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La democrazia, lo dice la parola stessa, è una cosa che ha a che fare con il potere. Il popolo esercita il potere attraverso la democrazia solo nel momento in cui le decisioni che prende sono effettive. Altrimenti il popolo può esprimere opinioni, può “dire la sua”, attraverso consultazioni il cui esito non è vincolante per nessuno. Questa cosa qui non somiglia neanche un po’ alla democrazia, ne è piuttosto la caricatura. 

Il referendum greco di domenica prossima sulla bozza di proposta dell’eurogruppo è un vero esercizio di democrazia? Sembrerebbe di no.

Tsipras ha convocato un referendum su una cosa che non esiste, e non esiste a tal punto che non l’ha resa nota. La bozza dell’Eurogruppo è stata pubblicata ieri dalla Commissione Europea, nonostante Tsipras chiedesse già da due giorni al suo popolo di respingerla senza conoscerla. Il fatto che più o meno tutti ne conoscessero “a grandi linee” il contenuto non è una scusante: una delle condizioni per cui il popolo eserciti il potere attraverso la democrazia è la trasparenza, e questa non è ovviamente garantita dalla propaganda di un governo non neutrale rispetto all'esito del referendum.

Ma su cosa si sta votando? Il testo reso noto ieri sera dalla Commissione Europea non è un testo ufficiale, ma una bozza. Non è stata firmata da nessuno, dal momento che avrebbero dovuto firmarla tutti. In molti paesi si sono svolti dei referendum sui trattati europei - da noi no, la nostra costituzione impedisce le consultazioni popolari sui trattati internazionali. Ma si trattava, appunto, di accordi siglati con la riserva dell'approvazione dei parlamenti nazionali o dei referendum. Anche l'accordo dell'Eurogruppo avrebbe dovuto essere vagliato e ratificato dal Bundestag e da altri sette parlamenti nazionali sovrani.

I referendum che si sono celebrati nel 2005 in Francia e nei Paesi Bassi, che hanno affossato un testo di Costituzione Europea che sembrava già acquisito, sono un chiaro esempio di potere effettivo democraticamente esercitato attraverso la consultazione popolare.

Cosa succederà invece domenica prossima? Immaginiamo che il popolo greco, spaventato dall’eventualità del ritorno alla valuta nazionale, voti a favore della bozza di risoluzione dell’eurogruppo. Potremmo immaginate che Varoufakis, sentendosi vincolato dall’esito della consultazione, torni a Bruxelles per firmarla. Ma potrebbe scoprire a quel punto che le controparti, ministri delle finanze di governi democraticamente eletti e che rispondono del loro operato ai loro elettori, non hanno più intenzione di firmarla, ma vogliono continuare a trattare su altri presupposti. D’altronde, loro non hanno firmato nulla, per quale ragione dovrebbero sentirsi vincolati dall’esito del referendum di un altro paese? Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una eventualità remota, e che agli altri paesi europei converrebbe a quel punto firmare. Forse converrebbe, ma non sarebbero obbligati a farlo. Ci sono serie possibilità che proprio la schizofrenica vicenda del referendum induca molti partners a cambiare atteggiamento nei confronti della Grecia

Tutto questo può sembrare un tecnicismo, ma si tratta della sottile differenza che separa l’esercizio di un potere effettivo da una presa in giro. Di più, il governo greco sta chiedendo ai suoi cittadini di esprimere un'opinione non vincolante e non definitiva, mentre impedisce loro, con il controllo dei capitali e la chiusura delle banche, di disporre liberamente dei loro beni

Tsipras, convocando un referendum sul nulla, ha scelto di infliggere al suo popolo una frustrante umiliazione, che si aggiunge a quelle già subite finora.