Su Strade ci siamo occupati della sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il blocco biennale della perequazione automatica delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps deciso dal governo Monti (articoli di Carmelo Palma, Dario Stefanato, Gianfranco Librandi e Amedeo Panci). Oggi Repubblica pubblica la lettera di un pensionato "retributivo", che a nostro avviso merita di essere letta.

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Anch'io non sono stato affatto contento quando, nel 2011, il governo Monti mi ha sospeso l'adeguamento della pensione al costo della vita. Anche io, però, l'ho presa come un contributo alla gravissima crisi economica del Paese (ce ne siamo scordati che eravamo quasi come la Grecia...) e con il pensiero ai miei tre figli giovani con speranza di pensione "a contributivo". Diversamente da un mio ex direttore che - con 8000 euro netti al mese di pensione - dichiarava di non poter sopportare un attentato ai propri "diritti acquisiti".

Ora che la Consulta ha emesso la sua ormai celebre sentenza – che sarà pure ineccepibile dal punto di vista giuridico ma mi sembra profondamente "inequa" – e, considerato che la situazione del paese è ancora piuttosto in bilico, ci troviamo con un altro buco di bilancio da dover colmare al più presto. Condivido l'idea di rendere evidente alle coscienze di noi che godiamo del "retributivo" quanto è grande l'ammontare di questo vantaggio e, per converso, quanto è grande il "pizzo" che imponiamo a chi entra ora al lavoro e, con i suoi contributi, paga anche le nostre pensioni.

Mario Lavecchia