Aula montecitorio

Sulle unioni civili e sulle depenalizzazioni si stanno consumando gli ultimi scampoli di una commedia (o tragedia) degli equivoci, quella del cosiddetto "centrodestra liberale". Era già avvenuto sull’economia, dove l’appuntamento con le riforme, le liberalizzazioni e le privatizzazioni era stato volutamente mancato. Ma quello che rende oggi tutto più esplicito è il conferimento, “de jure” oltre che “de facto”, della guida politico-culturale del centrodestra italiano al nazionalismo reazionario della Lega Nord. Non è casuale, del resto, la lunga lista di coloro che stanno lasciando Forza Italia dall’inizio della legislatura e che pure avevano resistito sulle barricate della “nipote di Mubarak”.


Il garantismo ormai si è ridotto allo slogan: Berlusconi fuori (giusta o sbagliata che ne sia la difesa), dentro tutti gli altri, specie se poveracci. Il fuoco di fila contro la sacrosanta e saggia depenalizzazione di alcuni reati minori seppellisce per sempre il connotato garantista in un fragoroso tintinnar di manette.


Intendiamoci, la destra antieuropea guidata dalla nuova Lega Nord è un fenomeno solido, che fa proprie le parole d'ordine di movimenti con consensi importanti in molti paesi europei. Ma non ha alcunché di liberale e lo rivendica apertamente. 
Sulle unioni civili, fatto salvo (e ci mancherebbe) il libero voto individuale, Forza Italia come partito ha stoppato i libertari e si è ufficialmente schierata contro una legge di standard europeo, che non prevede il matrimonio e neppure le adozioni, se non del figlio del partner.

Recitato il requiem per la rivoluzione liberale berlusconiana, è doveroso prendere atto che anche l’agglomerato centrista, variegato per genesi e composizione, si muove su uno spartito confessionale o conservatore. Sulle unioni civili l’NCD conduce la sua onesta battaglia di retroguardia in stile anni settanta, analoga a quella del duo antidivorzista Fanfani-Almirante. Ma anche Scelta Civica, in alleanza con i moderati, si adegua di buon grado al fronte conservatore strologando sui rischi di “aperture” alla maternità surrogata, che il testo Cirinnà non menziona, che resterebbe vietata in Italia dalla legge 40 e che è una questione che riguarda in prevalenza coppie eterosessuali, anche legittimamente coniugate, che abbiano i mezzi e le relazioni per praticarla dove è legale. Ma tant’è.


Le contraddizioni che vediamo emergere sul tema nel PD riecheggiano prudenze e tabù da sempre presenti nella sinistra, ancor prima dell’ibridazione con un pezzo della storia e delle biografie democristiane.
 In questo quadro parlamentare che, su molti temi (unioni gay e legalizzazione cannabis, ad esempio), vede paradossalmente la sinistra-sinistra e la galassia confusamente antisistema dei Cinque Stelle come soli compatti vessiliferi di riforme di civiltà e libertà, risalta l’assenza di una voce liberale e laica, che non sia di testimonianza pressoché individuale. Anche uscendo dal campo dei temi cosiddetti civili, e passando a quelli economico-sociali, istituzionali e internazionali, quello laico, liberale e riformatore (cioè non socialista, né conservatore e distante dalle illusioni della sinistra antagonista e della destra neo-nazionalista) è uno spazio oggi vuoto di presenze organizzate, ma non di idee, né di persone mobilitabili sull’Europa da unire, l’economia da liberalizzare, le famiglie gay da riconoscere, la giustizia giusta da promuovere, la cannabis da legalizzare, il Jobs Act da estendere, la riforma costituzionale da difendere...

Il "vuoto liberale" in Italia oggi è un problema, perché priva di un motore o di una sponda preziosa tutte le battaglie riformatrici. Ma è un'opportunità per quanti vogliono provare a ricostruire qualcosa e impedire che il vuoto sia riempito definitivamente da altro. C’è spazio per lavorarci ed è il momento giusto.