Consiglio in cui la Commissione ci invita a riporre fiducia è quello che all’indomani del referendum britannico si è riunito in emergenza per decidere di rivedersi a settembre.

Ok, ma stavolta è diverso. E dall’euro-parlamentare anonimo potrebbe venire fuori l’eroe. Perché davanti a tutti questo un bel discorso non basta. Non basta l’autorevolezza del parlamentare né la forza dei suoi argomenti; non basta la denuncia ai protagonisti della rovina che la causa della rovina è esattamente quello che loro chiamano soluzione. L’incontro tra ventisette, ventotto o magari sei nazionalismi diversi non fa l’Europa, la distrugge. E il Parlamento, con la consapevolezza dell’auto-distruzione in corso, non può restare a guardare.

Il Parlamento europeo non ha il potere ordinario di porre veti. Ha però la possibilità straordinaria di ammutinarsi. Rifiutare di riunirsi dentro il palazzo, bloccare le istituzioni. Si riunisca fuori, nelle piazze d’Europa. Si porti la democrazia europea tra gli europei. Lo facciano i singoli parlamentari, i gruppi politici. Compiano un atto grave, inedito. Sarà rigenerativo se è vero, ed è vero, che il momento lo impone. A Londra scendono in piazza per l’Europa. Presto si scenderà in piazza anche altrove. A Kiev per l’Europa muoiono.

L’Europa può evitare di morire solo ridando sovranità democratica agli europei. Non ci sarà un’altra opportunità, domani. Rinviare, prendere tempo, prendere mezze decisioni tardive: questo è il metodo Merkel - pardon, il metodo inter-governativo con cui Schäuble vuole continuare. E Juncker con lui. E Tusk non ne parliamo.

Cari parlamentari, ammutinatevi e avrete per la prima volta gli europei tutti con voi.

@kuliscioff