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Forse non hanno nemmeno capito cosa hanno votato. Forse sono state vittime di un colossale pesce d’aprile. Forse le cose sono più complesse del giovani in, vecchi out - se la partecipazione al voto dei giovani britannici è stata inferiore alla media, e se metà almeno della generazione Erasmus ha votato Leave.

Forse la Brexit costerà molto a chi si è divertito a giocare con la democrazia, se gli si continueranno a ritorcere contro le stesse idee escogitate per boicottarla. Forse la Brexit si poteva evitare. Forse evitarla avrebbe fatto guadagnare tempo, ma non risolto il problema. Perché il problema è l’Europa. E allora che fare?

“Non credo che la soluzione sia la risposta del palazzo di ‘quelli che sanno le cose’. Quella roba non funziona più, è finita”. Emmanuel Macron ne è convinto, e Macron (Ministro francese liberale non ortodosso) è l’unico che in questi quattro anni di presidenza Hollande abbia parlato d’Europa. Lo ha fatto anche un paio di giorni dopo lo shock Brexit ad un incontro a Science Po con l’eurodeputata dell’Alde Sylvie Goulard e lo storico verde-europeista franco-tedesco Daniel Cohn-Bendit.

Il problema secondo Macron è il “decennio perso” in Europa dai tempi del No francese alla Costituzione. Tempo passato a Bruxelles a dare risposte piccole a problemi grandi, a fare prevalere l’amministrazione sulla politica, gli stati nazionali sull’Europa. “La Brexit viene da lì”. Dieci anni in cui “non sono state mai avvicinate le opinioni pubbliche su un progetto politico comune”; in cui è completamente mancato “il” progetto politico comune. La paura dell’idraulico polacco è intanto diventata paura più estesa, ma ai dubbi delle persone non è stata data risposta. Si è invece andati avanti con piccole soluzioni tecniche decise sotto la pressione di una crisi, ogni volta una crisi diversa. E così da una crisi alla successiva si è continuato ad inseguire questo o quel problema, subire il vento invece di tracciare una rotta e puntare i motori lì. L’assenza della politica, di un progetto condiviso e comune in Europa, hanno ri-portato l’Europa ad una dis-unione di Stati.

Sylvie Goulard la definisce la “politicizzazione senza politica”. Inutile constatare come questo abbia “allontanato le persone dall’Europa”, le abbia rese dubbiose verso l’idea che stare in Europa serva effettivamente a qualcosa. I partiti non ne parlano neanche più ai loro elettori, la evitano, offrono loro giusto del “succo tiepido” perché - graffia Macron - le “questioni europee dividono”. Ma “se le classi politiche non sono in grado di mettere il progetto europeo al di sopra dei loro piccoli interessi politicisti” - è la considerazione dell’europarlamentare liberale - l’Europa, va da sé, è morta”.

E non appaia una previsione esagerata. Macron racconta una “Europa ossessionata dalle sue differenze interne”, che “non ha nulla della potenza che pretendeva di diventare” e che ormai “non vede neanche più la ragione per cui si continua a riunire”.  Quindi ok Brexit ma Brexit intesa per quello che è: “il fallimento del governo britannico”, un fallimento targato 'supremazia della scelta nazionalista sulla scelta europea'. Ma noi europei abbiamo lasciato fare. “Il nostro errore - accusa Macron - è aver permesso che uno stato membro rimettesse in gioco il progetto europeo in maniera unilaterale, per poi - a fatto avvenuto - dire: ‘tenetemi, svengo”.

La soluzione passa per decisioni molto più ambiziose della libertà di sforare il patto di stabilità. La soluzione per Macron parte da una domanda: “cosa vogliamo fare nell’Europa a 28 (27)?” E la risposta è: “definire il progetto politico che abbiamo in comune”. Resta capire se “la Commissione, il Parlamento, gli Stati Membri siano in grado di articolare la diagnosi giusta, e sviluppare un progetto politico da costruire nei prossimi mesi in maniera molto più democratica e trasparente di ora”.

Il progetto europeo è nato per dare pace e prosperità attraverso la cooperazione e non la contrapposizione tra interessi nazionali, perché - ricorda Cohn-Bendit - è stata l’Europa ossessionata dalle rivalità intestine ad aver portato la guerra. “Oggi l’Europa - intesa come UE - è di nuovo ossessionata dalle differenze, dalla contrapposizione tra interessi nazionali e non vede più la forza del suo essere un’Europa unita né si vede più così - una e unita - attore nel mondo”. La politica europea deve tornare invece ad essere politica delle persone, e invece di parlare (male) dell’Europa, che i politici ricomincino a parlare del progetto europeo, il progetto comune. Insiste Cohn-Bendit: “il progetto dell’Europa comune deve entrare anche nel discorso delle elezioni politiche nazionali, non esserne espulso”.

Oggi la sfida è la globalizzazione. La risposta vincente non può essere solo un mercato. Deve essere un progetto sociale, un progetto per gli europei e condiviso con gli europei. Questo progetto non è più flessibilità, più quote di immigrati e cose così. Per Cohn-Bendit il progetto è “la costruzione democratica della sovranità europea”, cioè passare “dalla sovranità nazionale ad una sovranità condivisa, alla sovranità federale comune europea”. Se si ha un orizzonte si può dare senso anche ai piccoli passi. Perché “quando si ha una visione non si ha bisogno di andare a vedere un medico!”

Come costruirla allora questa sovranità europea? Per Macron, più che andare avanti per singoli progetti ispirati da ragioni economiche, vanno “definite le regole della vita comune”, e va “costruito il quadro democratico per un dibattito pubblico europeo che permetta di prepare il progetto di rifondazione politica perché sia un progetto realmente democratico e realmente comune”. Dunque “non referendum nazionali sull’Europa, ma referendum europei sulle politiche comuni”. E queste politiche vanno pensate, elaborate, inquadrate in una visione europea che, attraverso il mercato, sviluppi la cooperazione tra i paesi membri.

Che si superi allora il tabù di liste politiche trans-nazionali alle prossime europee, perché i nazionalismi sono il problema, superarli con un progetto comune la soluzione.

@kuliscioff