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Si discute molto se quel 'dovere civico' richiamato per le elezioni politiche dall’art. 48 Cost. valga anche per le consultazioni referendarie. Certo è che il voto rimane libero, e che per chi ama la libertà (quella stessa conquistata con il diritto di voto, sì), l’astensione deve rimanere un modo legittimo di esprimere la propria opinione.

Su queste premesse, va rifiutata quella certa idea di democrazia per cui tutti dovremmo essere sempre chiamati a votare su tutto. C’è un’ingenuità di fondo nel pensarla così.

Votare è sempre e comunque un dovere, si dice. È una questione di responsabilità? Non sono completamente d’accordo. Su temi complessi, come sono spesso quelli a cui si riferiscono i referendum abrogativi (e quello del 17 aprile non è da meno), non possiamo pensare che l’elettore medio possa acquisire tutte le informazioni necessarie per un voto consapevole e ben ponderato.

La settimana scorsa Beppe Grillo ha invitato gli elettori ad andare a votare al referendum di domenica anche “senza capire” di che si tratta. Tuttavia, se si decide di votare, il dovere è quello di farlo informati. Il dovere, prima di tutto, è quello di informarsi. Dopo di che, a ragion veduta, è più che legittimo scegliere anche di non votare.

Votare disinformati o in assenza delle competenze necessarie, invece, è un atto incosciente ed irresponsabile. È sdemocrazia. Come diceva Tocqueville, la democrazia può compiersi solo in un “popolo informato”. “Un Governo popolare, quando il popolo non sia informato, o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio ad una farsa o ad una tragedia, e forse ad entrambe", diceva dal canto suo James Madison, quarto Presidente degli Stati Uniti.

Questa idea che ci si debba esprimere su tutto è altamente sdemocratica, perché rende inutile la delega rappresentativa, delega che invece, in popolazioni numerose, rimane imprescindibile. Si tratta di un’idea di democrazia che ben si presta alla strumentalizzazione di chi mira ad abusare delle emozioni della gente.

Opporsi a questa idea di democrazia non significa essere antidemocratici. Anzi, significa amare davvero la democrazia. Significa riconoscere la verità delle verità: che il potere non è mai innocente e che la democrazia va salvata anche e soprattutto da se stessa. Non si tratta nemmeno di dare deleghe in bianco. Si tratta di dare deleghe e basta. A questo serve la rappresentanza.

Con ciò non voglio dire che lo strumento referendario non sia sacrosanto, proprio come gli altri strumenti di democrazia diretta che avvicinano l’eletto all’elettore: guai a non avere strumenti di democrazia diretta.

Si tratta sempre e soltanto di equilibrio. E di stare in guardia dai ciarlatani del consenso e dalla democrazia dell’emotività, ossia una democrazia disinformata per definizione, perché a priori respinge ogni ragionamento. Questa non è democrazia, ma sdemocrazia.