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Si sono chiuse ieri nel Regno Unito le registrazioni per poter votare al referendum sulla permanenza nell’Unione Europea del 23 Giugno. Il sistema britannico è differente da quello italiano. Se in Italia ognuno ha la propria tessera elettorale con 18 spazi disponibili per i timbri, nel Regno Unito occorre registrarsi. Si può fare online o in forma cartacea e si può scegliere se votare nelle cosiddette polling stations o con voto postale, molto utilizzato. Le polling stations non sempre sono nelle scuole, come avviene in Italia, ma negli edifici più disparati. Molti piccoli paesi celebrano il voto nelle town halls. Parecchie chiese mettono a disposizione i propri saloni e a volte vengono istituiti seggi “itineranti” in tir o containers.

Nei referendum nel Regno Unito non c’è un quorum. Questo strumento legislativo partecipativo non è molto utilizzato a livello nazionale. Nel dopoguerra si sono tenuti parecchie consultazioni aperte sul federalismo e sugli enti locali, ma a livello di Unione si ricordano tre referendum: quello per l’ingresso nella CEE del 1975; quello su di un sistema di voto alternativo ai collegi uninominali nel 2011 e quello sulla permanenza nell’UE del 23 giugno.

Il numero di persone registrate per il voto non è automaticamente collegato a quella che sarà l’affluenza, dal momento che qualcuno potrebbe registrarsi e poi non andare a votare, ma dà un’indicazione di quelle che saranno le percentuali di voto. La Commissione Elettorale ha comunicato che nell’ultimo mese si sono registrati oltre 1,6 milioni di elettori, un numero molto consistente. Proprio ieri, ad un giorno dalla chiusura delle registrazioni, c’è stato un numero epocale di adesioni: 226.000 persone. La maggior parte (220.000) si è registrata su internet, in linea con il trend dell’ultimo mese, per cui il 95,7% delle adesioni sono state digitali. Un processo che è valutato con attenzione dalla Commissione Elettorale e con feedback positivi: oltre il 94,5% degli utenti si è detto “altamente soddisfatto” della registrazione online. Tuttavia la corsa alla registrazione ha causato problemi di sovraccarico al sito nelle ultime ore, impedendo a molte persone di potersi iscrivere al voto. Il Governo sta valutando eventuali modalità di estensione della registrazione, a fronte di questo pasticcio.

Quello che salta all’occhio, però, è il gap di età nelle registrazioni: nell’ultimo mese sono stati soprattutto gli under 35 ad essersi registrati ed il picco è arrivato proprio alla vigilia della chiusura delle iscrizioni: quasi 150.000 giovani si sono iscritti il sei giugno. Su questa corsa alla registrazione hanno pesato i richiami dei leader politici e le campagne organizzate nelle università con sponsors privati. L’azienda di gelati Ben & Jerry regalava barattoli in collaborazione con diverse Students’ Unions per chi si registrava. Tinder ha lanciato un quiz sull’EU sulla propria applicazione e Uber ha inviato un pop-up per ricordare ai suoi utenti di registrarsi.

Da questi numeri, però, potrebbe emergere anche un dato politico. Più della metà dei giovani, secondo i sondaggi, sarebbe infatti propensa a votare per rimanere nell’UE. Per questo motivo i leader di Remain, incluso Corbyn che può vantare un maggiore appeal sugli Under 25, stanno facendo campagna perché i giovani si registrino per votare. Non potrebbe essere sufficiente però. Alle elezioni politiche di Maggio 2015 solo il 54% dei giovani registrati si presentò poi effettivamente alle urne. Il fatto che il referendum si tenga nel pieno del festival di Glastonbury, al quale è prevista la partecipazione di 200.000 spettatori, quasi tutti under 30, non è un dato incoraggiante. Al contrario, il 54% degli Over 55 è favorevole alla Brexit, con solo il 30% a sostegno del Remain. La differenza, è che di questi l’81% è certo di recarsi alle urne il 23 giugno.

Un insider della campagna per il Leave ha confessato al magazine conservatore Breitbart :”Vote Leave non è proprio riuscita ad indirizzare gli elettori a registrarsi. E non avranno modo di indirizzare le operazioni di voto il giorno stesso. Mancano i big data. L’altra parte ha quelli dei Lib Dem, del Labour, dei Verdi e molti altri. Non sto dicendo che non si può vincere, ma la nostra parte ha fatto davvero poco, riducendosi a seguire i sondaggi e il piano mediatico”. 

Il gap demografico ha mille sfumature, dalla crisi della democrazia rappresentativa nella generazione Y all’affievolirsi dei partiti politici, ma nel caso del referendum presenta un dato quasi certo: maggiore sarà il numero di giovani che verranno mobilitati alle urne, maggiori possibilità avrà il fronte del Remain di vincere. I dati odierni lasciano ben sperare, nonostante i tanti interrogativi rimasti in ballo, e permettono a Cameron e compagnia di tirare un sospiro di sollievo dopo gli impietosi sondaggi che vogliono Vote Leave condurre i giochi. Rimaniamo, in entrambi i casi, nel campo dei sondaggi, delle stime, dei “se” e dei “ma”. La verità la sapremo solo il 24 Giugno.