sala balzani

La campagna per le primarie milanesi del Pd ha riservato due sostanziali sorprese: la prima è Beppe Sala, la seconda è Francesca Balzani. La sorpresa Sala è in realtà più una delusione - forse erano alte le aspettative. Il manager ha passato indenne gli scandali sulla società sotto sua cura e l’arresto dei collaboratori più stretti; è riuscito nel miracolo di inaugurare Expo quando, fino ad un paio di giorni prima la grande opening, si registravano ritardi nei lavori e inefficienze nella macchina organizzativa. Sala ha portato a termine la missione e coronato l’esperienza col successo di immagine - se non di bilancio - che a Milano è dato ormai unanimemente come acclarato. E’ il Sala al suo meglio quindi quello che compie il grande passo: cambiare ragione sociale e concorrere al titolo di candidato sindaco del Pd.

Giubilo a Milano. Sala riceve endorsement (anche preventivi) da praticamente tutte le personalità milanesi del business, della cultura, dei media, della società civile organizzata. La Milano borghese e fattiva, ma anche quella colta, sta con lui. Sta con lui anche il partito, e con lui gli assessori ex-arancioni di Pisapia.

Sala si presenta bene. Ha una bella faccia onesta, è sicuro di sé ma non tronfio, realista ma non privo di ambizione. Non ha il pensiero fino dell’homo politicus ma nemmeno la grettezza di quello che oltre i numeri nulla più. Ha un’idea precisa del potenziale di Milano, e quell’idea è tenere la città di Expo nei radar dell’attenzione internazionale; mantenerla attrattiva sia per gli investimenti sia per l’immagine cool, rinnovando l’apprezzamento che si è guadagnata in questi mesi grazie al significativo rinnovamento urbano che l’ha resa non solo più bella, ma qualcosa di più simile ad un avamposto europeo - per i servizi, l’offerta culturale, la vitalità declinata in maniera più articolata rispetto alla mono-dimensionalità professionale di un tempo. Bene.

L’idea di Sala è una razionale progettazione manageriale e, se messa in atto di conseguenza, darà certamente i benefici che promette. C’è consapevolezza finanziaria, marketing e milanesità. Non c’è slancio, quello no. Sala non ha un carisma travolgente, non una retorica trascinante, ma questo deficit non sarebbe stato un problema se a contendergli la vittoria non si fosse invece presentata Francesca Balzani - la seconda sorpresa di queste primarie.

Ancora semi-sconosciuta vice-sindaco ed assessore al bilancio di Giuliano Pisapia - genovese fino a non troppo tempo fa, marito accademico, già parlamentare europea, già avvocato di studio prestigioso, amica di Sergio Cofferati a Genova e di Gad Lerner e Valerio Onida a Milano - Balzani viene preceduta dalla biografia gauche caviar e mai mai mai si sarebbe immaginato potesse costituire un problema per il super favorito (lo è ancora oggi) Beppe Sala.

Balzani invece si presenta bene, anche lei. Parla la stessa lingua della competenza finanziaria di Sala e già questo annulla le differenze, là dove proprio la capacità manageriale rappresenta la virtù principale del signor Expo. Balzani si dimostra anche un personaggio peculiare: ha un pensiero non banale, ben argomentato. Riflessioni, suggestioni ed anche atteggiamenti fuori dai cliché, Balzani si fa ascoltare, sorprende, impone attenzione. E questa attenzione viene sottratta a Sala di confronto in confronto, di intervista in intervista, di proposta bizzarra in proposta bizzarra. 

Poi c’è che, con la scarsa trasparenza sui conti Expo, Balzani intercetta un punto di vulnerabilità oggettivo per Sala. Ma come, ti candidi sulla scorta del successo Expo, e non vuoi farci vedere i conti? - questa la richiesta di Balzani. E non pare una richiesta peregrina. Sala non si capacita del perché di questa richiesta da parte della competitor (non tanto della stampa, no). Abbiamo visto tutti quale successo sia stato Expo, e sappiamo tutti quali saranno gli ulteriori benefici non ancora stimati sul sistema paese nella sua interezza. Cos’altro vogliamo sapere? - questo si chiede indispettito il candidato Sala. Secondo Sala i bilanci si presentano ad aprile, non prima. Dunque per ora dobbiamo accontentarci dei conti stimati (e certificati), non quelli veri.

La questione non è edificante per Sala che, da candidato non da manager Expo, avrebbe dovuto avere l’urgenza di quantificare finanziariamente il successo Expo. Ma non è questo a minacciarlo, anche perché nessuno - Balzani compresa - ne mette in dubbio professionalità e onestà. 

Il problema di Sala è che il suo progetto per Milano è in realtà un curriculum professionale e un business plan. C’è molto poco spazio politico nell’orizzonte amministrativo di Sala, molto poco protagonismo della comunità. Che invece è là dove la sfidante Balzani fa il pieno: spazio politico per elaborare, protagonismo delle comunità per sperimentare soluzioni. Balzani insomma è un’opzione non banale per gli elettori del Pd. Un’opzione a Sala, più che al candidato certificato della sinistra milanese, Pierfrancesco Majorino. Ok, ma fuori dal Pd?

Il limite di Sala (alle primarie) è il suo pragmatismo politicamente incolore ed inclusivo, che però è anche la sua forza (elettorale). La forza (alle primarie) di Balzani è invece la dimensione politica come proposta; il limite (elettorale) il perimetro esclusivo di quella proposta: esclusivo politicamente (la sinistra), ed esclusivo culturalmente (chi è amico degli amici di Verdini non è mio amico). Moralismo come identità del meraviglioso mondo di Pisapia che però nel frattempo non c’è più. La gamma cromatica del contesto milanese e nazionale sono cambiate da allora. Non c’è più né rosso né blu, non c’è più il buio morattiano, né la minaccia della barbarie: la sfida a Milano oggi è tutta borghese-bene.

Balzani è un personaggio pregevole ma non abbastanza “indipendente” da incuriosirsi anche al mondo che sta fuori dalla gauche e sorprendersi del fatto che quel mondo è anch’esso Milano. Questo significa per forza escludere pezzi di città ed un sindaco una cosa così non la può fare. Dopo Pisapia, quindi, un manager: Beppe Sala o il gemello (ex city manager, manager), probabile candidato del centrodestra Stefano Parisi. Il problema per gli elettori in tal caso sarà solo uno: trovare le differenze.

@kuliscioff